Trasformare i processi di creazione e utilizzo dell’energia è indispensabile al raggiungimento degli obiettivi sostenibili: ben l’89% delle emissioni totali che produciamo dipendono infatti dall’utilizzo di energia. Le tecnologie digitali offrono oggi interessanti opportunità per la transizione energetica e permettono di abilitare sia vantaggi immediati – ad esempio, la riduzione del consumo energetico e quindi dei costi – sia benefici di lungo periodo, permettendo di offrire nuove tipologie di servizi basati proprio sulla gestione energetica.
Tuttavia, la crescente digitalizzazione è essa stessa una sfida, poiché il moltiplicarsi degli oggetti connessi porterà a un incremento del fabbisogno energetico non indifferente.
Come possono quindi coesistere queste dimensioni? E come è possibile trasformare queste sfide in vantaggi per imprese, consumatori e ambiente? A queste domande ha cercato di rispondere l’EnergyUp 360 Summit, l’evento organizzato da EconomyUp, Innovation Post e ESG360 – testate del Network Digital 360 – che ha chiamato a raccolta esperti del mondo accademico e industriale per declinare le sfide e le opportunità del digitale nella gestione energetica.
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Misurare e ridurre i costi del consumo energetico grazie al digitale
Per efficientare qualsiasi processo occorre conoscerlo. E allo stesso modo, non è possibile pensare a strategie di riduzione del consumo energetico (e dei costi associati) di un prodotto o di un processo senza prima misurare il suo consumo.
Ecco quindi che la digitalizzazione è uno step fondamentale da compiere per poter ridurre il consumo energetico e i costi ad esso associati. Un obiettivo che negli ultimi anni è diventato sempre più importante per le imprese, alla luce dei forti rialzi dei prezzi dell’energia che hanno spinto molte aziende a riprogrammare la produzione.
Grazie a politiche di incentivazione agli investimenti, primo fra tutti il Piano Transizione 4.0 (che in origine era “Industria 4.0”), sono tante le aziende italiane che hanno già digitalizzato molti dei loro processi.
Tuttavia, negli anni le imprese non sempre hanno ritenuto la riduzione del consumo energetico una priorità.
“Negli anni sono state adottate strategie volte a ridurre il consumo energetico, ma gli investimenti fatti hanno seguito maggiormente l’ottica di un ritorno nel breve periodo e si sono pertanto concentrati sui macchinari o le componenti, tralasciando il campo relativo all’efficienza del prodotto. L’energia dovrebbe essere considerata come parte integrante del processo competitivo delle imprese”, spiega Marco Borgarello, Head Energy Efficiency Research Group Energy Systems Development, RSE Ricerca sul Sistema Energetico.
Questo cambio di mentalità parte proprio dall’aspetto di misurazione, che permette alle imprese di risolvere più di un problema: non solamente quindi di risparmiare sui costi legati al consumo, ma anche di ridurre l’impatto ambientale dei processi (in termini di utilizzo di risorse necessarie e rifiuti prodotti).
Attraverso la misurazione, inoltre, è possibile stimare in anticipo questi vantaggi e facilitare il processo di innovazione all’interno dell’impresa.
Efficienza energetica e sostenibilità “by design” nella manifattura: i vantaggi per le aziende
Grazie al suo ruolo di facilitatore della trasformazione digitale delle imprese, il Competence Center SMACT ha accompagnato, in questi poco più di due anni di attività, diverse realtà imprenditoriali nello sviluppare progetti di innovazione basati sulle tecnologie 4.0 che dimostrano tutti i vantaggi della digitalizzazione per le imprese.
“Alla digitalizzazione consegue un efficientamento produttivo, ma anche un miglioramento del prodotto finale e nell’utilizzo delle risorse, sia elettriche che naturali”, spiega Matteo Faggin, General Manager, SMACT Competence Center.
“Uno di questi progetti riguarda una forgeria, quindi un’azienda con un processo energy-intensive, dove insieme a partner tecnologici e partner provenienti dal mondo della ricerca, stiamo avviando percorso di elettrificazione su cui basare la digitalizzazione”, dice Faggin.
“Al di là delle possibilità sulla carta della misurazione e della conoscenza approfondita dei consumi energetici in realtà in tantissime aziende medie, per non parlare delle piccole, quello che ha a disposizione l’imprenditore è dato aggregato a fine mese che oggi, con la produzione così frazionata, ha decisamente il fiato corto”, prosegue Faggin.
Ed è proprio qui che la digitalizzazione aiuta le imprese: arrivare a una comprensione del costo davvero granulare, anche intervenendo su impianti brownfield.
