ABB, Comau, Kawasaki, Kuka e Universal Robots: sono cinque tra i maggiori produttori di robot collaborativi che, insieme ai professori del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria (DEIB) del Politecnico di Milano, hanno animato il 15 novembre il primo incontro del ciclo I4.0@DEIB volto ad approfondire scenari applicativi e opportunità offerte dalla robotica collaborativa.
“Industria 4.0 impone un ripensamento dei processi, ma altrettanto importanti sono le tecnologie abilitanti, non ancora del tutto mature e, anzi, in continua evoluzione. Il DEIB del Politecnico di Milano è la ‘casa’ di molte di queste tecnologie, tra cui la robotica, soprattutto quella collaborativa”, ha detto inaugurando la giornata il prof. Stefano Tubaro, direttore del dipartimento. “Il DEIB ha deciso di organizzare una serie di giornate per portare anche all’esterno dell’ambiente accademico i risultati ottenuti dalle nostre ricerche e le possibili applicazioni industriali di quanto abbiamo studiato”. A questo primo appuntamento sulla robotica collaborativa ne seguiranno nei prossimi mesi uno sull’IoT e uno sulla cyber security.
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Le attività del DEIB
Al DEIB lavorano oltre 200 tra professori e ricercatori – con 750 persone coinvolte – e i risultati sono tangibili: ben 35 i brevetti depositati ogni anno. A esporre il punto di vista della ricerca sul tema della robotica al Politecnico è stato il prof. Paolo Rocco. “La ricerca oggi non è più soltanto lo studio di una ‘equazione’, ma è sempre più legata alle applicazioni reali”, ha detto. Presso il DEIB sono attivi quattro laboratori, tra cui Merlin (MEchatronics and Robotics Laboratory for INnovation), diretto dallo stesso Rocco. Il prossimo 25 novembre, in occasione della settimana della robotica, il dipartimento aprirà le porte dei suoi laboratori alla cittadinanza.
Le attività di ricerca svolte dai laboratori del DEIB spaziano dallo studio dei movimenti per realizzare interfacce aptiche alle ricerche per realizzare esoscheletri motorizzati e non. Al Merlin, in particolare, i ricercatori sono al lavoro sulla predizione dei movimenti dell’operatore per comunicare al robot l’operazione migliore da effettuare. Una ricerca che oggi si sta evolvendo ulteriormente per consentire al cobot di predire le intenzioni dell’operatore, in modo da essere pronto all’azione quando l’uomo vuole collaborare. “È un lavoro che potrà consentire un risparmio del 20% sul tempo ciclo”, dice il prof. Rocco.
“Per il prossimo futuro la ricerca dovrà concentrarsi sui sensori di sicurezza, sulle metodologie che consentano di coniugare la leggerezza dei cobot con una maggiore precisione, compensando la ridotta rigidità meccanica, su interfacce standardizzate, sul riconoscimento delle intenzioni dell’operatore, sull’adattamento del cobot all’esperienza e alle competenze dell’operatore e infine sull’ergonomia”.
I cobot
Privi di infrastrutture fisiche di protezione, leggeri, in grado di coesistere e cooperare con l’uomo, dotati di interfacce di programmazione facili e intuitive, i nuovi robot collaborativi stanno oggi affacciandosi sul mercato, proponendosi come una soluzione potenzialmente rivoluzionaria per i sistemi di produzione, di particolare attrattività per le piccole e medie imprese interessate a introdurre gradualmente la tecnologia robotica nei propri processi produttivi.
Nel suo intervento Alessio Cocchi di Universal Robots ha ricordato la storia di queste tecnologie, che affonda le sue radici nel lontano 1995, quando fu pensato un robot che aiutasse l’operatore nel sollevamento dei pesi. “Il primo cobot industriale nasce però nel 2008 nei garage della giovane realtà danese Universal Robots”, racconta Cocchi. Caratteristiche di questi nuovi attori le ridotte dimensioni e forze in gioco, unite al controllo della coppia integrato e alla crescente sensorizzazione.
“I Cobot sono il simbolo della quarta rivoluzione industriale”, sottolinea Cocchi. “Sono gli attori perfetti per andare incontro alle esigenze della mass customization perché permettono di mettere a punto rapidamente sistemi di produzione flessibili. Inoltre sono facili da programmare”.
Gian Paolo Gerio di Comau Robotica ha raccontato invece l’esperienza dell’umanoide Amico e del collaborativo Aura, pensato soprattutto per gestire i carichi pesanti come ad esempio le batterie o i blocchi motore nell’Automotive. “Si tratta di una soluzione che si diversifica da quelle dei nostri competitor perché il nostro collaborativo è di fatto un robot tradizionale rivestito da una pelle sensorizzata in grado quindi di coniugare i vantaggi della robotica classica, per le prestazioni, e di quella collaborativa per la sicurezza”.
Alberto Pellero di KUKA Roboter ha raccontato l’origine dell’LBR iiwa, il cobot presentato nel 2013, le cui origini però risalgono alle attività del laboratorio tedesco DLR che procedono sin dal 1995. “L’LBR è pensato per operazioni di sensitive assembly e sarà presto declinato in una versione easy. Ma Kuka crede anche nelle applicazioni di robotica mobile negli ambiti produttivi e per questo ha creato il KMR iiwa”.
Oscar Ferrato di ABB ha raccontato l’esperienza di YuMi, cobot a due bracci pensato per uso in applicazioni di assemblaggio cooperativo, capace di grande precisione come dimostrato dal recente esperimento che lo ha visto dirigere un’orchestra. Ferrato ha mostrato delle applicazioni con il robot YuMi che rivelano già un elevato livello di collaborazione tra uomo e robot.
Infine Flavio Marani di Tiesse Robot, che rappresenta in Italia Kawasaki Robotics Italia, ha parlato del robot collaborativo a due bracci duAro (dual Arm robot) nato nel 2015. Si tratta di un robot “dual scara” mono tronco montato su carrellino. “Ha gli stessi ingombri e forze dell’uomo”, spiega Marani. “E si configura facilmente con un tablet. Semplice e veloce, è anche economico e si ripaga in sei mesi”.
Il video
Qui di seguito vi lasciamo alla visione di un video con interviste ai protagonisti della giornata. Buona visione!