Antonella Ferrara (Professore Ordinario di Automatica e docente di Robot Control), Bianca Sangiovanni (Dottoranda in Ing. Elettronica, Informatica ed Elettrica, XXXIII Ciclo) e Marco Piastra (Docente di Artificial Intelligence) sono i vincitori del concorso internazionale di robotica organizzato da Epson. I tre hanno sviluppato e presentato un progetto che presenta un approccio molto innovativo nell’ambito della cooperazione uomo-robot o robot-robot perché prevede che il robot apprenda “in autonomia” dai propri errori sino a capire in che modo muoversi in un ambiente circoscritto per non entrare in collisione con uomini o altre macchine.
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Il progetto vincente
Il titolo del progetto presentato al concorso è “Deep Learning for Safe Physical Human-Robot Interaction” e l’obiettivo finale è di far convivere robot e umani, un’esigenza sempre più sentita nel mondo industriale, ma che ha appena iniziato la sua strada. L’idea innovativa portata avanti all’Università di Pavia è stata di coniugare tecniche di machine learning basate sull’intelligenza artificiale con tecniche classiche di controllo dei robot. L’altro elemento caratterizzante è che il team ha deciso di utilizzare un robot industriale, che per natura non nasce per operare a stretto contatto con gli umani, ma viene anzi confinato all’interno di zone appositamente predisposte, circondate da gabbie dotate di molti sensori, necessari a garantire la sicurezza dei lavoratori.
“Il nostro lavoro – riferisce Bianca Sangiovanni – permetterà di introdurre il robot in un ambiente non necessariamente noto a priori, con enormi vantaggi per le aziende che, in questo caso, riusciranno a predisporre ambienti con umani, robot o altri tipi di macchinari. Il grosso sforzo per me e per tutti noi è spiegare e far capire alle aziende, agli studenti e in generale a un pubblico più ampio possibile l’impatto che questo tipo di tecnologie ha e avrà sulla vita di tutti i giorni.”
Donne, università, Stem e carriere
Gli organizzatori sottolineano che, con questo risultato, anche l’area Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics) si coniuga finalmente al femminile. Del resto quello delle nuove tecnologie è, sorprendentemente, l’ambito in cui il gender gap è più forte.
“Ho deciso di proporre come capogruppo la mia dottoranda Bianca Sangiovanni perché è molto competente e volevo permetterle di cimentarsi con la conduzione di un progetto importante e innovativo, con tante difficoltà da risolvere”, ha spiegato la professoressa Ferrara. “Le donne hanno caratteristiche che ritengo particolarmente adatte per l’ambito scientifico: sono di solito molto precise, tenaci, attente allo svolgimento della ricerca“.
La difficoltà per loro è spesso l’eccessiva umiltà. “La mia pluriennale esperienza con ricercatori di entrambi i sessi mi porta a dire che spesso le donne sembrano meno sicure di sé per una forma atavica di umiltà, molto presente fra le giovanissime ricercatrici, anche quando hanno le stesse capacità dei loro colleghi uomini.”
“Se andiamo a vedere le statistiche del Ministero, le donne sono oltre la metà degli iscritti ai corsi di laurea (55,5%), del totale dei laureati (57,6%), degli iscritti a corsi di dottorato (50%) e del totale dei dottori di ricerca (51,8%) – continua la professoressa Ferrara – ma questa presenza femminile diminuisce drasticamente con il salire nella scala gerarchica, fino al 23% medio tra i professori ordinari e a un misero 6% in area Stem. Così come si riduce il numero di iscrizioni femminili in funzione dell’ambito di studio: infatti a fronte del 55,5% medio, nell’area lettere e arti le studentesse sono la stragrande maggioranza con un 77,6% che scende al 48,1% in Scienze Agrarie e Veterinarie, fino a scemare al 27,4% nelle discipline Stem”.
In tutti gli ambiti di studio, inclusa l’area Stem, la percentuale di laureati rispetto al numero di iscritti è maggiore fra le donne – evidenzia la professoressa Ferrara – che quindi completano con maggior successo la formazione universitaria, ma poi non riescono, o non possono, continuare a crescere.