Analisi

Uno smart building più intelligente e più sicuro per costruire il new normal

Con il lockdown legato al Coronavirus sono arrivati anche nuovi bisogni e nuovi vincoli all’interno del mondo building. I percorsi di innovazione “intelligenza” per creare nuovi servizi nell’ambito di edifici e infrastrutture sentono sempre di più la necessità di rispondere a esigenze di sicurezza, affidabilità, controllo e risk management ambientale

Pubblicato il 23 Set 2020

Matteo-Bonardello


– di MAURO BELLINI

Il dibattito economico e politico è da tempo focalizzato sulla costruzione del new normal e sempre più frequentemente ci si interroga su come il digitale può contribuire a questo grande progetto. Il ruolo dell’innovazione digitale è stato fondamentale per garantire la continuità del business in tantissime situazioni e per identificare con più precisione i nuovi bisogni e le nuove soluzioni. Per la costruzione del new normal è però fondamentale oggi sfruttare tutte le potenzialità che la digitalizzazione mette a disposizione, alcune in modo particolare come ad esempio la capacità dell’IoT di aumentare la conoscenza degli ambienti nei quali viviamo o lavoriamo e la possibilità di instaurare un rapporto più sicuro sia nella gestione di questi stessi ambienti, sia nel ripensamento delle attività che vi si svolgono.

Ne abbiamo parlato con Matteo Bonardello, che conta una lunga e profonda esperienza in progetti e processi di innovazione legati a infrastrutture e servizi nel mondo building in particolare nell’ambito di soluzioni e apparati che attengono alla mobilità verticale e orizzontale all’interno di ambienti e infrastrutture come ascensori e scale mobili.

 

“Sicuramente la digitalizzazione intesa come IoT permette, per usare un’espressione colorita, di applicare una sorta di elettrocardiogramma agli impianti, all’ascensore ad esempio o alla scala mobile per avere il macchinario sempre sotto controllo e per intervenire prima che si possa verificare un guasto o, nel caso in cui si sia già verificato, per intervenire prontamente.  Rispetto ad un paio di anni fa l’innovazione ha fatto passi da gigante e, contemporaneamente, sono soprattutto cambiati i bisogni del mercato”.

In questo senso il richiamo all’attualità corre d’obbligo e ci porta a pensare ai new needs del social distancing. “Avere a disposizione una tecnologia di remote restart e quindi riattivare un ascensore o scala mobile da remoto è molto più utile che inviare un tecnico sul posto, missione che diventa un’ulteriore occasione di contagio e che per certi periodi è stata resa impossibile dalle regole del social distancing.

 

Per quanto riguarda le prospettive di creazione di una situazione di “nuova normalità” stiamo parlando di due grandi obiettivi: da una parte, un obiettivo concreto e attuale di social distancing e quindi di sicurezza e dall’altro un obiettivo di efficienza. Svolgere tante e diverse mansioni da remoto comporta una diversa organizzazione del lavoro e una diversa modalità di raggiungimento degli obiettivi.

 

Diciamo che l’efficienza deve essere vista anche come un obiettivo da realizzare nel corso degli anni, sotto tanti e diversi aspetti. Ad esempio, se come azienda non posso mandare più un tecnico sul posto, ecco che devo attivare un ufficio con persone, monitor e KPI dove l’intelligenza si sposta dal bordo macchina in un ufficio, ma sempre di investimento in capitale umano si parla e il saving che posso ottenere attiene al trasporto, al tempo necessario per intervenire, alla velocità di svolgimento dei servizi. Ma in prospettiva, quando ci saranno decine di migliaia di impianti connessi, ecco che sarà possibile prevedere un saving molto più importante. Una opportunità che oggi è solo embrionale e che mostra solo una parte dei suoi possibili benefici.

 

In questo momento, nella composizione di quello che sarà una nuova normalità, non c’è ancora una visione completa di queste prospettive. Oggi il focus è forse e soprattutto sul concetto di remotizzazione.

 

Si, oggi il focus più grande è su questa direttrice ed è quello di avere la tecnologia pronta e consolidata. Possiamo dire che il mercato è in una fase di promozione, nel senso che le aziende presentano pacchetti di offerta allettanti partendo da opzioni oggi strategiche come il remote restart, che è certamente molto richiesta e che è forse il presupposto per altre e diverse soluzioni.

 

Questo è l’aspetto che fa la differenza e si sta cogliendo in molti ambiti. Il remote restart nel Machinery industriale è diventata una priorità assoluta. Ma come va a integrarsi in un ripensamento delle logiche del mondo Building in generale? 

