Una nuova generazione di Cloud as a Service per le aziende e il passaggio di testimone al vertice di Hewlett Packard Enterprise (HPE) Italia. Sono queste le due principali novità che segnano l’inizio del 2022 per la filiale italiana della multinazionale statunitense.
Dopo 10 anni al timone della nave, Stefano Venturi passa l’incarico di presidente e amministratore delegato di HPE Italia al collega e collaboratore di molti anni Claudio Bassoli. “In questo decennio in HPE Italia abbiamo realizzato una grande trasformazione, che ora ritengo compiuta”, rimarca Venturi.
Che sottolinea: “c’è una grande squadra, che lavora con l’entusiasmo di una startup, la strategia è perfetta, i nostri risultati del 2021 sono molto buoni, e quelli del primo trimestre 2022 promettono ancora meglio. È quindi il momento migliore per uscire, concludo con grande soddisfazione un percorso di crescita durato 10 anni e ora, come nuovo presidente del Cefriel, mi occuperò delle grandi innovazioni che interesseranno il Paese da qui ai prossimi anni”.
Si, perché con la grande spinta che l’emergenza sanitaria mondiale ha dato alla trasformazione digitale in tutti i settori – dalle imprese alla formazione allo smartworking –, e all’ulteriore slancio e sostegno che arriverà con i fondi e gli investimenti del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) – di cui una cinquantina di miliardi di euro dovrebbero agevolare lo sviluppo tecnologico del Paese –, “abbiamo di fronte a noi quattro o cinque anni di grandi opportunità”, fa notare Bassoli, “un periodo storico per l’innovazione che non c’è mai stato prima negli ultimi decenni”.
E nel raccogliere il testimone e il timone dell’azienda dalle mani di Venturi, il nuovo presidente e amministratore delegato di HPE Italia ribadisce alcune linee strategiche seguite a livello globale: “nel fare innovazione e sviluppo tecnologico, siamo e restiamo contrari ai Silos tecnologici proprietari, la strada maestra è quella dell’interoperabilità delle tecnologie e delle soluzioni. Quindi per continuare ad avere successo sui mercati, il percorso vincente non è quello di chiudersi a riccio nelle proprie conquiste, ma quello di continuare a innovare, trovare sempre soluzioni migliori e più efficienti, vincere la concorrenza con idee e tecnologie nuove”.
Una di queste, per HPE a livello globale, è senza dubbio la Next generation Cloud in modalità as-a-Service, che prevede che le infrastrutture per un determinato cliente non siano più centralizzate ma possano essere installate presso di lui, o dovunque possano essere più funzionali e convenienti. Una nuova generazione di sistemi che nel caso della multinazionale americana si chiama HPE GreenLake.
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I vantaggi dei sistemi Cloud as a Service
La nuova generazione di Cloud as a Service può portare diversi vantaggi per le imprese. “Innanzitutto, è una tecnologia che per implementarla non richiede la mobilitazione di grandi capitali per fare la trasformazione digitale dell’azienda, in quanto non servono altri investimenti ma si paga il servizio per quello che lo si utilizza”, fa notare Venturi.
È in pratica un nuovo paradigma tecnologico e operativo, nel quale l’azienda non immobilizza capitale nell’acquisto dell’infrastruttura informatica ma paga solo quello che consuma. Diversamente da soluzioni Cloud tradizionali il Cloud as a Service permette di scegliere dove realizzare l’infrastruttura Ict, all’edge, nei data center del cliente o nei data center HPE.
Queste infrastrutture in Cloud “non sono vincolate a un luogo fisico, ma portiamo il servizio dove il cliente vuole”, prosegue Venturi, “nell’edge, nei sensori, nei macchinari, nelle auto, dove ce n’è bisogno e dove i dati vengono generati”. In questo modo, un’azienda può progressivamente adottare e fare evolvere questo nuovo modello operativo, per poi disegnare nuove applicazioni Cloud based una volta raggiunta la maturità e l’esperienza tecnologica necessaria.
Infrastrutture aperte e costi minori per le imprese
“In più”, osserva Venturi, “non dover spostare grandi quantità di dati per poterli gestire e usare, significa anche un risparmio stimato di almeno il 30 per cento di costi energetici”. Lasciando i dati aziendali e di produzione dove vengono generati, sottolinea poi Bassoli, “le imprese risolvono anche la questione della proprietà e della sicurezza del dato. In questo modo, dati e informazioni vengono gestiti da un ecosistema tecnologico, insieme anche a partner specializzati in questo tipo di infrastrutture”.
