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AI generativa, Machine Learning o AI tradizionale? Come scegliere tra queste tecnologie, quando usarle e che competenze servono

Nel corso di un webinar che ha coinvolto Cefriel e Datapizza, Bosch Rexroth ha esplorato (anche attraverso esempi concreti) quali opportunità le imprese possono cogliere dall’Intelligenza Artificiale generativa e come fare per mettere a terra, con successo, applicazioni basate su questa tecnologia.

Pubblicato il 07 Nov 2024

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Se il 2023 è stato l’anno in cui l’AI generativa (o GenAI) è stata tra le tecnologie più attenzionate dal mercato, il 2024 ha visto l’implementazione presso le aziende di diversi progetti e casi d’uso, trainati dal bisogno di maggiore efficienza e sostenibilità, dall’offerta di sistemi computazionali dedicati – con dei modelli sempre più sofisticati – e dall’aumentare degli investimenti.

Ma quando è opportuno affidarsi a questa tecnologia e cosa può fare, ad oggi? Quando è invece necessario utilizzare il Machine Learning? E come si posiziona la GenAI rispetto al panorama delle soluzioni di Intelligenza Artificiale “tradizionale”?

Di questo si è parlato nel corso del webinar dedicato all’AI promosso da Bosch Rexroth in collaborazione con Cefriel e Datapizza, Tech Community italiana che riunisce oltre 400.000 professionisti e innovatori del settore software e intelligenza artificiale.

Il webinar è stata l’occasione per fare chiarezza sulle diverse caratteristiche dell’AI, della GenAI e del Machine Learning (ML), sulle figura professionali e le competenze di cui le aziende hanno bisogno per implementare casi d’uso basati su queste tecnologie.

AI, GenAI o Machine Learning?

Nel linguaggio comune, si tende erroneamente a percepire l’Intelligenza Artificiale, il Machine Learning e l’AI generativa come se fossero differenti fasi evolutive della stessa tecnologia.

Tuttavia, si tratta di tre tecnologie basate su un funzionamento e una logica ben distinte (per un approfondimento vi rimandiamo a questo articolo).

“L’AI, nel suo senso più ampio, rappresenta l’abilità delle macchine di imitare le capacità cognitive umane, mentre il Machine Learning è un subset di AI che adotta un approccio molto diverso dalla programmazione classica”, spiega Pierpaolo D’Onorico, Co-Founder di Datapizza.

“Nella programmazione classica di un algoritmo di AI abbiamo degli input (dati) che, seguendo un set di regole da noi stabilite daranno un determinato output. Nel Machine Learning si segue un approccio diverso perché i problemi sono così complessi che non c’è un set di regole che possiamo stabilire a priori”, aggiunge.

Il Machine Learning si basa invece su grandi quantità di dati (input e output) che permettono all’algoritmo di estrarre autonomamente un set di regole che consentono alla macchina di apprendere e adattarsi a nuove situazioni.

All’interno del ML, il Deep Learning utilizza reti neurali per simulare il funzionamento del cervello umano, consentendo applicazioni avanzate, come la Machine Vision.

“È in questo contesto che emerge l’AI generativa, un ramo del Deep Learning dotato di particolari reti neurali in grado di generare nuove forme di conoscenza sotto forma di codice, testo, video e immagini. Questi applicativi riescono a fare applicazioni più complesse,” sottolinea D’Onorico.

Quando conviene usare l’AI generativa (e quando no)?

La Generative AI (GenAI) sta rapidamente trasformando una vasta gamma di settori grazie alla sua capacità di generare testo e codice, oltre ad analizzare dati complessi.

Se per applicazioni “general purpose”, le soluzioni oggi presenti sul mercato possono offrire output soddisfacenti, nelle applicazioni verticali è ancora necessario intervenire sull’output per garantirne l’accuratezza.

