Manufacturing

La disruption del Covid-19 sulla supply chain, tra resilienza e nuovi paradigmi

Il “new normal” è un ecosistema connesso, resiliente, con dati e informazioni trasparenti e visibili lungo tutta la catena. Essendo in grado di adattarsi in maniera pressoché totale e continua alla domanda, anche molto efficiente a livello di costi

Pubblicato il 10 Giu 2020

Luigi Nicola Serravalle

partner EY, MED supply chain & operations leader

catena di approvvigionamento


Il Covid-19 ha sconvolto la vita e le attività economiche e sociali di una enorme fetta della popolazione mondiale, con una ricaduta che non risparmierà nessun individuo e nessuna azienda al mondo.

A livello di supply chain aziendali si tratta però dell’ennesima – per quanto mai così potente e stavolta di natura sanitaria – “disruption” vissuta negli ultimi anni: possiamo elencare eventi naturali come il terremoto di Fukushima del 2011 che bloccò la produzione automobilistica giapponese, eventi socio-politici come le proteste di massa in Cile nel 2019 che ebbero l’effetto di far crollare la produzione delle miniere di rame e infine effetti politico/economici come la Brexit o le recenti guerre tariffarie.

In un sistema economico globale profondamente interconnesso, caratterizzato da supply chain molto estese, complesse e opache, praticamente qualunque evento non pianificato rappresenta ormai un elemento di potenziale disruption, con effetti rilevanti e spesso strutturali sulla performance del business.

Se imprevedibilità e disruption sono dunque ingredienti non evitabili nel futuro delle supply chain aziendali, in che modo le aziende possono contrastarne o minimizzarne gli effetti?

Il concetto di resilienza

Il termine resilienza nasce come attributo di un materiale (in estrema sintesi come “capacità di subire un urto senza riportare danni”) e più recentemente si è imposto come qualità umana (“capacità psicologica di reagire a un trauma”) aggiungendosi alle più classiche virtù. La parola è talmente affascinante ed evocativa che negli ultimi anni il suo uso è cresciuto a dismisura ed è entrato in pianta stabile nel linguaggio di business.

Per rispondere alla domanda che chiudeva il precedente paragrafo, l’unica soluzione è rendere le stesse supply chain resilienti, cioè in grado di resistere agli shock esterni e in grado di reagire rapidamente e adattarsi alla nuova situazione – che sia temporanea o strutturale – senza interruzioni e con minimi danni.

La fragilità delle supply chain tradizionali

Le attuali strutture di supply chain non sono adatte a rispondere in maniera efficace al crescente numero di eventi non pianificati e disruption, come quelle rappresentate dall’attuale pandemia.

I concetti fondamentali sulle quali sono state disegnate, progettate e costruite sono “lean”, “ottimizzazione di costo”, “scorte just in time” e “concentrazione di fornitori”. Il livello di rischio e dipendenza viene calcolato sui fornitori “tier 1”, mentre il problema potrebbe risiedere molto più a monte nella catena. I cicli di pianificazione sono tipicamente molto lunghi, le supply chain sono molto lineari e rigide.

Questo è il risultato di una impostazione storica verso il raggiungimento della massima efficienza, in un sistema però prevedibile e un’economia quantomeno stabile. Infatti, quando si verifica uno shock sulla domanda, questa si trasmette in maniera lineare dai clienti ai produttori, dai produttori ai fornitori e via così lungo la catena: un processo lungo ed imperfetto, nel quale tra l’altro le informazioni non passano in maniera veloce e completa come sarebbe necessario.

Appare chiaro che il livello di resilienza espresso da questo tipo di supply chain è molto basso e che in caso di shock diventi molto più probabile un evento di rottura che non di adattamento.

Il nuovo paradigma

Partendo dalla situazione attuale, il percorso verso la resilienza passa attraverso cinque attività, inserite in una cornice concettuale che possiamo chiamare “Prepare, Sense, Respond”.

  • SC Resilience Stress Test

Condurre un vero stress test, ponendo delle domande molto profonde su una serie di elementi, quali ad esempio quanto è a rischio – e per quali motivi – l’attuale supply chain aziendale e di filiera? Quali impatti possono essere previsti? Quali opzioni e risposte è possibile dare? Quale business plan è possibile ipotizzare? Con quali investimenti?

  • SC Resilience Capability Build Up

Sulla base delle evidenze e punti di focus emersi nella fase precedente, investire nella costruzione degli elementi di resilienza più rilevanti (ad esempio nella visibilità e monitoraggio dei dati, nell’apertura a fornitori alternativi su parti/materiali strategici, nello sviluppo di componenti e materiali alternativi, ecc.). Un punto fondamentale è lo sviluppo di una maggiore agilità nel processo di pianificazione.

  • SC Risk Intelligence Monitoring

Costruire il sistema “radar/sonar” di ascolto e percezione di tutti i rischi potenziali, di qualsiasi natura (economici, sociali, tecnologici…) e di qualunque provenienza geografica, con impatto sulla supply chain, sui nuovi prodotti in sviluppo. È di fondamentale importanza strutturare questo sistema in modo che sia in grado di cogliere i segnali deboli ed in anticipo.

  • SC Risk Response Operating Procedures

Definire il piano B relativamente a tutta una serie di disruptions, con tutte le procedure operative standard e le risposte pre-definite, comprese le deleghe decisionali e di comunicazione necessarie, con i relativi protocolli.

  • SC Major Crisis Management

Qualora, in casi estremamente gravi, l’approccio predefinito non sia adeguato, sviluppare un approccio di task force e crisis management. Creare il relativo framework di gestione con definizione della governance, modello operativo, i nuovi standard.

Se non può più essere lineare, lo schema della supply chain del futuro diventa dunque una struttura a rete, dove le informazioni non sono chiuse nei singoli silos ma sono in cloud, disponibili nello stesso momento e nella stessa qualità a tutti i punti che costituiscono l’ecosistema stesso. Solo in questo modo è possibile far sì che tutti gli attori agiscano e reagiscano nella maniera più simultanea possibile, rendendo così resiliente allo shock la supply chain.

Conclusioni

Il paradigma sul quale si può immaginare la supply chain del futuro è quindi quello di un ecosistema connesso, resiliente, con dati e informazioni trasparenti e visibili lungo tutta la catena. Proprio perché in grado di adattarsi in maniera pressoché totale e continua alla domanda, questa supply chain è anche molto efficiente a livello di costi.

Il cambiamento presuppone un vero ripensamento delle attuali supply chain: alcune aziende hanno già iniziato questo cammino e si trovano avvantaggiate sia nella gestione sia all’uscita dall’attuale crisi. Per le altre sarà necessario accelerare la partenza o rischieranno di trovarsi molto presto fuori competizione.

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Luigi Nicola Serravalle
partner EY, MED supply chain & operations leader

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