E un altro vantaggio per chi utilizza il Cloud as a Service sta nel fatto che “non ci sono costi di ingresso e di uscita, perché sono tutte infrastrutture aperte, in linea con logiche e strategie di interoperabilità dei dati e delle infrastrutture. Con circa il 70% di dati e applicazioni aziendali che risiedono ancora on-premise, HPE GreenLake eroga i vantaggi del cloud all’edge, in colocation e nei data center”.
Questo approccio è particolarmente adatto alle necessità delle strutture pubbliche e private in cui è essenziale disporre di un’infrastruttura aperta, flessibile e innovativa per la raccolta, gestione e analisi dei dati. Dati che saranno sempre più il motore di tutto, non solo per le imprese, ma anche per la Pubblica amministrazione e tutto il sistema Italia.
La spinta del Cloud di nuova generazione
Uno studio sul settore realizzato da HPE in collaborazione con The European House – Ambrosetti e intitolato ‘Il Cloud di nuova generazione, il nuovo modello di Cloud sostenibile, per la competitività e la crescita dell’Italia’, rileva che i benefici che la diffusione di questa tecnologia può generare sono concreti, e riguardano l’intero sistema-Paese, le aziende private e le pubbliche amministrazioni, con oltre 220 miliardi di euro di Pil cumulato nel prossimo quadriennio, e un aumento della produttività media delle imprese fino al +2,3%.
Nello stesso periodo, l’impatto diretto per gli attori della filiera ICT è stimato in circa 1,3 miliardi di euro di ricavi aggiuntivi. “Ciò significa che le nostre imprese ICT potranno continuare a operare e a crescere, portando un ulteriore contributo allo sviluppo dell’economia e delle competenze nel nostro Paese: una responsabilità alla quale non possiamo, non dobbiamo e non vogliamo sottrarci”, sottolinea Bassoli. Secondo questa analisi, anche la Pubblica amministrazione potrà beneficiare della diffusione del nuovo modello di Cloud basato su ‘Everything-as-a-Service’, ottenendo nei prossimi anni risparmi superiori a 650 milioni di euro per la spesa ICT e riducendo del 90% le richieste di dati e informazioni alle aziende.
Eni, Nasa, Mercedes e Red Bull
Nel corso del 2021, Hewlett Packard Enterprise ha ad esempio potenziato il supercomputer HPC4 di Eni, utilizzato per accelerare la scoperta di nuove fonti di energia e altre attività strategiche per il colosso pubblico italiano. E anche il nuovo supercomputer è usato da Eni in modalità as-a-service, attraverso la piattaforma edge-to-cloud HPE GreenLake.
“Da tempo siamo anche partner tecnologico della Nasa”, sottolinea Bassoli, “a cui ad esempio forniamo sistemi di memory computing e high performance computing per le navicelle inviate su Marte. Abbiamo grandi risultati anche nel mondo della Formula 1, attraverso le collaborazioni con le scuderie Mercedes e Red Bull, sempre nel campo dell’high performance computing e della gestione dei dati a bordo pista. Applicazioni e soluzioni che poi dalla Formula 1 migrano più in generale al mercato dell’Automotive”.
Nuove soluzioni per il mondo data-driven
Le stesse tecnologie computazionali e di gestione dei big data vengono poi utilizzate in diversi altri settori, dall’eCommerce e logistica al mondo della medicina e anche nella lotta al Covid 19. “L’azienda tedesca Dzne, specializzata nella cura delle malattie degenerative, con le nostre soluzioni di gestione ed elaborazione dei dati, in pochi mesi è riuscita ad arrivare a un’accuratezza dei dati del 99%”, rileva il nuovo presidente e amministratore delegato di HPE Italia, “e nel settore sanitario e scientifico la precisione e l’efficacia nell’uso dei dati sono fondamentali”.
Il peso della Data economy in tutte le principali economie europee sta via via crescendo, ma sebbene l’Italia si trovi al quarto posto nell’Unione europea per valore complessivo della Data economy (37,8 miliardi di euro lo scorso anno), si posiziona solamente in 17esima posizione considerando il peso della Data economy sul Pil (2,3% del totale), distante dalla media europea (3%) e più indietro rispetto ad altri Paesi concorrenti come Germania (3,6%), Spagna (2,7%) e Francia (2,5%).