Il robot visto da vicino, all’opera, nelle linee di produzione e nelle imprese, non fa paura. Anzi. Suggestioni, diffidenze e resistenze, verso l’innovazione robotica, restano più forti e diffuse tra chi non ne ha esperienza diretta sul campo. Mentre, alla prova dei fatti, è ancora più facile comprendere quali e quanti vantaggi l’evoluzione dell’automazione industriale possa portare, ai risultati dell’azienda, da un lato, e al lavoro degli operatori, dall’altro. Sono alcune delle evidenze emerse dal primo Rapporto su “Robot, Intelligenza artificiale e Lavoro in Italia”, promosso da Aidp e LabLaw, e realizzato da Doxa. Uno studio su imprenditori, manager e lavoratori delle aziende italiane, che è stato illustrato nel corso del secondo evento sul tema “Robot e Lavoro”, organizzato presso la sede milanese di Ucimu.
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La robotica piace agli operai
I numeri, come sempre, descrivono lo scenario in maniera efficace: nelle aziende non ancora robotizzate, il 48% dei lavoratori è favorevole all’utilizzo di robot e Intelligenza artificiale (AI), uno su cinque (il 20%) è contrario, mentre uno su tre (32%) non ha ancora un’idea precisa in merito.
Percentuali, e orientamenti, che cambiano molto invece nelle aziende già robotizzate, dove quindi si può esprimere un giudizio più ponderato, basato sull’esperienza diretta: qui, il totale dei lavoratori favorevoli all’uso di robotica e Intelligenza artificiale sale al 67%, mentre meno di uno su dieci (l’8%) si dice contrario, e uno su quattro (25%) non si sbilancia.
Non solo. Tra i lavoratori di aziende robotizzate, i giudizi positivi, riguardo gli effetti sull’attività lavorativa, sono maggiori tra gli operai (per il 78% del totale), rispetto a quelli, sempre alti, di quadri (66%) e impiegati (60%).
Il “collega” robot
E questo perché molti operai e addetti alle funzioni più operative, che hanno sperimentato in prima persona i cambiamenti portati dalle nuove tecnologie, apprezzano il fatto che i robot possano svolgere le mansioni più pesanti, ripetitive, pericolose. Mentre i Cobot, i robot collaborativi, che affiancano gli operatori, riescono ad agevolare le loro attività.
“Dove si colloca il robot, il lavoro cambia e si evolve”, sottolinea Domenico Appendino, presidente di Siri, associazione che promuove lo studio dei problemi sociali, etici ed economici emergenti dall’avvento della tecnologia robotica: “le paure collegate a queste innovazioni tecnologiche non hanno motivazioni concrete”.
Effetti e giudizi positivi
Analizzando i casi di mille lavoratori impiegati in realtà con oltre 10 dipendenti che già utilizzano soluzioni Hi-Tech, emerge che 39% del totale (mettendo insieme quadri, impiegati e operai) ha un giudizio positivo sugli effetti della robotica sull’attività lavorativa, solo il 7% esprime una valutazione negativa, mentre per il 29% non ha influito, e il 25% ritiene che abbia avuto ricadute sia positive, sia negative, in ambiti diversi.
Più nel dettaglio, l’innovazione robotica, “hardware” e software, ha portato effetti positivi sulla qualità del lavoro (nel 31% dei casi), sull’efficienza (21,5%), sulla velocità delle operazioni (19%), sulla produzione (12%), sulla sicurezza (5,6%), sull’informatizzazione (4%).
Raffrontando invece giudizi e opinioni tra vertici aziendali e dipendenti, sempre all’interno di aziende già robotizzate e con oltre 10 addetti, l’83% di imprenditori e manager, e il 69% dei lavoratori, “promuovono”, con buoni voti, robotica e AI. Solo una minima parte, il 3% in entrambi i casi, dà una valutazione finale negativa. Mentre il 15% di imprenditori e dirigenti, e il 28% degli addetti, dà un giudizio neutro, né positivo né negativo.
