MANIFATTURA ADDITIVA

Opportunità e sviluppi della tecnologia Powder Bed Fusion per l’Additive Manufacturing in metallo



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Le tecnologie di fabbricazione additiva sono ormai utilizzabili anche per le produzioni in serie. Per l’Additive manufacturing in metallo una delle tecnologie più interessanti è la PBF, Powder Bed Fusion, che consente di aumentare la produttività, riducendo il costo per parte e mantenendo una qualità elevata del prodotto. Ne hanno parlato i principali fornitori di…

Pubblicato il 19 lug 2023



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Da sempre, l’innovazione tecnologica ha fortemente contribuito a rendere più sostenibili i processi produttivi. Tra le tecnologie in grado di giocare un ruolo importante e offrire grandi opportunità per la produzione digitale, circolare e sostenibile, l’Additive Manufacturing (AM) è senz’altro una delle più promettenti.

Passata nell’arco di un decennio da semplice strumento di prototipazione rapida ad un utilizzo sempre più esteso nella produzione di serie, oggi, grazie alla maturazione delle tipologie di lavorazione che la caratterizzano, è in grado di soddisfare i requisiti della sostenibilità “by design”: produrre ciò che serve, dove serve e nella quantità necessaria, per ridurre drasticamente l’impronta energetica e ambientale dei processi di fabbricazione.

Per evidenziare le nuove potenzialità e i nuovi mercati per l’Additive Manufacturing, Made Competence Center, in collaborazione con il Politecnico di Milano, Voxel Matters e AITA (Associazione Italiana Tecnologie Additive), ha organizzato “MadeXAM – Meet The Metal Makers: Powder Bed Fusion”, un evento di respiro internazionale per presentare le ultimissime novità per incrementare la produttività, ridurre i costi e incentivare la sostenibilità nella produzione additiva, anche di serie.

Bianca Maria Colosimo, Barbara Previtali (Made e Politecnico di Milano) e Davide Sher (Voxel Matters) hanno intervistato tutti i principali produttori di tecnologie per la fusione a letto di polvere (PBF, Powder Bed Fusion) per materiali metallici, in cui viene utilizzata una fonte di calore, principalmente fasci laser o di elettroni, per fondere le particelle di polvere strato per strato, formando un pezzo solido.

Attualmente questa è la tecnologia più promettente per l’additive manufacturing in metallo, in quanto consente di lavorare molte leghe metalliche, dall’alluminio al titanio, con geometrie complesse, permettendo di realizzare particolari strutturali dalle elevate prestazioni.

Molte le sfide aperte per i produttori di sistemi AM in termini di costi, produttività, dimensioni, post-processing e materiali, ma il trend emerso nel corso dell’evento è quello di aumentare la produttività, riducendo il costo per parte e mantenendo una qualità elevata del prodotto.

Massima produttività e minimo costo per parte

Decisamente ricco il panel dei partecipanti all’evento, nel corso del quale, aziende consolidate e produttori leader dei sistemi per fusione a letto di polvere, come EOS, uno dei pionieri di questa tecnologia, SLM Solutions, Renishaw, Trumpf, GF e Prima Additive, insieme ad alcune delle start up più innovative, entrate di recente nel mercato additivo, come Addup, Freemelt, 3D4MEC, Seurat, Velo 3D e Wayland, hanno presentato gli ultimi sviluppi e numerose soluzioni innovative, proposte nell’ultimo anno per incrementare l’automazione di processo, ridurre il consumo di materiali e i tempi di cambio polvere e aumentare la produttività di processo, con evidente impatto sui costi di produzione.

Nell’ambito della tecnologia PBF, l’obiettivo di EOS, uno dei pionieri di questa tecnologia, si focalizza proprio sulla massima produttività con il minimo costo per parte, senza compromettere la qualità del pezzo prodotto. Le soluzioni innovative offerte da EOS per una produzione additiva vantaggiosa, performante e sostenibile si contraddistinguono, lato hardware, attraverso la consociata AMCM, nell’offrire volumi flessibili all’interno delle macchine di stampa; lato processo, l’azienda punta sulla possibilità di utilizzare più sorgenti, con diverse lunghezze d’onda (laser infrarosso, verde e blu), con possibilità di raggiungere temperature più elevate nella camera di costruzione.

