L’Italia – e le sue imprese manifatturiere – si trovano davanti a un bivio: continuare a rincorrere tecnologicamente l’innovazione prodotta da altri paesi oppure “costruire, ricostruire o affermare una sovranità cognitiva”. A porre la questione è Flavio Tonelli, professore di impianti industriali presso l’Università di Genova, intervenuto in occasione dello Smart Manufacturing Summit 2025.
Sovranità cognitiva significa lavorare per la difesa e la valorizzazione della peculiare capacità intellettuale e creativa del paese nel produrre valore: non inseguire passivamente l’innovazione altrui, ma reinterpretare e adattare le nuove tecnologie, come l’intelligenza artificiale, al contesto specifico italiano, salvaguardando così la propria identità e competitività nel panorama globale.
Il futuro del paese – spiega Tonelli – non può prescindere dalla difesa e dalla riaffermazione della sua peculiare capacità di ideare, produrre e innovare. “Si tratta di capire se l’Italia intenda rimanere un mero terzista o se abbia il coraggio di difendere il proprio patrimonio di filiera e proporre a un livello diverso il proprio prodotto e il proprio sistema”.
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Oltre il mero consumo tecnologico, serve interpretare l’innovazione
Un punto interessante sollevato da Tonelli riguarda la necessità per l’Italia di superare una logica di semplice adozione passiva delle innovazioni sviluppate altrove.
È fondamentale, dice il professore, sviluppare una “capacità reinpretativa forte a livello nazionale”, che permetta di integrare le nuove tecnologie, intelligenza artificiale inclusa, in modo originale e in linea con le specificità del contesto produttivo e culturale italiano.
Secondo Tonelli non è sufficiente essere consumatori di innovazione; occorre interrogarsi profondamente su quanto questa innovazione sia realmente “nostra” e come possa essere plasmata per rispondere alle esigenze e valorizzare le competenze distintive del paese.
Competere nel mercato globale valorizzando il nostro unicum
In un mercato che cambia, di cui l’Italia rappresenta una quota trascurabile se si considera l’aspetto demografico, la sovranità cognitiva rappresenta per l’Italia una leva fondamentale per distinguersi e non soccombere al rischio dell’irrilevanza.
Come osserva Tonelli, di fronte a realtà come Cina e India, l’Italia, con la sua struttura di piccole e medie imprese, non può competere unicamente sui volumi. La sua forza risiede nella capacità di offrire un “unicum”, prodotti e soluzioni che riflettono una creatività e un know-how radicati nella sua storia e nel suo tessuto industriale.
Questa capacità cognitiva distintiva deve essere preservata e promossa come elemento chiave della competitività nazionale.
La sovranità cognitiva come fondamento per la trasformazione del lavoro
Il concetto di sovranità cognitiva si intreccia strettamente con la necessità di reinterpretare il ruolo del lavoro nell’era dell’intelligenza artificiale.
Tonelli sottolinea come la trasformazione in atto richieda di non considerare l’IA come una semplice minaccia sostitutiva, ma come un’opportunità.
In questo scenario la capacità cognitiva umana, la creatività e il pensiero critico diventano ancora più centrali. Difendere la sovranità cognitiva significa infatti anche creare le condizioni affinché il lavoro non venga svuotato di significato, ma arricchito e valorizzato, permettendo alle persone di esprimere appieno il proprio potenziale intellettuale all’interno di un sistema produttivo in evoluzione.
L’obiettivo, come suggerisce Tonelli, è costruire un futuro in cui l’intelligenza artificiale sia al servizio della capacità cognitiva umana, potenziandola e non sostituendola.