Le applicazioni di data analysis e augmentation rappresentano un altro settore promettente, poiché in questo contesto l’AI generativa consente di analizzare dati in maniera approfondita per creare report, dati aggregati e sintetici basati su caratteristiche ben definite.

Inoltre, nell’ambito delle interazione uomo-macchina, la GenAI offre la possibilità di fornire risposte basate su un ampio numero di fonti, grazie alla sua capacità di generare un output più vicino al linguaggio umano, rendendo le interazioni più conversazionali.

Nonostante le sue potenzialità, ci sono ambiti in cui la GenAI non offre ancora performance ottimali.

“L’AI generativa è stata allenata su dati passati e presenti, ma fatica a elaborare scenari complessi e a fare previsioni accurate”, spiega Andrea Villa, Smart Industry Research Lead, Cefriel.

Allo stesso modo, in termini di pianificazione, gli algoritmi di ottimizzazione e i modelli di simulazione offrono ad oggi risultati migliori.

Infine, la GenAI non offre ancora output adeguati a prendere decisioni, in autonomia, relative al business.

“In questo ambito, la GenAI ha due problemi principali: il processo attraverso cui arriva a un risultato non è facilmente comprensibile, e potrebbe fornire risultati incoerenti nel tempo. Pertanto, non è adatta per compiti che richiedono decisioni affidabili e coerenti”, aggiunge Villa.

AI generativa, le applicazioni su cui stanno già puntando le imprese

L’AI generativa è quindi oggi una tecnologia che presenta tante potenzialità, numerosi vantaggi già misurabili ma anche diverse criticità. Tra queste, vi è il rischio che quella che viene da molti considerata una tecnologia che può agevolare in particolar modo le PMI (come riporta un recente studio di THEA Group e Microsoft) possa alimentare il divario già esistente tra le grandi aziende e le imprese di media e piccola dimensione. 

A dare indicazione che questo stia già accadendo sono i risultati della ricerca condotta dall’Osservatorio Digital Innovation del Politecnico di Milano rivela che il 49% delle grandi aziende sta esplorando le potenzialità della GenAI, una percentuale che scende drasticamente al 10% nelle medie imprese e al 6% nelle piccole.

Sul fronte dei progetti sperimentali, il 14% delle grandi imprese ha già intrapreso iniziative in questo campo, mentre solo il 4% delle medie e il 2% delle piccole aziende hanno seguito lo stesso percorso.

Coloro che stanno implementando progetti di GenAI lo fanno principalmente per aumentare la produttività e per applicazioni di AI conversazionale, entrambi citati dal 43% del campione. Altre applicazioni includono la data augmentation (26%) e la creazione di contenuti, quest’ultima rappresentata dal 20% del campione, con tutti progetti nello stadio pilota.

Guardando al futuro, solo il 34% delle grandi organizzazioni dichiara di non aver in programma progetti e investimenti nei prossimi mesi, percentuale che sale all’86% delle medie e il 92% delle piccole imprese riportano una totale assenza di iniziative legate all’AI.

“Oggi vediamo che chi ha già attivato progetti in ambito AI è più propenso a vedere i vantaggi di questo approccio e quindi tende ad avviare nuovi progetti. Nel lungo periodo, questo divario crescente è un ‘segnale di attenzione’, poiché potrebbe amplificare ulteriormente la distanza tra grandi e medie imprese e le piccole”, aggiunge Villa.

Dalla raccolta dei dati alle applicazioni: le figure professionali di cui le aziende hanno bisogno per mettere a frutto i dati raccolti

Nel complesso panorama delle tecnologie AI, le aziende devono dotarsi di una serie di risorse specializzate per costruire una solida struttura di data science.

“Nel mondo dei dati e AI non c’è solo l’AI, che è anzi la punta di una piramide dei bisogni di data science. Questa piramide di necessità inizia dalle fondamenta e richiede una gerarchia di competenze per arrivare all’applicazione finale”, sottolinea D’Onorico.

