business continuity

Gli stop non programmati costano alle aziende fino a 116.000 euro l’ora. Come ridurre il rischio con un nuovo approccio alla manutenzione

Tempi di inattività imprevisti nelle imprese: un salasso che può arrivare fino a 116mila euro l’ora. Lo rileva un’indagine, intitolata “Il valore dell’affidabilità”, commissionata da ABB e condotta a livello globale tra oltre 3.200 aziende di 16 Paesi tra cui Italia, Usa, Cina, Germania, Canada, Gran Bretagna, Francia

Pubblicato il 24 Ott 2023

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Questa è una (brutta) notizia da cardiopalma per imprenditori, dirigenti d’azienda e responsabili di produzione. E per le casse aziendali: i tempi di inattività non programmati arrivano a costare fino a un massimo di 116mila euro all’ora. Un danno economico molto pesante per un’impresa, che può essere evitato o mitigato attraverso adeguate – e innovative – attività di manutenzione e prevenzione di macchinari, impianti e processi.

Lo rileva un’ampia indagine, intitolata “Il valore dell’affidabilità”, commissionata da ABB e condotta a livello globale da Sapio Research, tra oltre 3.200 aziende di 16 Paesi, tra cui Italia, Usa, Cina, Germania, Canada, Gran Bretagna, Francia.

Il report mette in evidenza la stretta relazione tra tempi di attività e affidabilità dei sistemi di produzione, e pone l’accento sull’importanza di efficaci strategie di manutenzione e collaborazioni per l’assistenza, tra l’azienda e gli operatori specializzati anche esterni.

Gli stop improvvisi alla produzione costano caro

Tra i dati più rilevanti che emergono dalla survey vi è il dato relativo alla diffusione degli stop non programmati nell’industria: il 65% delle aziende nazionali del settore industriale e della manifattura subisce interruzioni non pianificate almeno una volta al mese, rispetto al 69% registrato a livello globale.

È proprio analizzando questi stop imprevisti alla produzione, e i danni che provocano alle attività di business, che si ricava un costo conseguente che può arrivare fino a 116mila euro l’ora (124mila dollari). Per la precisione, “per il calcolo è stato utilizzato il valore mediano anziché la media. A causa della distribuzione delle risposte, la mediana fornisce una rappresentazione più attinente della tipica organizzazione”, fanno notare gli analisti di ABB.

Il campione aziendale dell'indagine a livello globale
Che sottolineano: “L’indagine sui fermi imprevisti alle produzioni ha raccolto le indicazioni di 3.215 manager e responsabili delle decisioni riguardo alla manutenzione di impianti in tutto il mondo nei settori di produzione di energia, petrolifero e gas, plastica, energia eolica, prodotti chimici, ferrovie, servizi pubblici, metallurgia, industria marittima, alimentare e bevande”. E si inserisce nell’ambito di “un rapporto che fornisce informazioni su come le aziende gestiscono attualmente la manutenzione e su come esse possano ridurre i tempi di inattività non pianificati“.

Una nuova manutenzione basata sui risultati

L’82% delle imprese sono interessate a capire come contratti di manutenzione basati sui risultati possano favorire migliori performance e costi minori. Nonostante questo, il 25% delle aziende italiane censite si affida ancora a un tipo di manutenzione run-to-fail. Cioè senza cercare di prevedere e prevenire eventuali guasti e fermo macchina.

Il quadro che indica i costi dei fermi di produzione
I risultati dell’indagine evidenziano l’importanza dell’affidabilità e della manutenzione delle apparecchiature. A livello globale, nel 92% dei casi censiti la manutenzione ha aumentato i tempi di attività degli impianti nell’ultimo anno, con un miglioramento di almeno un quarto sul totale rispetto a prima, per quasi il 40% del campione complessivo.

Inoltre, tre quarti delle aziende hanno dichiarato che l’affidabilità ha un impatto positivo sulla reputazione dell’azienda e sui risultati finanziari, e aiuta a rispettare gli obblighi contrattuali, a prevenire gli sprechi e ad assicurarsi clienti abituali. L’affidabilità è considerata come priorità assoluta quando si tratta di acquistare di nuove apparecchiature.

Più digitale per più manutenzione nelle aziende

In prospettiva, il 60% prevede delle imprese di aumentare gli investimenti in affidabilità e manutenzione nei prossimi tre anni, e un terzo pensa di incrementare la spesa di oltre il 10%.

Analizzando i risultati di questo studio “emerge che il costo di una fermata ha sicuramente un impatto importante per le aziende, variabile in funzione del tipo di processo e impianto”, rimarcano gli specialisti di ABB.

“In quest’ottica, le aziende industriali dovrebbero puntare su un partner specializzato che le accompagni nel lungo periodo, in modo che i problemi vengano affrontati e gestiti in maniera intelligente, con un approccio proattivo, avvalendosi anche delle moderne tecnologie messe a disposizione dalla digitalizzazione”, aggiungono.

Non solo. Questo nuovo modello di manutenzione “aiuterà le imprese industriali a raggiungere gli obiettivi e a soddisfare le normative in materia di emissioni che presto saranno adottate nell’ambito della lotta globale contro i cambiamenti climatici. E contribuirà inoltre a colmare il deficit di competenze del settore, man mano che i tecnici esperti raggiungono l’età pensionabile”.

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Stefano Casini

Giornalista specializzato nei settori dell'Economia, delle imprese, delle tecnologie e dell'innovazione. Dopo il master all'IFG, l'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Milano, in oltre 20 anni di attività, nell'ambito del giornalismo e della Comunicazione, ha lavorato per Panorama Economy, Il Mondo, Italia Oggi, TgCom24, Gruppo Mediolanum, Università Iulm. Attualmente collabora con Innovation Post, Corriere Innovazione, Libero, Giornale di Brescia, La Provincia di Como, casa editrice Tecniche Nuove. Contatti: stefano.stefanocasini@gmail.com

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