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Smart Services e Supply chain resilienti: l’importanza dei servizi al tempo del Coronavirus

Un’indagine per valutare gli impatti attesi dell’emergenza coronavirus nelle supply chain manifatturiere e di servizi aftersales e le buone pratiche per affrontarla, e un’analisi delle azioni da svolgere una volta superata l’emergenza

Pubblicato il 12 Mar 2020

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Sono giorni complicati per tutti noi come cittadini e per chi svolge attività professionali, commerciali o lavora in aziende di produzione o distribuzione di beni e servizi. Con l’obiettivo di valutare gli impatti e le ricadute dell’emergenza COVID-19 rispetto all’andamento generale del business e alla supply chain di beni e servizi, il Laboratorio RISE dell’Università di Brescia e l’ASAP Service Management Forum hanno quindi deciso di lanciare una breve indagine sul tema che ti invitiamo a compilare.  La ricerca si propone inoltre di raccogliere le azioni più significative intraprese dalle aziende per affrontare la difficile situazione attuale, per poi condividere con tutti utili spunti di miglioramento e supporto.

Discutiamo ora degli impatti di medio periodo

Calo della domanda, disruption delle supply chain, incertezza e freno agli investimenti, danni di immagine per i paesi più colpiti: le sfide su più fronti

Se da un lato è presto per stimare gli impatti economici a livello globale del coronavirus, dall’altro bisogna iniziare a capire come possono reagire le imprese manifatturiere. Possiamo forse provare oggi a fare una valutazione di questa situazione con riferimento alla robustezza della supply chain e delle opportunità per offrire “servizi smart”.

Anche se è presto per fare stime sensate, questo dato dà un’idea della portata economica del fenomeno. È infatti facile supporre che vari fattori concorreranno ad un impatto negativo:

  1. Riduzione della domanda interna nei paesi più colpiti e a livello globale per i contraccolpi sull’economia,
  2. Riduzione dei volumi produzione, per via della chiusura temporanea o della riduzione di attività di stabilimenti e dei tempi necessari per riportare a regime le attività quando sarà superata l’emergenza. Solo nella provincia di Brescia, una di quelle più toccate dal Covid-19, numerose fabbriche hanno spontaneamente sospeso le attività produttive e la lista continua a crescere
  3. Effetti di “disruption” sulle supply chain sull’offerta di prodotti e servizi, dovuta alle ramificazioni delle supply chain globali, come testimoniato dai vari casi di multinazionali che hanno dovuto chiudere temporaneamente le loro fabbriche (ad esempio si stima una riduzione fino al 12% della produzione di smartphone in questo trimestre). Uno studio di Dun & Bradstreet dell’11 febbraio (un’era geologica fa ormai!) riferendosi alle sole zone della Cina interessate dal contagio stimava impatti più o meno rilevanti per un numero impressionante di aziende: “At least 51,000 (163 Fortune 1000) companies around the world have one or more direct or Tier 1 suppliers in the impacted region, and at least five million companies (938 Fortune 1000) around the world have one or more Tier 2 suppliers in the impacted region“. Le grandi aziende
  4. Incertezza, che porterà a rallentare se non a fermare gli investimenti, con conseguenze negative soprattutto nei settori dei beni strumentali
  5. Specificamente per le aree più colpite, un danno di immagine che porterebbe ad un ulteriore calo della domanda estera per interi settori dei paesi più colpiti (questo è certo per settori come il turismo, ma potrebbe purtroppo toccare anche altri settori di eccellenza del Made in Italy)

Cosa fare?
Prima di tutto seguire tutte le indicazioni e precauzioni per contenere la diffusione del virus, e ove possibile sospendere temporaneamente le attività che non si possono svolgere da remoto.

Come reagire successivamente, una volta che l’aspetto di emergenza sanitaria sarà superato? Certamente bisogna partire subito a progettare ed attivare le risposte. Di seguito ci limitiamo a toccare due ambiti di azione, secondo una prospettiva delle operations delle supply chain ed una più strategica dell’offerta di prodotto-servizio.

Supply chain agile, anche nelle PMI

Il primo, una Supply chain agile: fare un’analisi del proprio rischio di fornitura e della robustezza della propria supply chain, essere in grado di costruire e attivare rapidamente scenari alternativi, in primis nel sourcing, ma anche sulle scelte di allocazione della capacità produttiva in contesti multistabilimento. Anche le PMI devono attivarsi in questo senso, e possono se ben supportate identificare e implementare soluzioni in tempi rapidi.  I concetti di resilienza, flessibilità e ridondanza, analisi del rischio, data-driven decision making devono diventare parte integrante delle strategie e dei processi di gestione della supply chain.

