PNRR, ecco come saranno investiti 4,3 miliardi per riformare il sistema della ricerca

La Ministra Messa ha presentato il piano con cui il Governo punta a rivoluzionare il sistema della ricerca in Italia, grazie alle risorse del PNRR (a cui seguiranno quelle messe a disposizione dalle Leggi di Bilancio, dopo il 2026) e le riforme che faciliteranno la mobilità dei ricercatori tra università, centri di ricerca e imprese. I fondi messi in campo, 4,3 miliardi di euro, sono serviti a mettere a terra i progetti, le strutture e le reti di ricerca previsti dalla Componente 2 della Missione 4 del PNRR, “Dalla ricerca all’impresa”.

Pubblicato il 29 Giu 2022



Cinque Centri Nazionali per la ricerca in filiera, 11 Ecosistemi dell’innovazione e 49 Infrastrutture di ricerca e tecnologiche di innovazione: è questo il sistema che promuoverà la ricerca nel nostro Paese nei prossimi anni, grazie ai 4,3 miliardi di euro messi a disposizione dal PNRR, che il Ministero dell’Università e della ricerca ha assegnato in sei mesi, attraverso delle procedure competitive.

Un sistema che, come ha spiegato la Ministra Cristina Messa, servirà sia a colmare il divario tra ricerca scientifica e applicata – che vede il nostro Paese eccellere nella prima, a fronte di posizioni meno dignitose nelle classifiche mondiali per quanto riguarda la ricerca applicata –, stimolare la mobilità dei ricercatori italiani e attrarre talenti esteri.

“Un lavoro senza precedenti, paragonabile allo sforzo incredibile fatto per arrivare in solo un anno alla produzione di vaccini per il Covid-19” – lo ha definito la Ministra – , all’insegna della collaborazione tra pubblico e privato, come previsto dalla Componente “Dalla ricerca al business” della Missione “Istruzione e Ricerca” del Piano nazionale di ripresa e resilienza (M4C2).

Uno sforzo per rivoluzionare il sistema della formazione e della ricerca nel nostro Paese che si servirà, oltre delle risorse del PNRR, di fondi che nel futuro saranno messi a disposizione dalle Leggi di Bilancio (per assicurare la continuità degli interventi dopo il 2026) e delle tante riforme di semplificazione in programma, che serviranno a rimuovere i paletti che ostacolano la circolazione dei ricercatori, oltre che a rendere il sistema della ricerca più attraente per i talenti esteri e in grado di trattenere quelli formati “in casa”.

“Oggi il sistema italiano è pronto ad accogliere nuove figure e competenze, anche dall’estero, oltre che gli investimenti ulteriori per la ricerca che dovessero arrivare. Università, istituzioni dell’alta formazione artistica, enti di ricerca, enti e istituzioni pubbliche e private, imprese hanno lavorato insieme, forse come mai prima avevano fatto, presentando progetti di altissima qualità tecnico-scientifica riconosciuta dagli esperti stranieri che li hanno valutati: le soluzioni ai tanti problemi complessi di oggi e di domani dipenderanno dalla capacità di inventare, collaborare, trasformare e innovare”, ha spiegato la Ministra.

I Centri Nazionali per la ricerca in filiera

I cinque Centri nazionali – grazie a un investimento complessivo di 1,6 miliardi di euro – sono aggregazioni di università, di enti e organismi pubblici e privati di ricerca, di imprese presenti e distribuite sull’intero territorio nazionale e sono organizzati con una struttura di governance di tipo Hub & Spoke, con l’Hub che svolgerà attività di gestione e coordinamento e gli Spoke quelle di ricerca.

Queste reti – ognuna finanziata con circa 320 milioni di euro – sono dedicate alla ricerca di frontiera in ambiti tecnologici coerenti con le priorità dell’Agenda della Ricerca europea (KET), con riferimento a cinque aree individuate come strategiche per lo sviluppo del Paese:

  • Simulazioni, calcolo e analisi dei dati ad alte prestazioni
  • Agritech
  • Sviluppo di terapia genica e farmaci con tecnologia a RNA
  • Mobilità sostenibile
  • Biodiversità.

Sono, complessivamente, 55 le università italiane e le Scuole Superiori coinvolte, molte impegnate in più Centri con professori, ricercatori, dottorandi di diversi dipartimenti. Lo stesso vale per gli enti pubblici di ricerca e altri organismi di ricerca pubblici o privati, 24 in tutto, che mettono in rete i diversi istituti presenti in tutta Italia, e per alcune imprese (65 in tutto quelle partecipanti ai 5 Centri). In tutto, i partecipanti ai Centri sono 144.

Gli investimenti serviranno per assumere ricercatori e personale da dedicare alla ricerca (di cui almeno il 40% donne), per creare e rinnovare le infrastrutture e i laboratori di ricerca, per realizzare e sviluppare programmi e attività di ricerca dedicati alle cinque tematiche, per favorire la nascita e la crescita di iniziative imprenditoriali a più elevato contenuto tecnologico come start-up e spin off da ricerca, per valorizzarne i risultati.

Particolare attenzione, oltre alla tematica di genere, verrà data alla valorizzazione delle risorse del Mezzogiorno, a cui è assegnata una quota del 42% delle risorse disponibili.

Gli ecosistemi di innovazione territoriale

Gli 11 Ecosistemi di innovazione territoriale, che potranno contare su un investimento complessivo di 1,3 miliardi di euro (di cui il 42% da destinare al Mezzogiorno), sono reti di università statali e non statali, enti pubblici di ricerca, enti pubblici territoriali, altri soggetti pubblici e privati altamente qualificati e internazionalmente riconosciuti.