 

Nello Smart Building ci sono tante categorie e tanti componenti che stanno diventando sempre più intelligenti. Ad esempio, l’ascensore è sempre più smart e la vera sfida non è solo quella di far uscire ascensori nuovi di fabbrica con la tecnologia predisposta, ma in parallelo di abilitare un mercato che in Italia conta qualcosa come 1 milione di unità installate (tra ascensori e scale mobili) dotandolo di un’infrastruttura che permetta all’intelligenza del sistema di erogare nuovi servizi. In sostanza se decido di fare remote restart o IoT sugli ascensori degli anni ’80 – ‘90 posso farlo solo aggiungendo della sensoristica che raccoglie i dati di funzionamento essenziale dell’impianto e permette di attivare un dialogo con chi può lavorare sul sistema da remoto.  Altra cosa è rendere intelligente un ambiente nella sua interezza, abilitando il dialogo con tutti i componenti.

 

Come sta cambiando, alla luce dell’emergenza Covid-19 e post emergenza, il tema della Smart Mobility in relazione allo Smart Building? Questi due contesti che comunque erano già in forte relazione, oggi lo sono ancora di più. Da un lato ci sono esigenze di razionalizzazione degli spazi in ragione del social distancing, dall’altro ci sono esigenze di razionalizzazione dei costi legati all’organizzazione degli spazi. Come sta cambiando questa prospettiva? 

 

L’esigenza di ottimizzare i flussi e lavorare a stretto contatto con architetti, general contractor e demografi che studiano l’evoluzione dei flussi delle città, è un aspetto fondamentale. La conoscenza deve unire chi sviluppa la tecnologia, chi lavora sul digitale con gli studi di progettazione del mondo building e delle infrastrutture. Occorre poi domandarsi se il macrotrend dell’urbanizzazione rimarrà tale oppure se, ad esempio i temi dello smart working, porteranno altri paradigmi e quindi non sarà più così necessario essere fisicamente presenti nelle città.

 

A prescindere da questo, nell’economia di un ambiente di Smart Building l’intelligenza degli apparati risponde a molteplici bisogni: la lettura dei flussi porta efficienza alle imprese e alle persone riducendo il tempo legato alla movimentazione. Ma oggi più che mai serve anche per gestire il social distancing, serve per il facility management, serve per la sicurezza in generale.

Potrebbe essere molto utile avere una lettura di come gli elementi di intelligenza che possono essere attivati negli ambiti produttivi, ad esempio per verificare quante persone un ambiente può ospitare e per garantire un certo livello di sicurezza, possono essere integrati affinché il manager del building (o il facility manager o il risk manager) sia nella condizione di sapere se in un determinato ambiente ci sono tutte le condizioni di sicurezza o ci sono criticità.

 

Si sta indirizzando un’evoluzione che porta a dotare gli impianti di mobilità del mondo building, di ulteriori strumenti di rilevazione (come di telecamere), in grado di raccogliere dati, da quelli più essenziali come il numero delle persone presenti in cabina, alla facial recognition (con caratteristiche non compromettenti) che aiuteranno a definire meglio i flussi negli edifici e gestire per converso le esigenze di sicurezza come il prevenire vandalismi e furti. L’intelligenza passa sempre dalla raccolta, dalla selezione e dall’interpretazione dei dati.

 

Un certo tipo di servizi diventano abilitatori di nuove funzionalità che a loro volta permettono di aumentare la conoscenza del mondo building. Mettere a valore la capacità di lettura dell’ambiente permette un ripensamento del risk management anche in chiave di business continuity.  

 

Si, la business continuity è uno dei temi fondanti anche dello sviluppo dell’IoT. Qualunque apparato nel mondo building è e sarà sempre di più direttamente collegato ad esigenze di building automation e di risk management ambientale. Sia per i dati che mette a disposizione sia per la verifica su altri dati (persone che sono entrate in un ambiente e che presumibilmente devono passare in un altro e che generano dei flussi) che permettono di avere la vera intelligenza di un building che è data anche dalla visione di insieme di tutti i parametri e di tutte le caratteristiche di coloro che lo vivono.

 

Quanto e come sta cambiando la componente di data analytics? Ci sono sempre più team di data scientist che lavorano sui Big data anche in settori non tradizionali, che sono chiamati a lavorare su nuove logiche per la gestione dei rischi. Quanto e come si sta lavorando in questo senso in termini di interpretazione dei dati che arrivano dalla sensoristica? 

 

È sicuramente un tema attuale e centrale nella strategia di predizione dei comportamenti dell’impianto. I data scientist sono figure fondamentali per trovare pattern di comportamenti a seconda delle condizioni di utilizzo degli apparati o per altre ragioni per analizzare e individuare sintomatologie “tecniche” da tenere sotto controllo. Quando si ha a disposizione un certo tipo di intelligenza e tecnologia si può estendere queste capacità al di fuori dell’IoT anche in una prospettiva di ascolto dei segnali che ci arrivano dalle persone che utilizzano gli impianti, dagli impianti stessi e dagli altri apparati che sono in relazione con impianti e persone.

Il risultato finale è nel fattore chiave che per il mondo building permette di unire efficienza, performance, sicurezza e confort e che è di fatto basato sulla capacità di lavorare sulla conoscenza.

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