“Beam Shaping”, ovvero il trasporto e la formazione del fascio laser, “laser nLight” e l’avanzato sistema “Smart Fusion” sono le tecnologie più innovative, mediante le quali variare le piccole dimensioni dello spot e la forma gaussiana del fascio che precludono una produzione più rapida di elementi più grandi. Così facendo si ottengono velocità di fusione e di processo più elevate, passando, all’interno dello stesso job, da uno spot più piccolo ad uno di dimensione maggiore.

La “Smart Fusion”, ovvero la riduzione dei supporti di costruzione, la cui rimozione comporta costi elevati nel post-processing, si ottiene attraverso un software e una tomografia ottica (sistema OT) grazie ai quali vengono monitorati i processi per ridurre il numero di iterazioni necessari a ridurre il numero dei supporti (97% less support e 36% faster building time).

Da ultimo, lato materiali e parametri di processo, l’azienda sta lavorando per sviluppare nuove polveri.

Sulla stessa linea anche GF, pioniere della stampa 3D per la produzione di massa, che ha evidenziato come l’ottimizzazione dell’intero workflow produttivo sia fondamentale per ridurre il costo per singolo componente. La parte additiva, infatti, pesa sul costo di produzione per circa il 40%, il resto sono controlli (30%) e lavorazioni meccaniche di finitura (30%), come lavorazioni meccaniche e trattamenti termici. Per rimanere competitivi, quindi, secondo GF è necessario fornire una soluzione completa, che integri la parte additiva con la fresatura e l’elettroerosione, attraverso un processo di automazione (System 3R) che riduca i tempi, i costi e gli scarti che si generano nella finitura manuale. Questo perché riducendo solo i costi dell’additivo non è detto si riducano i costi del prodotto finito.

Sempre più spazio a componenti di grandi dimensioni e nuove applicazioni materiali

Anche in Italia si sta facendo molto bene, grazie a diverse realtà aziendali con un approccio dinamico nello sviluppare e promuovere la crescita dell’industria, che offrono una gamma di soluzioni sempre più ampia e accessibili.

Prima Additive, azienda nata nel 2018 da una costola di Prime Industrie, sta sviluppando un’offerta completa per introdurre l’Additive Manufacturing nel mondo industriale e della produzione di massa che prevede tre differenti piattaforme Power Bed Fusion con soluzioni laser innovative anche di diversa lunghezza d’onda all’interno della stessa macchina e la possibilità di decidere come configurare la macchina: dalla single o dual laser, ad infrarosso e verde, da utilizzare in funzione della necessità produttiva, fino alle soluzioni dotate di quattro laser (quad laser).

Grazie a queste soluzioni è possibile lavorare sia componenti di grandi dimensioni per l’industria aerospaziale, con una gestione delle polveri completamente automatizzata e una forte attenzione ai sistemi di monitoraggio del processo, che componenti di nicchia.

L’utilizzo di sorgenti come il laser verde, che ha migliori parametri di assorbimento su materiali altamente riflettenti, come il rame puro, sul quale si raggiunge il 99,8% di densità, oppure l’oro, abilita, infatti, lavorazioni che consentono l’inserimento in mercati di nicchia come quello della gioielleria.

Per 3D4MEC, azienda italiana nata come spin off del Gruppo Corsini, che opera nell’ambito dell’automazione e della meccanica di precisione nel settore del packaging con l’obiettivo di fornire l’applicazione additiva più congrua all’indotto delle macchine per il packaging, “AM” non vuol dire solo “Additive Manufacturing” ma anche “Applicazioni Materiali”.