Compito di questi attori, organizzati anch’essi secondo una struttura di governance di tipo Hub & Spoke, sarà intervenire su aree di specializzazione tecnologica coerenti con le vocazioni industriali e di ricerca del territorio di riferimento, regionale o sovraregionale, promuovendo e rafforzando la collaborazione tra il sistema della ricerca, il sistema produttivo e le istituzioni territoriali.

Gli Ecosistemi saranno quindi luoghi di contaminazione e collaborazione con finalità di alta formazione, innovazione e ricerca basati sulle vocazioni territoriali.

Sono, complessivamente, 60 le università italiane, le istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica e le Scuole Superiori coinvolte, alcune impegnate in più Ecosistemi con professori, ricercatori, dottorandi di diversi dipartimenti. Lo stesso vale per gli enti pubblici e gli enti pubblici di ricerca, 29 in tutto, che mettono in rete i diversi istituti presenti in tutta Italia, e per alcune imprese (133 in tutto quelle partecipanti agli 11 Ecosistemi). In tutto i partecipanti agli Ecosistemi sono 222.

Hanno l’obiettivo di agevolare il trasferimento tecnologico e accelerare la trasformazione digitale dei processi produttivi delle imprese in un’ottica di sostenibilità economica e ambientale e di impatto sociale sul territorio.

Le risorse a disposizione finanziano attività di ricerca applicata, di formazione per ridurre il disallineamento tra le competenze richieste dalle imprese e quelle offerte dalle università, la valorizzazione dei risultati della ricerca con il loro trasferimento all’impresa, il supporto alla nascita e sviluppo di start-up e spin off da ricerca, promuovendo le attività e i servizi di incubazione e di fondi venture capital.

Le Infrastrutture di ricerca e tecnologiche di innovazione

Le Infrastrutture di ricerca – grazie a un investimento complessivo di 1,08 miliardi di euro – sono gli impianti, le risorse e i relativi servizi utilizzati dalla comunità scientifica per compiere ricerche nei rispettivi settori. Il loro compito sarà proprio quello di concentrarsi su tematiche e progetti che colleghino il settore industriale con quello accademico.

Comprendono gli impianti o i complessi di strumenti scientifici, le risorse basate sulla conoscenza quali collezioni, archivi o informazioni scientifiche strutturate e le infrastrutture basate sulle tecnologie abilitanti dell’informazione e della comunicazione, il materiale informatico, il software, gli strumenti di comunicazione e ogni altro mezzo necessario per condurre la ricerca.

Sono nove gli enti di ricerca e le università italiane che hanno proposto i 24 progetti di potenziamento/creazione o networking di Infrastrutture di ricerca e che verranno finanziati per un totale di 931 milioni di euro. Con le risorse residue, come indicato anche nel bando, potranno essere sostenute ulteriori proposte.

A queste si aggiungono le Infrastrutture tecnologiche di innovazione – grazie a un investimento complessivo di 500 milioni di euro – sono strutture, attrezzature, capacità e servizi per sviluppare, testare e potenziare la tecnologia per avanzare dalla convalida in un laboratorio fino a livelli di preparazione tecnologica più elevati prima dell’ingresso del mercato competitivo.

Opereranno in settori produttivi e ambiti territoriali definiti dalla comunità di sviluppo e innovazione, principalmente piccole e medie imprese o filiere tecnologiche produttive, che le utilizzano per sviluppare e integrare tecnologie innovative verso la commercializzazione di nuovi prodotti, processi e servizi.

Sono 16 gli enti di ricerca e le università italiane che hanno proposto i 25 progetti che verranno finanziati complessivamente con poco più di 333 milioni, con la quota di risorse da destinare al Mezzogiorno che in questo caso sale al 50% per le Infrastrutture di ricerca e al 51% per quelle tecnologiche di innovazione.

Le riforme necessarie e il monitoraggio degli obiettivi

“Nella prima fase il funzionamento di questo sistema sarà attentamente monitorato, posso dire che ci sederemo al tavolo ogni due mesi“, ha confermato la Ministra, che ha anche sottolineato il ruolo importante che assumeranno, nel promuovere questo nuovo ecosistema della ricerca in Italia, le riforme.

A partire dalle riforme per semplificare e promuovere la flessibilità all’interno del sistema di istruzione, tra cui la riforma delle classi di laurea e delle lauree abilitanti e quella dei dottorati. Importante, al fine di promuovere la mobilità dei ricercatori, è la riforma per la semplificazione e la mobilità tra università, enti di ricerca e imprese, che include:

  • la semplificazione dell’intero processo di presentazione dei progetti di ricerca
  • una nuova regolamentazione di mobilità di prof e manager da università, enti di ricerca e imprese
  • la riforma del preruolo

“Abbiamo creato le basi – ha aggiunto la Ministra – grazie anche a riforme e semplificazioni, per un nuovo sistema di collaborazione in grado di creare filiere di ricerca, innovazione e trasferimento tecnologico per l’Italia del futuro. Abbiamo dimostrato che anche qui, in soli sei mesi, si possono assegnare risorse per miliardi di euro in modo competitivo, trasparente ed efficiente. Ci sono davvero grandi spazi per la creatività e le competenze di giovani ricercatrici e ricercatori, per sperimentare scambi tra pubblico e privato, per stimolare la nascita di startup e spinoff”.

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Michelle Crisantemi

Giornalista bilingue laureata presso la Kingston University di Londra. Da sempre appassionata di politica internazionale, ho vissuto, lavorato e studiato in Spagna, Regno Unito e Belgio, dove ho avuto diverse esperienze nella gestione di redazioni multimediali e nella correzione di contenuti per il Web. Nel 2018 ho lavorato come addetta stampa presso il Parlamento europeo, occupandomi di diritti umani e affari esteri. Rientrata in Italia nel 2019, ora scrivo prevalentemente di tecnologia e innovazione.

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