L’automazione sostituisce i lavori in fabbrica da anni, ma ora sta accadendo sempre più velocemente. Molti produttori stanno esaminando la possibilità delle “fabbriche oscure”, le cosiddette “dark factory”, fabbriche senza alcun lavoratore umano. Sono siti produttivi completamente automatizzati che permettono che l’intero processo produttivo: dalla consegna delle materie prime al prodotto finito, avvenga senza un intervento umano diretto. Si può semplicemente spegnere le luci e chiudere la porta, lasciando che i robot lavorino furiosamente senza sosta.
Se pensate che sia un futuro lontano, costruito sulla fantascienza, vi sbagliate. In realtà, è molto più vicino di quanto pensiamo. Questo è il nuovo spettro dei paesi industrializzati. È buio perché non ci sono le persone e non è necessario accendere le luci, le macchine fanno tutto il lavoro. Se questa visione diventasse realtà, sfiderebbe le basi stesse delle nostre società. In uno scenario così pessimistico, un gran numero di persone verrebbe semplicemente escluso dai mezzi di sussistenza, poiché i salari sono il meccanismo centrale per la distribuzione della ricchezza.
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Dark factory, i primi esempi arrivano dalla Cina
Tale concetto è già conosciuto ampiamente dal lontano 2011, nel più grande mercato per i robot industriali che è la Cina. Alcuni osservatori temono che la fabbrica oscura diventerà una realtà nel Paese, l’automazione nelle industrie tecnologiche serve a rendere competitive queste aziende.
Per esempio nella città di Dongguan, situata nella provincia centrale del Guangdong, un’azienda tecnologica ha creato una fabbrica gestita quasi esclusivamente da robot e i risultati sono stati sorprendenti. La Changying Precision Technology Company ha infatti linee di produzione automatizzate che utilizzano bracci robotici per la produzione di apparati per la telefonia mobile. Anche l’assemblaggio, il carico e lo scarico del magazzino sono totalmente automatizzati.
Con i nuovi robot sono passati dalla presenza di 650 a soli 60 dipendenti e non si esclude, da parte dei vertici, che il numero continui a diminuire nel tempo.
Quali sono i risultati? La produzione è aumentata da 8.000 a 21.000 pezzi. Anche la qualità è migliorata con un abbattimento di circa il 20% dei prodotti con difetti.
Molte aziende cinesi stanno seguendo l’esempio della Changying Precision Technology Company,anche grazie ai piani governativi, come dimostrano i dati della Federazione internazionale di robotica (IFR) con 154mila unità vendute nel 2018.
La dark factory in Europa e America
Lo scenario EMEA (Europa e Medio Oriente) è totalmente diverso, è l’antitesi della dark factory orientale. Nello specifico, sia il mercato italiano che quello tedesco sono in controtendenza. La “fiducia” verso le nuove tecnologie delle aziende italiane ha dato questi risultati: il 61% si dice pronto a introdurre sistemi di intelligenza artificiale e robot nelle proprie organizzazioni, mentre solo l’11% si dichiara totalmente contrario. Gli stessi vertici aziendali dei big industriali del Bel paese dichiarano che l’adozione di questi strumenti e il loro utilizzo rende il lavoro meno faticoso e più sicuro, aumentando l’efficienza e la produttività. Così molte aziende italiane insieme alle università stanno investendo in formazione e riqualificazione dei percorsi formativi, nel campo dell’innovazione. L’automazione industriale diviene così un importante occasione di sviluppo sociale ed economico.
Nell’italian way, l’Industria 4.0 e lo stesso concetto di dark factory assumono la forma di progetto, un “felice” mix di efficienza lavoro e abilitazione tecnologica, sempre alla guida dell’imprenditore e dei collaboratori artigiani.
L’impatto positivo dei robot sull’occupazione è impattante nel settore automobilistico. Per esempio in Germania, paese che detiene la prima posizione per densità di robot in Europa, ci sono circa 1.150 robot industriali per 10mila dipendenti.Questo ha portato all’aumento dell’occupazione nell’industria automobilistica tedesca con 93mila posti di lavoro nel periodo 2010-2015. Tendenze simili si possono osservare nel Regno Unito e in America.
Come sarà il lavoro del futuro
L’innovazione tecnologica derivante dalle dark factory impatta anche in campo ambientale e nei settori green. La transizione verso una maggiore automazione del mondo industriale e la diminuzione dell’inquinamento è un collegamento diretto e facile da comprendere. La robotica avanzata sostituisce in molti casi impianti e macchinari obsoleti (pertanto spesso inquinanti), aumenta l’efficienza e diminuiscono gli sprechi andando a vantaggio delle future generazioni e del pianeta.
Come sarà allora il lavoro del futuro?
In sostanza, se la teoria cinese è quella di una forte contrazione dei posti di lavoro (si parla addirittura del 70% nei prossimi 10 anni), soprattutto riguardo risorse che non hanno una forma mentis sull’intelligenza artificiale, la robotica e l’industria 4.0, quella europea è che i posti di lavoro non scompariranno ma si trasformeranno.
Uno studio pubblicato dal McKinsey Global Institute nel 2017 giunge alla stessa conclusione:”Cambieranno più occupazioni di quelle che verranno automatizzate“. Quando la produzione si fonderà con la tecnologia, i lavoratori avranno nuove serie di attività.
Il rapporto sul futuro dei lavori del World Economic Forum (WEF) prevede che circa 5 milioni di posti di lavoro saranno distrutti dall’industria 4.0 con attività sempre più focalizzate sulla pianificazione e il coordinamento, la supervisione e il processo decisionale. Mentre dove l’operatività rimane manuale, come nel settore sanitario, sarà sempre più assistita da macchine.
L’automazione infatti non impatta solo nel manufacturing. Pensiamo alle moderne sale operatorie: i medici che applicano l’IA alla diagnostica o negli interventi chirurgici possono migliorare significativamente i risultati. Negli ultimi test, alcune forme di riconoscimento automatico delle immagini hanno ottenuto risultati migliori del 50% nella classificazione dei tumori maligni durante l’analisi dei raggi X e delle scansioni TC rispetto a un team di esperti radiologi umani. Le macchine avevano un tasso di falsi negativi (dove manca un tumore) di zero, rispetto al 7% per il team umano.