L’azienda, infatti, si concentra sullo sviluppo di materiali inediti, come l’ottone. Emblematica la capacità dell’azienda di studiare, sviluppare e produrre macchine di produzione additiva customizzate sul cliente in termini di parametri di processo, materiali e volumi di stampa, come nel caso dello studio di validazione del processo di produzione di valvole industriali in ottone, materiale che ha delle criticità significative dal punto di vista della fusione, a partire dall’atomizzazione della polvere di ottone CW510 per l’additive, che rappresenta una sfida per molti.

Con 3D4BLASS, la prima stampante 3D L-PBF specializzata nel processo delle leghe di ottone, e la ECO BRASS, per quelle a basso contenuto di piombo, l’approccio è quello di costruire sistemi legati all’applicazione e al materiale, adattando la macchina alle esigenze del processo e del materiale.

Il risultato ha portato ad una significativa riduzione dei tempi di realizzazione del prototipo, dagli attuali 3 mesi a 2 giorni, con una riduzione del costo di prototipizzazione di oltre il 60% e un incremento delle prestazioni del prodotto.

Per SLM Solution, azienda tedesca leader nello sviluppo e la distribuzione dei più innovativi sistemi di produzione additiva in metallo orientati alla produzione, i driver dell’AM sono la produzione di pezzi di grandi dimensioni, la riduzione dei supporti e lo sviluppo nel settore delle leghe a base alluminio. In quest’ambito, l’azienda propone la lavorazione di due nuove leghe, la F357, una variante senza berillio della A357 che permette di eliminare i rischi per la salute, caratterizzata da elevate proprietà meccaniche combinate ad una bassa densità, buona conducibilità termica e elettrica, alta resistenza in ambiente corrosivo, e la Al2024RAM2C, che, grazie ad un 2% di ceramica che le conferisce elevata resistenza all’usura, ha un’ottima resistenza alle elevate temperature (fino a 200 C) e alla fatica ed è ideale per applicazioni strutturali nel settore aeronautico e automotive. Si ottiene un guadagno del 20% per lo snervamento e del 50% per l’allungamento.

L’incremento della produttività viene garantito con il modello NXG XII 600, più innovativo dal punto di vista tecnologico, grazie al volume di stampa maggiore, 12 laser da 1KW ciascuno, un sistema ottico che permette di variare la larghezza dello spot del laser durante il processo e permette di avere una calibrazione automatica delle zone di overlap tra i diversi laser, oltre ad una serie di caratteristiche derivanti dalla lunga esperienza dell’azienda nel settore dell’AM. Grazie alle caratteristiche innovative di questa soluzione, si è riusciti ad arrivare a velocità di costruzione (build-up rate) dell’ordine di 267 cm3/h e, nel caso specifico di un dimostratore, a 1175 cm3/h, fondamentali per dimostrare la produttività della macchina. La macchina dispone anche di un software proprietario per la riduzione dei supporti.

Al via la produzione di serie su larga scala

La visione sulla fusione laser PBF-LB/M di Renishaw, azienda che vanta 50 anni di esperienza nel settore, si concentra su pezzi di dimensione medio/piccole per arrivare alla produzione in serie su grande scala di parti in additive, con velocità elevate, riducendo il costo per pezzo senza compromessi sulla qualità.

Il tutto raggiungibile attraverso una serie di caratteristiche introdotte nelle macchine, come ad esempio il flusso di gas ad alta portata, che consente di ottenere un’altissima qualità dei pezzi prodotti, a cui si affianca un controllo dinamico del raggio, una gestione della polvere integrata con setacciatori a bordo delle macchine che consentono di ottenere il massimo della produttività, una capacità di connessione delle macchine molto avanzata e il monitoraggio della produzione e del processo di fusione. Tecnologie integrate su macchine di dimensioni compatte, pensate per essere inserite in linee di produzione, in modo da avere un’infrastruttura più compatta che aiuta a ridurre i costi generali, a vantaggio del costo per pezzo. Macchine da 1, 2 fino a 4 laser, altamente flessibili, in cui si possa facilmente cambiare il materiale di stampa, fino a macchine in grado di gestire il materiale automaticamente. La possibilità offerta di convertire le macchine da 1 a 4 laser, le rende altamente produttive e adattabili ai diversi momenti del percorso dell’azienda nella stampa 3D.

