Digitalizzazione

Qualità e innovazione sempre più usate per differenziarsi dalla concorrenza, ma ancora pochi investimenti in tecnologie avanzate e sostenibilità

Secondo uno studio condotto da Bonfiglioli Consulting, i responsabili delle Operations si concentrano principalmente sulla differenziazione dalla concorrenza attraverso la qualità o l’innovazione di prodotto, sulla riduzione dei costi tramite l’ottimizzazione dei processi e sull’innovazione, nonché sulla riduzione generale dei costi. L’indagine coinvolge top manager di oltre 100 aziende operanti in diversi settori e rivela che la digitalizzazione, la sostenibilità e i cambiamenti socio-economici sono le principali sfide affrontate dalle filiere produttive.

Pubblicato il 02 Nov 2023

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Differenziazione dalla concorrenza attraverso la qualità o l’innovazione di prodotto (86%), la riduzione dei costi del prodotto attraverso l’ottimizzazione dei processi e innovazione e la riduzione dei costi tout-court: sono queste i principali focus dei responsabili delle Operations, secondo lo studio “What’s Next Nelle Operations?”, realizzato da Bonfiglioli Consulting, società italiana di consulenza specializzata nelle operations.

La ricerca ha coinvolto i top manager di oltre 100 aziende, di cui l’85% con oltre 100 addetti, operanti in 22 settori diversi: dagli impianti al metalmeccanico, dai beni di largo consumo all’automotive, dal life sciences all’elettronica e packaging.

Le domande hanno riguardato il futuro delle operations sulla base di tre direttrici fondamentali: operational excellence (processi di generazione, produzione e distribuzione del valore verso i clienti), trasformazione digitale (tecnologie per creare nuovo valore per i clienti e ritorni economici per l’azienda) e sostenibilità (ambiente e persone).

I temi rilevanti per le operati0ns nel futuro

In generale, il campione intervistato percepisce uno sviluppo positivo nel triennio Post Covid 2020-2023, in crescita rispetto ai principali indicatori: in aumento il Fatturato (55%), gli addetti (52%), la quota di mercato (51%) e la marginalità (31%). Solo il 7% dichiara una diminuzione o forte diminuzione del fatturato.

Le sfide e i rischi affrontati dalle odierne filiere produttive sono molteplici e diversificati e l’industria manifatturiera ha quindi già mostrato un’incredibile resilienza. Ma per rimanere competitivi è necessaria un’accelerazione delle tendenze già visibili e che stanno dando forma al futuro, ovvero: fine della iper-globalizzazione, rinascita di politiche protezionistiche, sostenibilità come nuovo status quo e cambiamenti socio-economici della società.

Di conseguenza, per la maggior parte degli intervistati gli obiettivi delle operations sono focalizzati sulla differenziazione dalla concorrenza attraverso la qualità (87%) o l’innovazione di prodotto (86%). Seguono: la riduzione dei costi del prodotto attraverso l’ottimizzazione dei processi e innovazione (83%) e la riduzione dei costi tout-court (60%).

La realizzazione di prodotti a basso impatto ambientale è l’obiettivo strategico delle operations per il 67% degli intervistati. Anche il fattore tempo gioca un ruolo fondamentale: rapidità e affidabilità di consegna è l’obiettivo per il 74% dei manager coinvolti, mentre la riduzione del time to market lo è per il 71%. Poco o scarso interesse invece verso la strategia di prodotti a basso costo, la focalizzazione su mercati di nicchia e personalizzazione dei prodotti.

Dall’idea all’implementazione, le aziende mancano ancora di visione strategica

Lo studio evidenzia che c’è ancora molto da fare sul fronte della strategia necessaria a passare dalla programmazione ai risultati concreti.

Meno del 20% delle aziende del campione ha infatti implementato un programma di Operational Excellence consolidato e in miglioramento e circa il 40% ne ha pianificato l’implementazione. Meno del 20% delle aziende ha implementato strumenti per trasformare la strategia in azione e circa il 31% ha pianificato l’implementazione.

Circa il 46% del campione analizzato dichiara di avere consolidato e in miglioramento un’organizzazione definita per ruoli e processi, mentre la pianificazione è prevista per circa il 65%del campione analizzato.

La situazione sul fronte delle risorse umane e delle architetture IT

La cultura della leadership e il controllo strategico delle risorse umane registrano indici di implementazione tra il 20% e il 30%, ma oltre il 50% delle aziende campione l’ha pianificata. I sistemi di training sono implementati e in miglioramento per il 26% delle aziende campione, ma per oltre il 27% l’implementazione non è ancora iniziata.