L’esempio dell’idraulica connessa
La digitalizzazione non si pone quindi come lo strumento con cui le imprese possono abilitare vantaggi nel breve periodo – come la riduzione dei costi dell’energia –, ma anche come risposta alle sfide che l’industria si troverà ad affrontare nel lungo periodo, come quella della transizione ecologica.
Un tema che Bosch Rextroth conosce bene: l’aizenda, infatti, ha fatto della sostenibilità uno dei punti guida della sua strategia di sviluppo e del modo in cui operano tutte le sue divisioni.
Una sostenibilità che nell’azienda è concepita “by design”, con le valutazioni delle performance ambientali del prodotto che avviene già in fase di progettazione. Un approccio che ha permesso all’azienda di sviluppare soluzioni digitali per l’idraulica, permettendo così ai clienti di raggiungere nuovi livelli di efficienza, grazie alla possibilità di regolare, in modo dinamico, l’energia utilizzata nel processo in base ai bisogni effettivi.
“Da oltre 10 anni offriamo prodotti basati sul principio energy on-demand”, spiega Stefano Peschiaroli, Sales Product Management Industrial Hydraulics, Bosch Rexroth. “Vuol dire che i nostri prodotti per l’efficientamento energetico seguono i processi di macchina e di produzione nei diversi momenti dove cambia il fabbisogno energetico. Nei nostri sistemi di efficientamento energetico avremo un motore elettrico che riconosce le fasi dove è richiesta meno energia, vengono abbassati i giri del motore e in quella fase vi è quindi un risparmio energetico ed economico”.
I progressi nel campo di digitalizzazione dell’idraulica consentono di efficientare tanti dei processi che coinvolgono movimentazioni di carichi pesanti, dove il consumo energetico è tradizionalmente molto elevato.
Una testimonianza di questi vantaggi viene da Miramondi, azienda che realizza impianti personalizzati per la lavorazione della lamiera dedicate al mondo del bianco (elettrodomestici).
“Il tema dell’efficienza energetica viene introdotto sempre più frequentemente dai nostri clienti, quindi ridurre i consumi degli stabilimenti produttivi per noi è un obiettivo principale”, spiega Giacomo Gatti, Coordinator and Hydraulic Engineering Dep., Miramondi.
L’azienda ha recentemente avviato un progetto per un cliente che produce porte di frigoriferi a stampaggio. Un processo altamente energivoro, in quanto richiede l’utilizzo di presse idrauliche da 300 tonnellate di forza che spostano masse fino a 18 tonnellate.
L’esigenza del cliente era proprio quella di implementare un sistema di riduzione del consumo energetico. Per il progetto, Miramondi si è rivolta a Bosch Rextroth.
“Abbiamo implementato gruppi energetici a giri variabili, perché non tutti le fasi del ciclo ho bisogno di una potenza nominale ed è quindi possibile valutare strategie di riduzione del consumo energetico”, spiega Gatti.
Oltre alla riduzione dei consumi, l’idraulica connessa permette di rilevare parametri importanti in tutti le fasi del ciclo produttivo e di abilitare una serie di vantaggi che vanno dalla semplificazione della diagnostica in caso di commissioning alla possibilità di offrire servizi da remoto, come la manutenzione predittiva o anche l’avvio di linee da remoto.
Vantaggi che molte realtà italiane sono già riuscite ad abilitare, sorpattutto quelle che avevano già avviato un percorso di digitalizzazione e che, soprattutto, si erano già dotate di sistemi in grado di raccogliere e analizzare i dati.
“L’errore che non bisogna fare è quello di pensare che sa sufficiente comprare un macchinario 4.0 per godere di questi benefici. Si tratta in realtà di un percorso lungo, che parte dalla raccolta ordinata di un data base sufficientamente pulito su cui poi iniziare a fare girare gli algoritmi di AI una volta che si ha sufficiente mole di dati”, spiega Gatti.
“Quando si raggiunge questo livello, i ritorni dell’investimento sono molto importanti in materia di efficienza produttiva ed in termini di risorse utilizzate”, aggiunge.
Nuovi modelli di servitizzazione per imprese e cittadini
In questo processo l’IoT, l’AI e il Cloud giocano un ruolo essenziale, poiché abilitano quel monitoraggio continuo e in tempo reale di cui c’è bisogno per individuare eventuali inefficienze e valutare strategie di efficientamento.
“L’IoT ha una doppia valenza perché i nostri sforzi non devono andare solo verso la misurazione, ma anche nell’individuazione degli sforzi necessari ad agevolare l’uso delle energie rinnovabili”, spiega Roberto Filipelli, Cloud and Enterprise Business Group Director, Microsoft Italy.
