Quando si parla di rifiuti, si tende spesso a concentrarsi – anche per i problemi che interessano alcune grandi città italiane – sulla produzione dei rifiuti urbani, ovvero quegli scarti domestici indifferenziati e quelli legati alla raccolta differenziata. Eppure, esiste un altro range di rifiuti che riveste altrettanta importanza per le aziende e che segue logiche, normative e procedure completamente diverse: parliamo dei rifiuti speciali, categoria definita nel dettaglio dall’art. 184, comma 3 del D. Lgs. 152/2006 e che comprende tutti quegli scarti prodotti dalle attività economiche. A seconda della loro tipologia, consistenza, volume e provenienza, i rifiuti speciali devono essere gestiti attraverso tecniche e procedure mirate, con lo scopo di evitare il rilascio di materiali pericolosi per l’ambiente nelle fasi di raccolta e di smaltimento.
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Smaltimento rifiuti speciali, i numeri
Il rapporto Rifiuti Speciali Edizione 2023 di ISPRA consente di comprendere appieno le dimensioni della produzione di questo tipo di scarti. Secondo il documento, nel 2021 la produzione di rifiuti speciali nel nostro Paese si è attestata a quota 165 milioni di tonnellate, segnando un aumento del 12,2% rispetto all’anno precedente, corrispondente a quasi 18 milioni di tonnellate. L’incremento è legato soprattutto alla particolarità del 2020, caratterizzato dalla pandemia da Covid-19 sul contesto economico nazionale anche se, va detto, la produzione di rifiuti speciali del 2021 è risalita oltre i livelli del 2019.
Il maggior contributo alla produzione complessiva dei rifiuti speciali è dato dal settore delle costruzioni e demolizioni che, con 78,7 milioni di tonnellate, copre il 47,7% del totale prodotto. A ruota seguono i rifiuti speciali derivanti dalle attività di trattamento di rifiuti e di risanamento ambientale (24,2%) e da quelle manifatturiere (18,2%), corrispondenti in termini quantitativi, rispettivamente, a 39,9 milioni di tonnellate (comprensive dei quantitativi di rifiuti derivanti dal trattamento dei rifiuti urbani) e a 30,1 milioni di tonnellate.
Il rapporto mette poi in evidenza quanto i rifiuti speciali siano strettamente correlati alle attività economiche: la produzione si concentra nel Nord Italia, dove il tessuto industriale è più sviluppato, con quasi 96,4 milioni di tonnellate (58,4% del dato complessivo nazionale), mentre il Centro si ferma a 27,2 milioni di tonnellate (16,5% del totale) e il Sud a 41,3 milioni di tonnellate (25,1%).
Le notizie più interessanti arrivano però dalla lettura dei dati relativi al trattamento di questi rifiuti, che restituiscono il quadro di un settore funzionante e già predisposto alla circolarità: l’avvio dei rifiuti a forme di recupero (da R2 a R12) si conferma la forma di gestione prevalente, con il 72,1% (128,3 milioni di tonnellate), seguono con il 10% le operazioni intermedie di smaltimento e, con il 5,7% lo smaltimento in discarica. Residuali, infine, rispettivamente con l’1% e con lo 0,6%, le quantità avviate al coincenerimento e all’incenerimento. Il PNRR aveva previsto di incentivare ulteriormente il recupero dei rifiuti speciali, eppure non tutto ha funzionato per il verso giusto: alcuni fondi stanziati inizialmente a questo scopo sono stati poi destinati alla copertura di altre voci.
L’attenzione verso la normativa
Ma quali sono i meccanismi che incidono sulla gestione, recupero e smaltimento dei rifiuti speciali? Claudio De Persio, Amministratore Delegato per lo Sviluppo Commerciale del gruppo Haiki+, restituisce il quadro di un mondo fortemente influenzato dalle normative in essere. “Le aziende che producono rifiuti speciali sono obbligate ad affidarli a quelle realtà che sono autorizzate a trattarli. Mi sento di affermare che, per quanto riguarda i rifiuti speciali, oggi esiste una sicurezza di smaltimento al 100%”, riporta l’AD.
Nel contesto attuale di crescente consapevolezza ambientale e responsabilità sociale delle imprese, il rispetto rigoroso della normativa in materia di smaltimento dei rifiuti speciali è diventato un vero e proprio imperativo. La gestione di questo tipo di rifiuti, a causa del grado di pericolosità o complessità, richiede però una conoscenza approfondita e una rigorosa interpretazione delle leggi e dei regolamenti pertinenti. Per questo, si rivela cruciale scegliere un partner che possa supportare l’azienda nel labirinto normativo e, soprattutto, traghettarla verso la corretta integrazione dei principi di economia circolare.
Perché puntare sulla gestione integrata
In questo senso, la gestione integrata dei rifiuti – anche per questa particolare filiera – svolge un ruolo cruciale nell’agevolare le imprese nell’adempimento delle proprie responsabilità ambientali. Il gruppo Haiki+, con le sue quattro nuove divisioni, soddisfa appieno a questa esigenza. “Prendiamo il caso di Haiki Cobat”, indica De Persio, “siamo una società che è in grado di intercettare tutti i rifiuti che provengono, ad esempio, dalle apparecchiature elettriche ed elettroniche, come batterie al litio e al piombo o pannelli fotovoltaici. Haiki Cobat raccoglie questi scarti per conto dei consorzi di filiera, di cui fanno parte quelle aziende che immettono sul mercato prodotti che poi diventano rifiuti. Questi scarti vengono poi trattati da Haiki Electrics, che gestisce impianti di trattamento innovativi in cui recuperare la materia prima seconda, quale rame, ferro o plastiche. Tutto quello che invece non è recuperabile – di solito una minima parte – è in capo ad Haiki Mines, che si occupa dello smaltimento. Infine, Haiki Recycling cura gli impianti di selezione dei rifiuti, che intervengono prima del trattamento vero e proprio”.
In un contesto di mercato estremamente parcellizzato, questo approccio integrato fa la differenza per la conformità normativa, la riduzione dell’impronta ambientale e, non da ultimo, un impiego più ragionato delle risorse disponibili. “Rispetto a tutte le altre aziende impegnate nel settore dei rifiuti speciali, il vero punto di forza del gruppo Haiki+ è la capacità di rispondere alle esigenze aziendali a 360 gradi grazie a know-how ed esperienza consolidatesi negli anni. Mi spiego meglio: quando un’azienda si rivolge al nostro gruppo, siamo in grado di gestire tutte le tipologie di rifiuti, evitando a quest’ultima, ad esempio, di dover scegliere due diversi interlocutori per smaltire i RAEE e gli imballaggi. In qualità di consulente possiamo poi andare oltre il solo aspetto della gestione dei rifiuti, a partire dalla formazione: in Haiki Cobat predisponiamo dei percorsi appositi con la nostra Academy, con cui consolidare conoscenze e competenze legate, ad esempio, alla gestione amministrativa dei rifiuti, alle autorizzazioni ambientali o alla catena di fornitura sostenibile”, chiosa De Persio.