Smart Services e digital servitization

Il secondo, puntare su Smart Services e una strategia di (Digital) Servitization.  Recentemente infatti, commentando gli impatti di questa emergenza che resta soprattutto sociale e sanitaria, alcuni “ottimisti”, hanno analizzato la situazione partendo dal dato che l’80% del PIL Lombardo sia legato ai servizi.  Pur non commentando il dato in sé, abbastanza fuorviante soprattutto perché manchevole di contestualizzazione, lo si può invece usare per una riflessione sulla manifattura che resta un punto di forza dell’economia e dell’imprenditoria italiano. È soprattutto in questi contesti infatti che la pratica e la letteratura ci insegnano che un’adozione strutturata delle nuove tecnologie consente di migliorare l’erogazione dei servizi esistenti e di svilupparne di nuovi, favorendo quindi la creazione di nuovi vantaggi competitivi e nuove fonti di revenue (anticicliche rispetto alle crisi).  Infatti, quando si rallentano le vendite del nuovo, le aziende manifatturiere (soprattutto chi produce e/o distribuisce beni strumentali) devono sfruttare di più e meglio il potenziale di servizi post-vendita sul parco installato e sui loro clienti attivi, creando così valore (per i clienti e di conseguenza per se stesse) e relazioni durature.  Sarà quindi fondamentale per le aziende manifatturiere saper sfruttare al meglio il potenziale del parco installato, utilizzando le nuove tecnologie per offrire servizi data-driven, remoti, proattivi e “aumentati”.
Due sono le strade in questa direzione:

  1. Identificare come aiutare “di più” i clienti, attraverso servizi a valore aggiunto che li supportino nei loro processi operativi (es. ottimizzare l’utilizzo dei macchinari o ridurre i consumi) e soprattutto nel favorire la ripresa del loro business. In particolare, nel B2B sarà necessario durante e dopo l’emergenza mettere i dati e le competenze a supporto dei clienti, per aiutarli a offrire a loro volta servizi che aiutino i propri clienti.
  2. Utilizzare sempre di più la leva delle tecnologie e dei dati per offrire servizi “smart”: automatizzati, proattivi, remoti ed “aumentati”. La crisi in atto aiuterà a superare certe diffidenze tipiche nei settori B2B sulla condivisione dei dati, e fornirà un’opportunità importante per la crescita di questo tipo di proposte. Ma è necessario che le aziende siano pronte a cogliere queste opportunità, valutando la loro maturità attuale e le carenze, per progettare la trasformazione verso un’offerta di servizi digitali da affiancare alla componente fisica del prodotto.

Un numero sempre crescente di aziende, attraverso un percorso di servitization iniziato in tempi non sospetti, oggi sono in grado di affiancare alla vendita dei prodotti, l’offerta di servizi e soluzioni integrate prodotto-servizio. L’offerta di soluzioni diverrà fondamentali per le aziende manifatturiere e più in ampio quelle legate a vendita e utilizzo di prodotti fisici, al fine di superare questo difficile momento dove la quota di fatturato legata ai servizi sarà davvero essenziale.  In un contesto di emergenza come quello attuale quindi, la digital servitization appare per davvero una leva imprescindibile per le nostre aziende.

Se ritieni di poter fornire il tuo contributo, partecipa alla survey: 
GLI IMPATTI DEL CORONAVIRUS SU AZIENDE E SUPPLY CHAIN

 

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Nicola Saccani
Nicola Saccani

Nicola Saccani Professore Associato presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale e Meccanica dell'Università di Brescia (IT), dove fa parte del laboratorio RISE. È coordinatore nazionale dell’ASAP SMF, una comunità che coinvolge accademici e professionisti per sviluppare la cultura e l'eccellenza nella gestione e sviluppo dei servizi. Le sue attività di ricerca riguardano principalmente il service e supply chain management, con particolare riferimento alla servitizzazione, alla gestione dei ricambi e delle scorte, alla pianificazione, alla service and digital transformation. È autore di numerose pubblicazioni scientifiche in questi campi.

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Federico Adrodegari

Laboratorio RISE, Università degli Studi di Brescia

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