Ed è questo, infatti, uno dei principali vincoli alla decarbonizzazione: l’assenza di smart grid, o reti elettriche intelligenti, capaci di immagazzinare energia e abilitare una connessione tra domanda ed offerta.
“Quindi quando noi parliamo di fare investimenti per agevolare nergia green ci rendiamo conto che l’IoT potrebbe essere quella tecnologia che sincronizza la produzione e l’uso, permettendo nuovi modelli di servitizzazione”, aggiunge Filipelli.
Microsoft ha già introdotto queste tecnologie nei propri data center (delle vere e proprie “fabbriche che producono Bit”), dotate di gruppi di continuità che consentono l’interazione con la rete elettrica: se c’è energia green in esubero l’azienda può immagazzinarla nel litio o produrre idrogeno o, in caso di interruzione del servizio di fornitura da parte della rete, permettono di disconnettersi dalla rete stessa ed essere indipendenti.
Inoltre, se l’azienda riscontra un eccesso di idrogeno, può rivendere l’energia in eccesso alla rete, passando così da essere semplice consumatore ad essere un prosumer, un termine che indica un consumatore che interagisce con il mercato, in un flusso di risorse bidirezionale abilitato dalla comunicazione tra rete digitale e rete elettrica.
Grazie a IoT, Cloud e AI, il consumatore può interagire anche con altri utenti – si pensi, ad esempio, al caso delle comunità energetiche –, permettendo uno scambio di energia pulita e con costi inferiori.
Allo stesso modo, grazie alla possibilità di integrare utenti ed oggetti alla rete elettrica, le aziende possono proporre nuovi serivizi, basati sulla gestione energetica.
Ottimizzare il consumo di energia grazie alle tecnologie digitali
Nonostante i casi d’uso presentati nel corso del summit dimostrino che è già possibile coniugare risparmio energetico ed efficienza grazie alla digitalizzazione, sia in ambito civile che nel manifatturiero, sono ancora poche le aziende e i consumatori che sfruttano i vantaggi offerti da queste tecnologie.
Eppure il mercato degli oggetti connessi è in fermento anche in Italia, come dimostrano i dati dell’Osservatorio Internet of Thinghs, secondo cui il mercato dell’IoT è arrivato a toccare nel 2021 un valore di 7,3 miliardi di euro, con 111 milioni di connessioni (equivalenti a quasi due connessione per persona).
Nell’ultimo anno, sono state proprio le soluzioni dedicate ai consumi energetici a registrare una signficativa crescita di adozione, sia da parte dei consumatori che delle imprese. Tuttavia, il mercato per potersi pienamente sviluppare ha bisogno di alcuni fattori che, ad oggi, ancora non hanno raggiunto la maturità necessaria.
“Oggi il mercato dell’IoT è fatto principalmente da hardware connesso che ti permette di monitorare ciò che avviene in una fabbrica o in un luogo di lavoro o in una casa. In realtà il vero valore è legato ad altri componenti molto forti: la parte di servizi, quindi passare dal prodotto al servizio, che non vuol dire solo aggiungere un servizio a un prodotto, ma soprattutto che vuol dire che il prodotto si trasforma e diventa servizio”, spiega Giulio Salvadori, Direttore Osservatorio Internet of Things, Politecnico di Milano.
“Qualcosa si sta muovendo però dal lato della domanda: ad oggi il consumatore ha attivato ancora pochi servizi, ma dalla nostra indagine del 2021 è emerso che il 64% si dichiarava disponobile ad attivare e pagare servizi in futuro. Una percentuale raddoppiata rispetto all’anno precendente, quindi sicuramente ci sono trend di aperture singificativa”, aggiunge.
Lo sviluppo di servizi intelligenti in grado di offrire vantaggi concreti a partire da queste tecnologie che, ad oggi, utilizziamo principalmente per monitorare dipende anche da altri due temi: l’intelligenza artficiale e l’interoperabilità.
“L’intelligenza artificiale è ciò che vediamo maggiormente all’interno dell’offerta secondo tre dimensioni: l’AI dentro l’oggetto, per cui l’oggetto è in grado di comprendere le nostre abitudini e attuare azioni in risposta; l’AI a livello di interazione con i dispositivi; l’AI a lviello di governance, ad esempio, di una casa, per cui non interagisco solo con il singolo elettrodomestico ma con l’ecosistema tutto”.
E per farlo c’è bisogno che questi oggetti siano in grado di comunicare tra di loro: l’interoperabilità diventa quindi un tema che caratterizza e condizione l’offerta e lo sviluppo del mercato.
Resta quindi ancora tanta strada da fare per andare oltre alla misurazione e cogliere davvero i vantaggi che offrono queste tecnologie e offrire servizi itelligenti basati sui dati che riescano a promuovere efficienza energetica e sostenibilità.