Questa volta l’Italia non si è tirata indietro e, per celebrare il cinquecentenario della morte di Leonardo da Vinci, ha fatto del 2019 un anno tutto dedicato al genio italiano, come ben mostra questo servizio pubblicato qualche mese fa sul sito del Touring Club.
Milano, dove Leonardo trascorse 17 anni della sua vita, è la città che più di altre ha voluto celebrare il genio vinciano, con una serie di mostre ed eventi tra le quali una, ospitata a Palazzo Reale, dedicata alle macchine di Leonardo.
Ed è proprio da questa lunga – e in qualche modo anche entusiasmante – serie di celebrazioni che la domanda è sorta spontanea: “Cosa farebbe Leonardo ai giorni nostri, se avesse accesso alle tecnologie di cui disponiamo oggi?”.
Quanto in là si sarebbe potuto spingere colui che pensò al volo umano, che pose le basi per l’invenzione della tuta da palombaro, del deltaplano e della bicicletta?
Senza macchina del tempo, non siamo naturalmente in grado di saperlo, ma è certo che proprio da questa riflessione sul rapporto tra Leonardo, le macchine, l’uomo e il futuro ne è scaturita una successiva, sicuramente più concreta, sul rapporto tra l’uomo e le macchine, tra la creatività e la tecnica, tra scienza e coscienza. Un rapporto, quello tra l’uomo e le macchine, sempre più stretto e sinergico e sul quale si stanno costruendo nuovi paradigmi.
E per questo è sempre più importante interrogarsi su cosa sta accadendo nel mondo industriale.
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Dall’Industria 4.0 all’Industria 5.0
Negli ultimi anni sicuramente uno termini più utilizzati è stato Industria 4.0, a indicare un nuovo paradigma del manifatturiero caratterizzato dall’integrazione di tecnologie digitali e fisiche, intelligenti, connesse e autonome come IoT e robotica, al fine di trasformare le fabbriche stesse in strutture intelligenti.
Quella che per molti rappresenta la quarta rivoluzione industriale, pur essendo ancora lungi dall’essere pienamente conclusa, lascia comunque aperti numerosi interrogativi, sia sui tasselli che mancano perché si raggiungano quegli obiettivi di efficienza, efficacia e flessibilità promessi, sia sui timori di una eccessiva “disumanizzazione” del lavoro e ancor di più di ingenti perdite di posti di lavoro.
Ed è qui che entra in gioco un paradigma nuovo, che sta cominciando a prendere gradualmente piede: l’Industria 5.0.
Industria 5.0 rappresenta, di fatto, una risposta concreta a tutti coloro che vedono la creatività, il problem solving, la capacità critica, l’attitudine ad ascoltare e comprendere a fondo i propri clienti e i loro bisogni – tutte attitudini prettamente umane – messe in discussione dai dettami dell’Industria 4.0.
L’Industry 5.0 si concentra infatti sulla combinazione della creatività e della maestria degli esseri umani con la velocità, la produttività e la coerenza dei robot.
Un modello di collaborative industry, di industria collaborativa, dunque, che si concentra, soprattutto, sulla valorizzazione della collaborazione tra uomini e robot, facendo leva sui loro specifici punti di forza, con l’obiettivo di creare un futuro più inclusivo, nel quale l’uomo continui ad avere un ruolo centrale.
Obiettivo di Industria 5.0 è aiutare gli uomini e i robot a lavorare meglio insieme e comporta una maggiore attenzione ai temi della robotica collaborativa e alle interfacce uomo-macchina.
Back to the Human, dicono dall’altra parte dell’Oceano a sottolineare come con Industry 5.0 mani, menti, creatività e sensibilità torneranno ad avere un ruolo centrale anche nei contesti industriali: il focus si sposta sulla integrazione e sulla interazione tra intelligenza umana e calcolo cognitivo.
Quali vantaggi nell’Industria 5.0?
Al centro dell’attenzione del nuovo paradigma dell’Industria 5.0 ci sono i cobots, vale a dire i robot collaborativi, che lavorano in sincronia con le persone in una logica di complementarietà. Si parla di “potenziamento” del lavoratore, dal momento che il cobot viene utilizzato come uno strumento multifunzionale, lasciando all’uomo la dimensione creativa e la gestione degli aspetti più complessi. Si parla di creazione di nuovi posti di lavoro, destinati a lavoratori qualificati, in grado di seguire ed eseguire le mansioni a più alto valore aggiunto, mentre ai cobot verrebbero affidati i cosiddetti lavori in 3D: dull, dirty and dangerous, ripetititivi, sporchi e pericolosi.
Ed è da questa logica collaborativa che ci si aspettano oggi le maggiori opportunità di aumentare la produttività e inserire reale innovazione nella produzione, garantendo nel contempo ai lavoratori maggiore sicurezza e un più elevato grado di soddisfazione.
E ancor di più, sarà dalla felice coniugazione di uomo e macchina che si raggiungeranno quegli obiettivi di personalizzazione dei prodotti che rappresentano la nuova leva della competitività delle imprese.
Alla portata anche delle piccole imprese
Se alcuni degli scenari configurati dal paradigma Industria 4.0 sono parsi nel tempo poco alla portata di aziende di piccole dimensioni, la prospettiva cambia e non di poco con Industria 5.0: banda larga, cloud e cobot, più piccoli dimensionalmente e dai costi più contenuti sono i tre pilastri sui quali anche le piccole e medie imprese possono cominciare a lavorare a una revisione dei loro prodotti e servizi, spingendosi verso una sempre maggiore personalizzazione.