È l’elemento chimico più leggero in natura e più abbondante nell’universo. Se ne parlava già 30 anni fa, ma i tempi allora non erano ancora maturi. Oggi sembra tornare in auge, al punto da essere inserito nelle strategie europee per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili. Si tratta dell’idrogeno, vettore energetico a cui è stata dedicata la puntata di ieri sera di Italia 4.0, la trasmissione di Class CNBC andata in onda sul canale 507 di Sky e condotta da Simone Cerroni che potete rivedere in streaming all’indirizzo video.milanofinanza.it.
Il tema del suo inserimento nella roadmap Europea verso la decarbonizzazione, ovvero il processo di riduzione del rapporto carbonio-idrogeno nelle fonti di energia, è stato approfondito con:
- Giulia Monteleone ENEA, Resp. idrogeno e celle a combustibile
- Alberto Dossi, Presidente H2IT – Associazione Italiana Idrogeno e Celle a Combustibile
- Stefano Besseghini, Presidente di Arera – Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente
- Stefano Grassi, Capo Gabinetto della Commissaria all’Energia della Commissione Europea
- Carlo Zorzoli, Responsabile Business Development di Enel Green Power
Si tratta di un settore con una cifra d’affari stimata in 130 miliardi di euro al 2030 e 820 miliardi al 2050, tutto da costruire, gestire e regolare. Ma come si usa, a cosa serve e come verrà impiegato l’idrogeno nella vita quotidiana?
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Blu, grigio e verde: tutti i colori dell’idrogeno
Pur essendo abbondantemente presente in natura, l’idrogeno non esiste come molecola unica, ma combinato con altri elementi, come l’acqua, gli idrocarburi e le sostanze minerali.
“Quando si parla di idrogeno blu ci si riferisce a quello ottenuto dal gas naturale fossile senza emissioni di CO2. “L’idrogeno grigio è quello estratto dagli idrocarburi e comporta emissione di CO2 in atmosfera. Estrarlo dalla molecola dell’acqua non comporta invece emissione di CO2 ed è quindi verde”, spiega Giulia Monteleone. “L’attività di ricerca non si è mai fermata, oggi questo vettore riceve di nuovo attenzioni perché c’è l’opportunità di produrlo a partire dall’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, sfruttando i surplus nei momenti di picco”.
La strategia europea: 10 tonnellate di idrogeno nel 2030
L’idrogeno non è una fonte primaria di energia, ma un vettore: può essere utilizzato per alimentare sistemi di trasporto, ma anche per produrre energia elettrica al posto di gas e carbone.
Nella strategia europea rappresenta una componente chiave per raggiungere l’obiettivo di zero emissioni di carbonio al 2050. “L’obiettivo è rendere l’idrogeno pulito, ovvero ottenuto da solare e eolico, una soluzione praticabile su scala comunitaria nei settori dove l’elettrificazione non può arrivare o non è efficiente”, dice Stefano Grassi. “La tabella di marcia ha tempi chiari: vogliamo arrivare a una produzione di 1 tonnellata di idrogeno verde al 2024 e 10 tonnellate al 2030. Oggi però l’idrogeno verde è meno del 4% della produzione di idrogeno: l’obiettivo è scalare in tempi rapidi questa produzione di molti fattori, in questo decennio”.
Come fare? Per arrivarci, sottolinea ancora Grassi, servono quattro elementi: riduzione del costo produzione, riduzione ulteriore del prezzo dell’energia rinnovabile, un embrione di rete di trasporto, un quadro regolatorio chiaro che dia certezza agli investimenti.
La strategia italiana: 2 miliardi di euro nel PNRR
Il ministro Cingolani si è impegnato a presentare entro fine aprile la strategia italiana sull’idrogeno. “Sono state varate le linee guida e definiti 6 punti cardine”, conferma Alberto Dossi, ovvero: “penetrazione al 2%, 8 milioni di tonnellate di CO2 emesse, circa 5 GW installati, ricadute occupazionali con 200 mila posti di lavoro temporanei e 10 mila fissi, fino a 10 miliardi di euro di investimenti, fino a 27 miliardi di contributo in termini di Pil”.
L’idrogeno verde ha però un costo importante, ed è fondamentale cercare di approntare una normativa chiara e duratura che sia abilitante per fare investimenti. “Nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza c’è un capitolo dedicato a energie rinnovabili, idrogeno e mobilità sostenibile di 18,2 miliardi: di questi all’idrogeno sono stati dedicati 2, mentre la Germania ne ha destinati 9 e la Francia 7”.
Intanto è già stato avviato il progetto di realizzazione della prima Hydrogen Valley italiana presso il Centro Ricerche Enea Casaccia, alle porte di Roma, un insieme di infrastrutture hi-tech per la ricerca e la sperimentazione lungo tutta la filiera dell’idrogeno: dalla produzione alla distribuzione, dall’accumulo all’utilizzo come materia prima per la produzione di combustibili puliti e come vettore energetico, per ridurre le emissioni di CO2 nell’industria, nella mobilità, nella generazione di energia e nel residenziale.
Il nodo dei costi
Il primo ostacolo nella roadmap è costituito dal costo di produzione dell’idrogeno verde. “Oggi viene già prodotto, ben 70 milioni di tonnellate, ma non viene usato ai fini energetici, bensì come materia prima in qualche processo industriale”, sottolinea Carlo Zorzoli. “Il primo passo da fare è la decarbonizzazione dell’idrogeno che già si produce, perché per farlo bisogna solo sostituire la materia prima”.
Dello stesso parere Stefano Besseghini, secondo il quale “l’idrogeno è ancora in una fase in cui l’innovazione va promossa e sviluppata”.
La sfida sarà dunque trovare il punto di contatto tra la transizione energetica e la sostenibilità dei costi dell’idrogeno: fondamentale sarà la collaborazione tra pubblico e privato, ma la politica dovrà fare la sua parte.