Negli ultimi anni l’Europa è caratterizzata dal fenomeno del cosiddetto Reshoring o Back Shoring, ovvero la tendenza a rilocalizzare la sede produttiva dopo averla delocalizzata all’estero. Solo citando alcune aziende, si capisce come il fenomeno per l’Italia non sia marginale: Furla, Artsana, Tonno Asdomar, Beghelli, United Colour of Benetton.
Un Osservatorio Permanente sul Reshoring (European Reshoring Monitor) è stato istituito da alcune università ed enti di ricerca con lo scopo di monitorare e raccogliere informazioni su casi reali di aziende che hanno optato di far rientrare in tutto o in parte la produzione, l’approvvigionamento o la ricerca e sviluppo in Europa, dopo averle delocalizzate all’Estero.
Il Professor Luciano Fratocchi, uno tra i membri fondatori del Reshoring monitor, spiega: “Il reshoring dovrebbe essere parte della politica di reindustrializzazione che molti paesi occidentali includono nella loro agenda economica sebbene l’impatto occupazionale non deve essere sovrastimato, in quanto la rilocalizzazione riguarda spesso solo alcune linee di prodotto. Non va tuttavia messa in secondo piano la stretta relazione tra reshoring e le varie forme di innovazione tecnologica applicate al mondo manifatturiero, comunemente chiamate Industria 4.0“.
Ad oggi l’Osservatorio ha monitorato più di mille casi di reshoring di aziende europee che hanno deciso di rilocalizzare la produzione in uno dei paesi dell’Unione Europea. Se infatti andiamo a vedere quali siano le principali motivazioni per cui le aziende scelgono la rilocalizzazione, vi è come primo il costo non solo del lavoro, delle materie prime, del trasporto e di gestione della logistica, ma si considera anche il costo dei difetti di produzione e il costo del coordinamento della produzione in stabilimenti così lontani. Interessante è poi vedere come tra i motivi per cui le aziende stanno tornando a produrre in Europa, vi siano la riduzione del lead time di approvvigionamento, la riduzione del time to market dei prodotti e la percezione di migliore qualità sia del prodotto che del servizio complessivamente offerto dalle aziende.
Sul tema sembra quindi emergere una convergenza tra le motivazioni che spingono il reshoring e le ultime tecnologie che rendono di fatto disponibili modalità di produzione impensabili fino a pochi anni fa.
La fabbricazione additiva assieme ad altre tecnologie di manifattura su richiesta come la lavorazione CNC o lo stampaggio a iniezione, possono fare da catalizzatore al processo di reshoring: non è infatti necessario rilocalizzare la produzione tal quale, perché con le tecnologie attuali di fabbricazione digitale on demand si possono ottenere componenti e pezzi di assoluta qualità, in tempi rapidi evitando inutili investimenti in macchinari di produzione come frese, torni e macchine per lo stampaggio a iniezione e i relativi stampi.
Se si aggiunge che una delle tendenze in atto è la sempre più marcata customizzazione del prodotto unita all’unicità del design, si può capire come la stampa 3D offra – tra le tecnologie ora disponibili – tale possibilità sia per pezzi e componenti in materiale plastico sia per quanto riguarda i metalli come l’alluminio, il rame e l’acciaio in forme e geometrie semplicemente irrealizzabili con altre tecnologie.
Rispetto ad altri player che devono reinventarsi digitali, Protolabs è nata digitale, fin dalla sua fondazione nel 1999. La quotazione, l’analisi di fattibilità e l’ordine passano tutte tramite il portale che automaticamente dà avvio alla produzione una volta ricevuta la conferma. La disponibilità sotto lo stesso tetto delle 3 principali tecnologie di produzione – stampa 3D, lavorazione CNC e stampaggio a iniezione –permette di fornire la migliore soluzione tecnologica rispetto al progetto, scegliere materiali e quantità e garantisce rapidità di consegna che si ripercuote positivamente sui tempi di immissione nel mercato dei nuovi prodotti. Sul tema, Matteo Carola, Country Manager per l’Italia di Protolabs, ha le idee chiare.
“La nostra missione è di aiutare realmente le aziende ad accelerare l’innovazione, ridurre i rischi e ottimizzare la loro catena di produzione di prototipi e preserie di alta qualità offrendo servizi di produzione on demand. Aiutiamo i clienti a competere riducendo drasticamente i tempi di immissione nel mercato dei loro prodotti, ottimizzando la catena di approvvigionamento e fornendo componenti pronti per essere testati o assemblati direttamente nel prodotto finito”.
Ultimo ma non meno importante fattore che sarà sempre più importante e che potrebbe anche questo contribuire al fenomeno del cosiddetto reshoring riguarda l’ecologia e l’impatto che un prodotto ha e ha avuto sull’ambiente per produrlo: tecnologie che ottimizzano le produzioni, ne limitano gli scarti e le non conformità, riducono le scorte e il trasporto, hanno ottime possibilità di vincere la sfida su come sarà la manifattura del futuro.