Anche il reclutamento e il mantenimento delle persone sembrano rappresentare un limite: Supply Chain, Manufacturing e Digitalizzazione/IT sono le aree in cui le aziende registrano maggiori difficoltà nel reperire risorse qualificate. Anche in questo caso, ai livelli più bassi delle leve utilizzate per attrarre nuove risorse si trovano i nuovi strumenti orientati soprattutto al web, come Employer branding e Employer Advocacy.

In miglioramento anche la situazione per quanto riguarda la gestione dei sistemi informatici delle aziende, anche se si tratta di un fronte dove la maggior parte del campione ha dichiarato di essere ancora indietro. L’architettura IT è infatti stata giudicata “consolidata e in miglioramento” solo per circa il 30% degli intervistati, ma oltre il 50% del campione ha pianificato azioni e progetti.

La Gestione Informatizzata è consolidata e in miglioramento nel 25% circa dei casi, ma è stata pianificata in vari livelli da oltre il 50% delle aziende coinvolte.

Supply chain, persiste un modello di gestione ancora “tradizionale”

Gli strumenti per creare catene di fornitura integrate come partnership, sistemi di free pass e workshop sono ampiamente implementati per il 25%, 26% e 5% rispettivamente circa del campione analizzato.

La qualità e il livello di servizio sono elementi importanti per circa il 40% del campione analizzato. Il prezzo però resta la priorità assoluta nella scelta dei fornitori per oltre il 36% del campione degli intervistati.

E anche se le prestazioni dei fornitori sono valutate molto e moltissimo per oltre il 45% del campione analizzato, un sistema di Vendor Rating strutturato è presente per meno del 30% del campione analizzato. Ne deriva un modello di gestione delle catene di fornitura ancora tradizionale con un cambio di paradigma ancora lontano.

Il 36% delle aziende ha ancora un livello di digitalizzazione “basso”

Notizie piuttosto scoraggianti sul fronte della digitalizzazione: mentre il 51% del campione definisce “buono” il proprio livello di digitalizzazione, per il 36% siamo ancora a un livello definito “basso”.

I processi sono digitalizzati per oltre il 40% del campione analizzato e la digitalizzazione è stata pianificata per oltre il 60%. In parallelo si sono implementate e si pianificano dashboard per rilevare KPI.

Siamo ancora lontani dalla cultura del dato come strumento necessario: i Big Data sono implementati solo per 11,8% del campione analizzato, ma quasi il 28% ne ha pianificato l’implementazione.

Sul fronte delle tecnologie adottate l’80% ha implementato un ERP e lo migliora costantemente e il 54% ha implementato un MES e lo migliora costantemente. Per quanto riguarda le tecnologie più innovative i numeri sono ancora bassi: solo il 27% ha implementato il cloud computing, il 20% IoT, il 4% AI e Machine Learning.

Infine, solo il 5% utilizza algoritmi di AI per predire i consumi, mentre altre tecnologie (dai Big Data alla Blockchain, Augmented e Virtual Reality e Cybersecurity e altre) non sono implementate né si prevede di farlo.

Ancora poche aziende investono in sostenibilità

Brutte notizie anche per quanto riguarda gli investimenti in sostenibilità. L’indagine non ha infatti rilevato slanci importanti in questo ambito.

Il 75% del campione intervistato dichiara di aver investito meno del 5% sul tema della sostenibilità. Il 38% prevede di aumentare gli investimenti fino al 20% nel prossimo anno. Il 6% lo ridurrà e il 51% lo manterrà invariato.

Quali leve spingono i manager a investire in sostenibilità? Per il 69% sono i vincoli governativi, mentre per il 55% la spinta della richiesta proveniente dall’opinione pubblica.

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Michelle Crisantemi

Giornalista bilingue laureata presso la Kingston University di Londra. Da sempre appassionata di politica internazionale, ho vissuto, lavorato e studiato in Spagna, Regno Unito e Belgio, dove ho avuto diverse esperienze nella gestione di redazioni multimediali e nella correzione di contenuti per il Web. Nel 2018 ho lavorato come addetta stampa presso il Parlamento europeo, occupandomi di diritti umani e affari esteri. Rientrata in Italia nel 2019, ora scrivo prevalentemente di tecnologia e innovazione.

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