Si chiama Android Things ed è il sistema operativo per l’Internet of Things targato Google. Android Things è l’erede del progetto Brillo, lanciato da Big G lo scorso anno, e permetterà di connettere dispositivi grazie all’impiego di sensori a basso consumo energetico e all’utilizzo di Weave, un sistema di comunicazione dedicato. Lo ha annunciato Google, che ha anche presentato i primi strumenti a disposizione degli sviluppatori, cioè Android Studio, il Software Development Kit (SDK), Play Services e Cloud Platform. Quanto all’hardware, si possono utilizzare schede Intel Edison, NXP Pico e Raspberry Pi (in arrivo presto anche il supporto a Intel Joule e NXP Argon).
Il sistema è bastato su Android, ma è stato sottoposto a una forte “cura dimagrante” ed è quindi poco avido di risorse: bastano infatti appena 64 MB di RAM per la sua esecuzione.
Esattamente come accade con Android Wear, l’OS dedicato ai wearable, Google gestirà direttamente gli aggiornamenti e le patch di sicurezza. Questa è una buona notizia perché uno dei “mali” dell’IoT sta proprio nel fatto che i dispositivi IoT sono solitamente lasciati a se stessi e nessuno si prende cura di sistemarne le vulnerabilità, rendendoli così preda dei cyber criminal in cerca di “soldati” da arruolare nelle loro botnet.
La partnership con Qualcomm
Le affinità con quanto Google ha realizzato con i wearable non finiscono qui: come nel caso degli smartwatch, Google ha scelto Qualcomm come partner per i processori. “Siamo lieti di annunciare la nostra intenzione di collaborare con Google a questa nuova iniziativa con l’obiettivo di espandere l’ecosistema Android. Nuovi ed entusiasmanti prodotti IoT saranno il risultato della capacità degli sviluppatori di combinare la potenza del processore Snapdragon con Android Things”, ha scritto in una nota Jeffery Torrance, vicepresidente Business Development della società di San Diego.