Alla base di questa struttura ci sono i Data Engineer, professionisti di stampo informatico responsabili della raccolta di dati da fonti esterne e della loro organizzazione nei database aziendali in un ambiente sicuro.

Segue la figura del Data Analyst, che si colloca più vicino al business oltre che alla tecnologia e si occupa di trasformare i dati in conoscenza attuabile per tutte le figure aziendali, comprese quelle non tecniche.

Il Data Scientist, invece, è una figura multidisciplinare con un forte background matematico, il cui lavoro si concentra sull’uso dei dati per creare scenari futuri e condurre test, scegliendo i modelli e gli algoritmi più adatti.

D’Onorico evidenzia inoltre l’importanza emergente del Machine Learning Engineer, che prende gli algoritmi sviluppati dai Data Scientist e li rende operativi attraverso piattaforme cloud, automatizzandone il funzionamento.

Infine, l’AI Engineer rappresenta un mix tra Data Scientist e Machine Learning Engineer. Questa figura non crea nuovi modelli ma si occupa di selezionare il modello più adatto, partendo da un modello generale per personalizzarlo e adattarlo a casi d’uso specifici attraverso il fine-tuning.

Questo complesso ecosistema di ruoli permette alle aziende di affrontare le sfide delle tecnologie AI con un approccio strutturato e integrato.

Come si implementa un progetto di AI? Un caso di successo presentato da Cefriel

Per spiegare come si approccia un progetto in cui si vuole implementare il Machine Learning o l’AI, Cefriel ha presentato nel corso del webinar un’applicazione sviluppata per un’azienda che utilizza macchine a controllo numerico per la lavorazione del legno.

Per il contesto produttivo, la principale preoccupazione dell’azienda era prevenire gli incendi. A causa del fumo generato naturalmente durante la lavorazione, l’uso di sistemi antincendio tradizionali è risultato impraticabile, costringendo l’azienda a fare affidamento su un controllo visivo della camera per identificare condizioni critiche come scintille, fumo e fuoco.

L’approccio iniziale ha coinvolto l’uso del sistema di webcam esistente, implementando algoritmi di computer vision.

“In un primo momento ci siamo interrogati su come utilizzare l’intelligenza artificiale, considerando se sfruttare il Machine Learning direttamente o scrivere algoritmi personalizzati. Dato il limitato numero di immagini relative a scintille e fuoco rispetto al volume di immagini di produzione, l’addestramento di un algoritmo ML risultava impraticabile”, spiega Villa.

Di conseguenza, è stato scelto un approccio classico, sviluppando algoritmi di computer vision scritti manualmente per rilevare scintille, fumo e fiamme.

“Questo sistema ha funzionato per tre mesi, durante i quali sono state raccolte immagini parzialmente classificate dall’algoritmo. Successivamente, l’integrazione con il Machine Learning ha permesso di allenare un algoritmo che è stato confrontato con il sistema esistente, dimostrando discreti risultati”, aggiunge.

Il passo successivo prevede l’uso della Generative AI per creare un dataset che velocizzi il processo di addestramento, abilitando una raccolta dati e un training a lungo termine facilitato attraverso il machine learning.

Questo approccio integrato non solo migliora l’efficacia del sistema di rilevamento, ma rappresenta un esempio di come le tecnologie AI possano essere sfruttate per risolvere problemi specifici nel settore manifatturiero.

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Michelle Crisantemi

Giornalista bilingue laureata presso la Kingston University di Londra. Da sempre appassionata di politica internazionale, ho vissuto, lavorato e studiato in Spagna, Regno Unito e Belgio, dove ho avuto diverse esperienze nella gestione di redazioni multimediali e nella correzione di contenuti per il Web. Nel 2018 ho lavorato come addetta stampa presso il Parlamento europeo, occupandomi di diritti umani e affari esteri. Rientrata in Italia nel 2019, ora scrivo prevalentemente di tecnologia e innovazione.

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