Conservazione dati, addio alle vecchie memorie: il futuro è nella luce

Pubblicato il 18 Gen 2018

Magnetismo attivato dalla luce nelle nanoparticelle di un materiale semiconduttore

Potrebbe arrivare dalla luce, e dal magnetismo che un fascio luminoso può attivare, la “rivoluzione” delle memorie per la conservazione dati. A scoprire questa possibilità un team di ricerca internazionale guidato da Sergio Brovelli del dipartimento di Scienza dei materiali dell’Università Bicocca, che apre alla possibilità di realizzare materiali ad alte prestazioni per la realizzazione di computer ottici.

Usare la luce, al posto dei consueti metodi di scrittura elettrici e magnetici, infatti, permetterà di potenziare i computer ottici e le memorie di dati. Secondo lo studio, infatti, l’inserimento di pochi atomi di argento – elemento di per sé non magnetico – induce un forte comportamento magnetico nelle nanoparticelle di un materiale semiconduttore quando queste vengono illuminate. Il magnetismo attivato dalla luce, persistente nel tempo e rilevabile otticamente, può quindi diventare l’elemento di base dei dispositivi di immagazzinamento dati di nuova generazione.

Il magnetismo attivato dalla luce, persistente nel tempo e rilevabile otticamente, può quindi diventare l’elemento di base dei dispositivi di immagazzinamento dei dati di nuova generazione.

La scoperta in uno studio internazionale

A rivelarlo lo studio “Excitonic pathway to photoinduced magnetism in colloidal nanocrystals with nonmagnetic dopants” , pubblicato sulla rivista Nature Nanotechnology. La ricerca è stata realizzata dal team guidato da Sergio Brovelli docente di Fisica sperimentale presso il dipartimento di Scienza dei Materiali dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, in collaborazione con il gruppo del professor Jiatao Zhang dell’Istituto di Tecnologia di Pechino in Cina, la professoressa Margherita Zavelani Rossi del Politecnico di Milano e il dottor Scott A. Crooker del laboratorio nazionale di Campi magnetici elevati (HMFNL) di Los Alamos (USA).

La tecnica del “drogaggio”

Per arrivare a queste conclusioni gli scienziati hanno utilizzato il drogaggio, una tecnica che consiste nell’inserimento controllato di pochi atomi di un materiale ospite all’interno di un reticolo cristallino di un semiconduttore per controllarne le proprietà elettroniche e magnetiche. Nei materiali di dimensioni ridotte a pochi miliardesimi di metro questa tecnica amplifica in modo significativo le interazioni tra gli atomi di materiale semiconduttore e il materiale ospite, dando luogo a proprietà fisiche assenti nei comuni materiali massivi.

Lo sfruttamento di queste interazioni e il comportamento magnetico attivato dalla luce, quindi, permettono la lettura e la scrittura delle memorie di dati. «Ingegnerizzare queste interazioni – spiega Sergio Brovelli – apre alla possibilità di realizzare materiali ad alte prestazioni che potranno costituire gli elementi fondanti di tecnologie del futuro come, ad esempio, computer ottici e memorie di grande capacità e elevata frequenza “lette” e “scritte” con la luce».

Valuta la qualità di questo articolo

C
Fabrizio Cerignale

Giornalista professionista, con in tasca un vecchio diploma da perito elettronico. Free lance e mobile journalist per vocazione, collabora da oltre trent’anni con agenzie di stampa e quotidiani, televisioni e siti web, realizzando, articoli, video, reportage fotografici. Giornalista generalista ma con una grande passione per la tecnologia a 360 gradi, da quella quotidiana, che aiuta a vivere meglio, alla robotica all’automazione.

email Seguimi su

Articoli correlati

Articolo 1 di 4