“L’industria automobilistica ha effettivamente inventato la produzione automatizzata”: le parole di Marina Bill, presidente della Federazione internazionale di robotica, fanno venire in mente Henry Ford I e la sua Model T. La leggendaria Tin Lizzie inaugurò infatti, 115 anni fa, la produzione in catena di montaggio che, insieme ad altre innovazioni, porta a un prezzo di 850 dollari invece delle migliaia dei modelli concorrenti. Il concetto di linea di assemblaggio è saldamente rimasto ma oggi a presidiarla ci sono anche i robot, così tanti che hanno raggiunto il milione di unità.
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Il primato dell’automotive
Questa cifra a 6 zeri rappresenta un terzo del totale installato in tutti i settori dell’industria e, secondo Marina Bill, “Oggi i robot svolgono un ruolo fondamentale nel consentire la transizione dai motori a combustione verso quelli a energia elettrica. L’automazione robotica aiuta le case automobilistiche a gestire i profondi cambiamenti che interesseranno metodi e tecnologie di produzione consolidati da molto tempo”.
Un indicatore chiave che illustra l’attuale livello di automazione nelle principali economie produttrici di automobili è la ‘densità’ dei robot in fabbrica: il primato della Repubblica di Corea, nella quale nel 2021 erano in funzione 2.867 robot industriali ogni 10.000 dipendenti. La Germania è al secondo posto ma è molto distaccata con 1.500 unità, seguita dagli Stati Uniti con 1.457 unità e dal Giappone, che annovera 1.422 unità ogni 10.000 addetti.
Rincorsa veloce
Il più grande produttore di automobili del mondo, la Cina, ha una densità di robot di 772 unità: sembra bassa ma sta recuperando rapidamente: in un anno i robot di nuova installazione nell’industria automobilistica cinese sono quasi raddoppiati a 61.598 unità nel 2021, un totale che è più della metà delle 119.405 unità installate in tutto il mondo.
Questa accelerazione è anche il frutto di decisioni politiche: tutti i nuovi veicoli venduti in Cina devono essere di tipo New energy entro il 2035. La metà dovrà avere la ‘spina’ (elettrica o ibrida plug-in) o le fuel celle mentre il rimanente 50% sarà fatto da veicoli ibridi.
Riconversione produttiva
Stesso discorso per gli Stati Uniti, il cui governo dà un obiettivo volontario del 50% di veicoli elettrici entro il 2030, mentre il traguardo europeo del consentire dal 2035 solo automobili e commerciali leggeri a zero emissioni locali (elettrici e a fuel cell, quindi) sembra più drastico ma potrebbe essere ammorbidito e/o ritardato.
In ogni caso la maggior parte degli OEM che hanno già investito nei tradizionali robot industriali “a gabbia” per l’assemblaggio di base stanno ora investendo anche in applicazioni collaborative per l’assemblaggio finale e le attività di finitura.
I fornitori di componenti automobilistici Tier 2, molti dei quali sono PMI, sono più lenti nel processo di automatizzazione ma man mano che i robot diventano più piccoli, adattabili, facili da programmare e meno dispendiosi (i cobot, per esempio) le cose dovrebbero cambiare, come evidenziato anche dal presidente di Siri Domenico Appendino.