Automazione

Cobot, uno sguardo sulla robotica collaborativa nell’industria

Più leggeri, progettati per carichi di lavoro inferiori a quelli dei robot tradizionalmente utilizzati nell’industria, i robot collaborativi sono concepiti per condividere in sicurezza lo spazio di lavoro con gli esseri umani

Pubblicato il 22 Mar 2021

Mario Pucci

Mp consulting

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L’Enciclopedia Treccani ci fornisce questa esauriente definizione di robot: “Apparato meccanico ed elettronico programmabile, impiegato nell’industria, in sostituzione dell’uomo, per eseguire automaticamente e autonomamente lavorazioni e operazioni ripetitive, o complesse, pesanti e pericolose”. La nostra esperienza conferma tale definizione e ci porta di riflesso a vedere i robot come delle macchine grosse e pesanti che eseguono una serie di lavorazioni sostituendo l’uomo; tralasciamo qualsiasi altra considerazione (etica o sociale in primis) in merito a questa sostituzione in quanto fuori dallo scopo di questo articolo concentrandoci solo sull’aspetto funzionale e tecnologico. Esiste però da qualche tempo una nuova generazione di robot, tipicamente più leggeri e progettati per carichi di lavoro inferiori a quelli dei robot tradizionalmente utilizzati nell’industria, concepiti per condividere in sicurezza (dopo un’opportuna fase di valutazione del rischio) lo spazio di lavoro con gli esseri umani: questa è la generazione dei cobot o robot collaborativi.

Cobot, il robot da sostituto a collaboratore

Portando quindi i robot su una scala dimensionale inferiore, ma solo dimensionale, troviamo degli apparati leggeri e compatti al punto di poter condividere lo spazio con il suo operatore; questo permette di poter portare a termine compiti di una certa importanza potendo contare su un affidabile collaboratore per lo svolgimento delle attività meno qualificate. Pensiamo ad esempio a una piccola azienda in cui vengono fatti assemblaggi di precisione per apparecchiature senza un vasto mercato (non è quindi giustificato il costo di una linea di assemblaggio completamente automatizzata): il personale specializzato si occuperà di reperire i diversi componenti, assemblarli e quindi riporli negli appositi contenitori. A questo punto interviene il cobot che, mentre l’umano tiene in posizione il manufatto, si occupa di avvitare le viti di chiusura così come farebbe un assistente umano.

Oltre a una miglior suddivisione dei compiti, sollevando la presenza umana da quelle attività pesanti, ripetitive e intrinsecamente prive di qualsiasi specializzazione, si ottiene come effetto collaterale un riflesso positivo sulla salute di questi ultimi e un maggior appagamento nell’attività quotidiana. Visto il lavoro a distanza ravvicinata, se il cobot viene a contatto con una persona, in alcuni apparati la forza si riduce fino all’arresto completo.

La robotica nella micro e piccola industria

Sono proprio le aziende di piccole dimensioni a trarre il maggior beneficio dai cobot in quanto si avvantaggiano di tutti i plus dell’automazione robotica senza però dover sostenere gli alti costi della robotica tradizionale definibili in:

  • progettazione funzionale
  • messa in opera
  • creazione di celle operative
  • definizione di piani di sicurezza
  • manutenzione programmata

Sia ben chiaro, parliamo di contesti operativi completamente diversi e con esigenze differenti: mentre la robotica tradizione viene asservita a una sola lavorazione ripetitiva (nella maggioranza dei casi), la cobotica trova ampio spazio nella produzione di piccole serie e/o con mix di prodotti; questa flessibilità funzionale viene raggiunte grazie alla programmazione estremamente semplice dei cobot che può essere fatta sia in modalità “way/touchpoint” sia tramite gli appositi software. Statisticamente, mentre la programmazione e messa in servizio di un robot può richiedere diversi giorni, rendere operativo un cobot è questione di qualche ora.

Facendo un piccolo cenno all’aspetto economico (che ovviamente varia in base al produttore e alle potenzialità dell’apparato scelto) si possono trovare soluzioni in un range che va da dai 20mila ai 50mila dollari per la macchina base; a questa va solitamente aggiunto un kit di accessori, qualche ricambio per le riparazioni più semplici e immediate e infine gli immancabili ma preziosi canoni di manutenzione. Per contro i cobot presentano costi operativi nettamente inferiori in quanto soggetti a minor usura grazie a un minor carico di lavoro e all’operatività in ambienti non ostili (vista la contemporanea presenza di umani.

Robotica collaborativa e industria 5.0

Quando si parla di robotica collaborativa si prendono in considerazione tutti quei sistemi robotici in grado di interagire in sicurezza con un essere umano (interazione fisica uomo-robot, PhHRI ovvero Physical Human-Robot Interaction).

I robot sono in grado di risolvere i problemi con un elevato rischio biomeccanico mentre l’uomo può risolvere tutte le situazioni impreviste.

Alcune caratteristiche dei cobot

Volendo quindi elencare le caratteristiche principali che è possibile riscontrare in un cobot, si potrebbe sicuramente parlare di:

  • compattezza (esistono anche versioni da tavolo);
  • leggerezza;
  • flessibilità funzionale;
  • semplicità di programmazione e operativa;
  • disponibilità di fino a 6 giunti con rotazione di 360 gradi e, in alcuni casi, di un giunto terminale (polso) con rotazione infinita da utilizzare ad esempio per lavori di avvitatura o avvolgimento;
  • avanzati strumenti di visione a supporto dell’operatività, sovente gestiti da software per la Computer vision e artificial intelligence.

Applicazioni tipiche dei cobot

Individuate le caratteristiche e potenzialità generiche dei cobot, rimane solo da definire quelle che sono le applicazioni e impegni tipici:

  • assemblaggio: avvitatura, saldatura, inserimento/messa in posizione di parti;
  • erogazione: colle, sigillanti, vernici (limitandone anche le quantità e riducendo gli sprechi);
  • finitura: sabbiatura, lucidatura, levigatura;
  • rimozione: foratura, fresatura.
Video Fanuc Cobot

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Mario Pucci
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