Analisi

Single Use Plastic: una sfida per l’industria e per i consumatori

L’entrata in vigore del decreto legislativo SUP Single Use Plastic come passo in avanti nella definizione di un quadro normativo che scoraggia utilizzo e consumo di prodotti a forte impatto ambientale. Per le imprese manifatturiere si creano le condizioni per accelerare l’innovazione di prodotto, di processi di produzione in grado di gestire nuovi materiali e per proseguire nel percorso di service transformation

Pubblicato il 14 Gen 2022

SHUTTERSTOCK


Uno dei rischi che più sono evidenziati dagli analisti quando si parla di trasformazione industriale associata alla trasformazione ecologica è quello relativo alle difficoltà di allineare l’evoluzione dell’offerta e della domanda. Non si contano i casi in cui l’industria appare pronta a fare un salto in avanti mettendo a disposizione prodotti o soluzioni che riducono il loro impatto ambientale, ma il mercato, per abitudini consolidate o per i costi che deve sopportare nel momento dell’acquisto, resta ancorato al “passato”.

Al contrario poi non mancano casi in cui i consumatori sono pronti, ma l’offerta fatica a tenere il passo o riesce a farlo, ma solo a costi che non sono adeguati alla disponibilità di spesa dei consumatori. Ecco il ruolo delle normative e delle istituzioni che sono molto ben rappresentate nel report OECD: Organisation for Economic Co-operation and Development Innovation and Business/Market Opportunities associated with Energy Transitions and a Cleaner Global Environmen – qui) che mette in evidenza come l’equilibrio economico sostenibile si raggiunge con un mix tra innovazione a livello di produzione, innovazione nella trasformazione dei consumi e innovazione normativa.

Il rapporto tra SUP, Single Use Plastic e industria

In questo contesto, va letta l’entrata in vigore del SUP Single Use Plastic (qui l’articolo dedicato alla nuova normativa: Addio alla plastica monouso: entra oggi in vigore in Italia la Direttiva SUP) del Decreto legislativo n.196 del 8 novembre 2021 di recepimento della direttiva europea sulle plastiche monouso, adottata nel 2019. Purtroppo, va subito precisato che è momento tutt’altro che favorevole in quanto tra gli effetti della pandemia Covid-19 e delle recrudescenza associata alla variante Omicron, c’è un aumento di preoccupazione da parte di tutti noi cittadini e consumatori e una marcata presenza per l’utilizzo di prodotti usa e getta per ragioni legate all’igiene e perché anche nelle decisioni quotidiane prevale la preoccupazione sanitaria rispetto a quella ambientale. Ma al netto di questo aspetto che speriamo possa presto superato, il recepimento della direttiva europea rappresenta il terzo componente collegato al framework normativo di una trasformazione che può e deve avere un orizzonte molto più ampio rispetto a quanto previsto dal decreto stesso.

A questo punto, se dal 14 gennaio non possono più essere immessi sul mercato molti oggetti in plastica monouso che sono entrati in innumerevoli scelte della quotidianità, come piatti, posate, cannucce, agitatori per bevande, aste per palloncini, bastoncini cotonati, alcune tipologie di contenitori in polistirolo, questo significa che si va a consolidare uno dei tre assi di innovazione. Un passaggio da leggere non tanto come un limite alle attività dell’industria ma come un invito, un incoraggiamento o un dovere verso i consumatori a consolidare il percorso verso la trasformazione nelle loro abitudini.

Accelerare l’offerta di prodotti e servizi alternativi alla plastica per rispondere agli stessi bisogni

Detto che l’industria nel suo complesso arriva preparata a questa trasformazione, il punto chiave è quello di approfittare di questo passaggio normativo per renderla scalabile e proseguire nel percorso di innovazione verso i bisogni soddisfatti dalla plastica (e non solo nel perimetro regolamentato da questo decreto), non più solo in termini di prodotti ma in termini di un ripensamento dei bisogni che attengono al ruolo dei prodotti realizzati in plastica.

Potrebbero esserci le condizioni per dare forma a una ulteriore spinta, anche nella direzione dei consumatori finali, di un passaggio dal prodotto al servizio e una sostituzione di prodotti oggi in plastica monouso con un servizio che preveda la soluzione di quel bisogno e che comprenda anche il recupero, la rigenerazione dell’utensile utilizzato stesso e la sua reintroduzione sul mercato.

La stessa ricerca di nuovi materiali, unita alla ricerca su nuove modalità di produzione (pensando all’attività di ricerca e sviluppo del mondo dei machine builder in modo particolare) può rappresentare una ulteriore occasione per compiere un passo in avanti nella direzione di una trasformazione sociale, nelle abitudini dei consumatori che si accompagna a una trasformazione industriale che apre a nuove forme di competitività per rispondere a questi bisogni.

Un nuovo modo per fare entrare gli SDGs nelle aziende e nelle case

Uno dei messaggi più incisivi dell’ultimo COP26 era legato alla necessità di “far entrare” gli SDGs nelle aziende e di consolidare il ruolo dei 17 obiettivi fissati dalle Nazioni Unite come “linee guida” per influenzare e per intrecciarsi con gli obiettivi delle imprese. In questo caso siamo nel solco di questo scenario: gli obiettivi ambientali della Direttiva Ue sono alla base di un testo della Single Use Plastic che parla esplicitamente dell’obiettivo 12 di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (ONU): garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo. Visto dalla prospettiva dell’industria significa creare le condizioni per preservare il valore dei prodotti e dei materiali il più a lungo possibile, vuol dire organizzare filiere di vendita e di post-vendita per generare sempre meno rifiuti trasformando il modo in cui si arriva a rispondere ai bisogni dei consumatori riducendo il consumo di risorse e la pressione sull’ambiente.

E forse oggi più che nel passato la palla passa all’industria, anche se come emerge da molti osservatori dalle istituzioni ci si aspettava un po’ di più, considerando gli obiettivi che hanno sostenuto questo percorso anche presso l’opinione pubblica. Sono note le minacce collegate all’utilizzo della plastica e in particolare delle abitudini di consumo associate alla plastica monouso come gravissima minaccia a livello di produzione di rifiuti con una particolare gravità per quanto riguarda il rapporto con gli oceani e con l’ambiente marittimo.

La plastica ha colpito pesantemente gli ecosistemi marini compromettendo il loro stato di salute e rappresenta oggi una minaccia crescente e costante per la vita di pesci e cetacei. Solo a livello di Unione europea una percentuale superiore all’80% dei rifiuti marini sono rappresentati dalla plastica. Se si guarda all’interno di questa montagna di rifiuti si scopre che la quota addebitabile alla plastica monouso arriva al 50% a cui si aggiunge una quota del 27% che è invece in capo ad attività che si svolgono nel mare come la stessa pesca. Ecco che questo decreto punta a contribuire anche al 14° obiettivo di sviluppo sostenibile degli SDGs, vale a dire “conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile”.

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