Gli sviluppi presenti e futuri puntano ad un software di sistema integrato con i CAD di terze parti per mezzo di API, alla calibrazione ad alta accuratezza per uso di strategie multi-laser per pezzo per avere alta qualità dei componenti anche utilizzando laser multipli; ovvero introduzione di parametri ad alta produttività per ridurre il costo dei pezzi. Il tutto per accelerare la produzione.

Il vantaggio dell’automazione

Per Trumpf, rientrata nel mercato dell’additive nel 2014, l’AM deve essere una tecnologia produttiva, affidabile, con una qualità costante nelle diverse fasi del processo e posizioni della beam platform. È fondamentale garantire la ripetibilità del processo all’interno della stessa macchina, per job successivi, e su diverse macchine dello stesso modello e/o di diversi modelli, mediante la cosiddetta “parameter transferability”, con un costo per parte contenuto.

Per l’affidabilità, vengono forniti strumenti di misurazione e calibrazione off-line, tra un job e l’altro, attivabili dall’operatore in maniera autonoma, integrati in processi validati, mentre durante il processo vengono forniti sistemi di monitoring visuali muniti di sensori (Condition Monitoring, Power Bed Monitoring e Melt Pool Monitoring) mediante i quali ridurre in maniera importante i tempi e i costi per la produzione di parti in additive. Viene inoltre proposto un innovativo sistema di calibrazione automatica (AMA – Automatic Multilaser Alignment) di sistemi multi laser, necessari per ridurre il costo per parte in oggetti di grandi dimensioni e nella produzione seriale. Tutte le macchine Trumpf sono multi laser e molte delle macchine integrano dei sistemi di misurazione e calibrazione online durante il processo, che consentono di produrre dei report che attestano la corretta costruzione di parti critiche (con il sistema AMA, l’errore massimo è ridotto sotto i 5micron).

Secondo Trumpf, per portare l’AM alla produzione di serie occorre incrementare l’automazione anche nelle macchine più piccole per evitare fermi macchina e assicurare 4/5 job consecutivi.

Anche le macchine di dimensioni maggiori, devono tuttavia già essere pensate in un’ottica di automazione, per essere integrate in ambienti produttivi completamente automatizzati, con la sensoristica necessaria per l’integrazione in fabbriche 4.0 e 5.0.

Trasversale e pervasiva, dunque, l’enfasi sul monitoraggio in-situ e sulle grandi opportunità che si aprono grazie all’integrazione di sensori e di algoritmi di intelligenza artificiale per monitorare, controllare e ottimizzare il processo.

Realtà più nuove nel mondo dell’additive, come Velo3D e Seurat, hanno evidenziato le loro attività per minimizzare la necessità di supporti o ridurre il tempo di produzione attraverso nuove tecnologie brevettate.

In particolare, Velo 3D, azienda americana fondata nel 2014, produce macchine equipaggiate con software proprietari, capaci anche di implementare delle simulazioni prima della stampa in ottica di predizione di quelle che potrebbero essere le distorsioni presenti nel pezzo, equipaggiate con oltre 1000 sensori che garantiscono un capillare controllo di quanto accade durante il processo di stampa e consentono di inviare messaggi di warning, con la prospettiva di integrare sistemi di AI per una maggiore ottimizzazione del processo. Tutte le macchine di Velo 3D sono autocalibranti per la produzione di parti estremamente complesse realizzate, nella maggior parte dei casi, eliminando l’utilizzo dei supporti.

Nel corso dell’evento, sono intervenute anche startup per la tecnologia a fascio elettroni, come Freemelt e Wayland Additive, che con i loro nuovi approcci in grado di processare materiali difficilmente stampabili, aprono nuove opportunità per l’electron-beam melting.

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