Guardando allo scenario complessivo, in Italia circa il 30% delle aziende utilizza sistemi, soluzioni e processi basati sull’impiego dei robot. “Di queste, quasi un terzo ha aumentato il numero di dipendenti, mentre appena il 5% dichiara di aver ridotto in modo significativo il proprio personale”, rimarca Massimo Sumberesi, Head of Doxa marketing advice, che ha illustrato il Rapporto: “l’introduzione dei robot ha determinato una sensibile riduzione dei carichi di lavoro per 3 aziende su 4, e oltre il 70% dei lavoratori dichiara di aver notato un miglioramento delle condizioni di sicurezza nel lavoro”.
“Chi già utilizza soluzioni di robotica e Intelligenza artificiale”, osserva il presidente di Siri, “riscontra benefici in termini di produttività, efficienza e continuità della produzione, ma anche in termini di sicurezza sul lavoro, di mansioni e attività più pesanti, ripetitive, pericolose, a basso valore aggiunto, che vengono trasferite sulle macchine. Mentre il personale può essere dedicato a compiti diversi, a più alto valore aggiunto, e meno meccanici. Certo, con l’impiego dei robot in azienda, per determinati addetti il lavoro quotidiano può e deve cambiare, e per molti l’ostacolo maggiore resta la capacità di adattarsi alla novità e al cambiamento. Soprattutto se non si conoscono direttamente gli effetti dell’innovazione robotica, e si giudicano dall’esterno, spesso condizionati da suggestioni e preconcetti”.
La trasformazione Hi-Tech corre
Intanto la diffusione dei robot industriali nel mondo continua ad aumentare: erano un milione e 200mila nel 2013, un milione e mezzo nel 2014, quasi due milioni lo scorso anno. “Nel 2017 sono stati venduti e installati 381 mila nuovi robot industriali, con una crescita del +30% rispetto al 2016” fa notare Arturo Baroncelli, past president di Ifr, la federazione internazionale della robotica, che analizza lo sviluppo del settore: “la Cina è saldamente il primo mercato, con una quota del 36% a livello mondiale, seguita da Giappone, con il 12%, e Corea del Sud, 10%”.
La crescita mondiale prevista per il 2018 è di un altro 10%, pari a 421 mila unità, e si stima un ulteriore incremento medio annuo del 14% fino al 2021 (630 mila unità). Ottimi risultati anche per l’Italia, con 7.700 robot installati nel 2017 (+19% sul 2016, indice più che doppio rispetto alla Germania e triplo rispetto agli Stati Uniti), e con una crescita a fine 2018 prevista addirittura superiore ai livelli dello scorso anno. Del resto, nel primo semestre 2018, in Italia l’incremento del mercato è stato del 31%, con 5 mila robot industriali venduti, rispetto ai 3.800 del primo semestre 2017.
E come densità di robot nelle aziende, vale a dire quanti dispositivi Hi-Tech si contano ogni 10mila addetti, a guidare la classifica mondiale è la Corea del Sud, con una media di 710, seguita da Singapore, con 658. L’Italia è decima, con 190 robot ogni 10mila lavoratori.
Queste nuove tecnologie, rendendo disponibili per i lavoratori maggiori informazioni, e offrendo strumenti di comunicazione rapida, “favoriscono il ridisegno delle mansioni, il ridimensionamento delle gerarchie di basso livello, perché si instaurano forme di comunicazione diretta tra operai e le funzioni aziendali, saltando i capi intermedi, e portano a nuove forme di coordinamento di tipo orizzontale”, sottolinea Lino Codara, docente di Sociologia dell’organizzazione all’Università di Brescia. Che rileva: “oggi si parla sempre più, a questo proposito, di un “operaio aumentato”, cioè un operaio creativo, coinvolto, responsabile, in grado di gestire dati, di affrontare il Problem solving e di collaborare direttamente con i responsabili delle funzioni di staff. Gli studi e le ricerche sul campo ci dicono che nelle realtà più evolute i lavoratori mostrano anche livelli più alti di soddisfazione. E ancora più dell’arricchimento delle mansioni e della polivalenza, ciò che pare interessare ai lavoratori è essere coinvolti nelle decisioni che riguardano il proprio lavoro”.