Sostenibilità

Progettare l’innovazione in chiave ESG

L’imperativo di questa era del progresso tecnologico è applicare le varie tecnologie per valorizzare le innovazioni che generano “valore positivo”, in altri termini, che “fanno bene”

Pubblicato il 12 Feb 2021

Gabriella Barone

Strategic Marketing Manager Italiacamp

innovazione buona


È ormai superata la fase in cui le imprese pensavano che fosse sufficiente innovare e portare risultati economici per restare sul mercato. Così come è superata, se pur non ancora tradotta sempre in azioni e risultati concreti, la sola consapevolezza che non si debba nemmeno “distruggere valore” o semplicemente contenere i danni. Ora bisogna parlare di innovazione che fa “bene” o, volendo essere anglofoni, dell’innovation for good. Ma come definirla? Andando oltre il limitante concetto di sostenibilità, possiamo definirla come quell’innovazione che è in grado di generare valore sociale positivo.

Come fare buona innovazione

Nel 2015, insieme a un team di lavoro, abbiamo lanciato una piattaforma che potesse supportarci nell’attività di scouting di progetti di innovazione, le classiche e ormai tanto abusate call for ideas. Questa piattaforma consentiva, oltre che di pubblicare online le call, di gestire le candidature dei progetti, integrando anche un tool di selezione e reportistica. “Il portale delle idee” ha rappresentato negli anni la naturale evoluzione di una attività partita ben dieci anni fa ricevendo addirittura progetti in plichi postali. In quegli anni, il portale delle idee è stato un valido aiuto per sistematizzare grandi quantità di informazioni, per dare viste sintetiche delle progettualità raccolte e per ingaggiare esperti esterni nei processi di valutazione. In modo quasi inconsapevole ci ha aiutato a tirare fuori la “buona” innovazione, senza tuttavia supportarci in quella che è sempre stata l’attività più time consuming in cui erano concentrate le maggiori competenze, ossia il lavoro degli analisti nel ricercare i progetti di innovazione sociale a maggior potenziale e che, di volta in volta, fossero in grado di rispondere a specifici fabbisogni. Un processo fatto di chiamate, e-mail ma soprattutto di parole chiave googlate su motori di ricerca e banche dati fino a trovare i progetti e a reperirne tutte le informazioni utili alla loro valutazione, che permettessero di minimizzare il più possibile il rischio di errore.

Da buona innovazione a innovazione che fa bene

Negli ultimi anni le parole che ho googlato di più sono state quelle legate alle nuove tecnologie. Solo per fare qualche esempio: intelligenza artificiale, virtual/augmented reality, fintech, big data, autonomous car e tante altre, come se la ricerca di progetti innovativi basati su tali tecnologie fosse il fine ultimo verso cui orientare tutti gli sforzi. In tal modo, le innovazioni legate alle tecnologie o alla ricerca scientifica, purché adeguatamente sostenute da un ritorno economico più che soddisfacente e da un basso fattore di rischio, sono state per anni alla base delle ricerche e delle scelte di investimento di fondi, imprese e più in generale investitori.

Più recentemente, invece, le mie stesse ricerche si sono orientate in modo da rendere la tecnologia non più il fine ultimo ma piuttosto il mezzo: inclusione, educazione, nuove generazioni, lavori del futuro, accessibilità, sicurezza, salute sono solo degli esempi; tutte parole che esprimono quel concetto di “valore sociale positivo” di cui oggi non possiamo più permetterci di fare a meno.

Goldman Sachs (uno dei maggiori player del mondo della finanza) in uno dei suoi market insight pubblicato ad aprile 2020 sul suo sito, titolava: “Il COVID-19 e la crescente importanza della “S” in ESG[1].

Ne riporto testualmente il primo paragrafo: “Il COVID-19 ha portato alla luce l’importanza, della comunità, dei clienti e del personale per gli utili aziendali. Da tempo, sappiamo che la capacità di una società di essere resiliente nei periodi di difficoltà è radicata sia nei fattori finanziari che non finanziari, tra cui quelli ambientali, sociali e di governance (ESG)[2]. Sebbene l’attenzione negli investimenti ESG si sia storicamente concentrata sulle pratiche di governance (“G”) e sulle metriche ambientali (“E”), ora hanno preso massima rilevanza le questioni sociali”. L’arrivo del COVID-19 ci ha insegnato che considerare l’elemento sociale tra i fattori di rischio e quindi “come una questione economica fondamentale”, consente di fare delle previsioni più a lungo termine nel valutare la capacità di una organizzazione di essere “resiliente”. Ciò significa stabilire che la capacità di una organizzazione di affrontare e superare un imprevisto (ad es. una pandemia) dipende sempre di più dalla sua capacità di generare valore positivo: verso l’esterno con i suoi prodotti e servizi (verso clienti e comunità di riferimento e nelle relazioni con partner e altri stakeholder), e verso l’interno (ad es. verso i suoi dipendenti, nei suoi processi…).

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Larry Fink, cofondatore e presidente del colosso finanziario BlackRock, uno degli uomini più potenti e influenti del mondo secondo Forbes, nella sua lettera agli investitori “sdogana” definitivamente il rischio climatico come parte integrante delle strategie di investimento dei mercati finanziari, arrivando a dichiarare che: “Il rischio climatico è il rischio di investimento”. Fink invita le aziende a fare proprio un concetto allargato di stakeholder, andando oltre quello del valore economico finanziario e a considerare la sostenibilità in senso più ampio: “Più la società riuscirà a dimostrare il proprio scopo nel generare valore per i propri clienti e dipendenti e per le comunità di riferimento, più diventerà competitiva e potrà generare profitti duraturi a lungo termine per gli azionisti”[3].

Ripensare le organizzazioni in termini di generazione di valore fa quindi assumere un nuovo connotato al concetto stesso di innovazione (tecnologica in questo caso) e alle finalità a essa più connesse. Se, infatti, tradizionalmente l’innovazione è portatrice in una organizzazione di efficacia, efficienza, rapidità dei processi e quindi risultato, oggi occorre anche chiedersi se e quando essa generi valore positivo che, detto in altri termini, altro non è che generare impatto in modo intenzionale e misurabile.

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L’utilizzo, ad esempio, di una tecnologia potente come l’intelligenza artificiale, che sia addirittura in grado di apprendere dalle scelte degli analisti, implicherà probabilmente il dover sviluppare una intelligenza artificiale value oriented, ossia che integri nelle sue istruzioni anche criteri di valutazione orientati al good (economico e sociale). Perché se è vero che il concetto di impatto ambientale è in qualche modo riconducibile a degli indicatori oggettivi (ad es. minori emissioni di CO2, contenimento del riscaldamento ambientale…), non altrettanto facile (e qui di resilienza ne servirà tanta) sarà trovare un set valoriale e degli indicatori che sappiano tradurre il modo in cui si genera valore in senso più allargato.

  1. Fonte: https://www.gsam.com/content/gsam/che/it/advisors/market-insights/gsam-connect/2020/COVID-19_and_the_Rising_Importance_of_the_S_in_ESG.html
  2. ESG sta per Environmental, Social and Governance – Gli ESG sono una serie di standard per le operazioni di un’azienda che gli investitori socialmente consapevoli utilizzano per monitorare i potenziali investimenti.
  3. Fonte: https://www.blackrock.com/it/investitori-privati/2021-larry-fink-lettera-ceo

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Gabriella Barone
Strategic Marketing Manager Italiacamp

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