di Francesca Filippi*
Anche l’Italia, pur se con un certo ritardo – e non è detto che sia un male, potendo attingere dalle best pratice degli altri Paesi – si sta proiettando verso l’Industria 4.0. Il supporto da parte del Governo c’è, con misure che spingono la crescita e la competitività, come il credito di imposta Ricerca&Sviluppo, il Patent Box, super e iper ammortamenti. La tecnologia da implementare (Advanced Manufacturing Solutions, Industrial Internet, Cloud, Big Data and Analytics, ecc.), anche. Cosa manca? La piena consapevolezza, da parte del mondo industriale, che il supporto fornito dall’Industria 4.0 può essere fruito da aziende di ogni dimensione, appartenenti a ogni settore merceologico; e che non è solo di tipo “economico”.
Non si tratta – questa la posizione di Ayming – di investire o accedere a finanziamenti. Il percorso è molto più articolato e ha un orizzonte temporale di lungo periodo. Significa, infatti, completare quel processo di evoluzione industriale che ha condotto le aziende a competere, sino a oggi, sul mercato. Ora è giunto il tempo di affinare gli strumenti (competenze, tecnologie, risorse, processi), per ottimizzare la produzione e rispondere praticamente in real time alle nuove richieste.
L’Italia non è – spesso molti lo dimenticano – il fanalino di coda dell’Europa. L’industria italiana può vantare la seconda posizione (quota del 2,3%), in riferimento al settore manifatturiero: ebbene, per mantenere questo livello, deve però investire culturalmente e strategicamente sul proprio ammodernamento. Il più rapidamente possibile.
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Non solo tecnologie
Per capire quali opportunità offre quella che molti chiamano Quarta Rivoluzione Industriale, è sufficiente osservare le direttrici strategiche degli interventi del Piano Nazionale Industria 4.0. Le due direttrici “chiave”, da una parte mirano a sostenere investimenti innovativi, ossia ad aumentare la spesa in Ricerca&Sviluppo, incentivando spese in tecnologia, in modo che l’azienda sia sempre più digitalizzata, dall’altra ad accrescere il know-how e a sviluppare le competenze necessarie per il nuovo mercato. Le direttrici “di accompagnamento”, invece, hanno il compito di assicurare un contesto idoneo per lo sviluppo della trasformazione digitale, si pensi all’adeguamento delle infrastrutture di rete o alla garanzia sugli investimenti privati.
Tra aspetti micro e aspetti macro, è essenziale evidenziare un elemento: innovare non vuol dire automatizzare tout court la “fabbrica”, togliendo posti di lavoro, mortificando la competenza del personale: significa giungere a una fabbrica intelligente, nella quale persone e strumenti sono integrati; senza le persone, infatti, nessun tipo di innovazione sarebbe possibile.
I bisogni delle imprese italiane
Se questi sono i presupposti, come sono posizionate, in realtà, le aziende italiane? Sono interessate al tema? Possiedono una visione ad ampio spettro delle potenzialità dell’Industria 4.0? Recenti analisi confermano che sì, c’è fermento, le aziende si stanno muovendo, affermando addirittura che il 37% delle aziende è intenzionata a investire, nei prossimi anni, sino al 3% del fatturato in soluzioni digitali, per aumentare flessibilità e competitività.
In questa scelta pesano anche, da una parte la posizione del Governo, impegnato a sostenere il processo di crescita, dall’altra i chiarimenti interpretativi (ad esempio la recente Circolare 4E del 30 marzo 2017) forniti dall’Agenzia delle Entrate, di concerto con il MISE, per la corretta fruizione di tutte le agevolazioni disponibili e tra loro cumulabili, che precisa gli iter per superammortamento e iperammortamento.
Negli ultimi mesi è aumentata la consapevolezza, da parte delle aziende, delle potenzialità offerte dall’Industria 4.0, ed è ciò che riscontriamo nel momento in cui ci interfacciamo, come Ayming, con i decision maker delle imprese. Se un anno fa si notava ancora una certa perplessità, oggi le aziende chiedono di poter essere dotate degli strumenti giusti. Molto significativo, per esempio, è il fatto che secondo dati Ucimu, le aziende siano rimaste alcuni mesi in stallo, relativamente all’acquisto di macchinari, proprio perché in attesa delle misure per gli investimenti.
Le aziende, come accennato, devono però essere accompagnate ad avviare un percorso che non sia volto solo al risparmio economico “spicciolo”, ma che inserisca questo ammodernamento in un vero cambio di passo. Contestualmente, devono poter compiere le scelte corrette, dunque essere guidate verso la verifica dei requisiti per poter fruire delle agevolazioni. Questo percorso richiede anche lo studio di nuove figure, ancora non presenti in azienda, specializzate nell’innovazione digitale.
Con un approccio di tale genere, che sostiene il cambiamento culturale, e che considera l’investimento funzionale alla trasformazione dell’impresa, l’azienda diventa capace di spingere sulla competitività e sui vantaggi che questa porta con sé, in termini di flessibilità, velocità, maggiore produttività, integrazione, sicurezza, sostenibilità, innovazione di prodotto. Inoltre, aumentando la flessibilità e la velocità, si arriva ad abbassare il time to market, requisito essenziale per rispondere alle richieste di un mercato – anche estero – che cambia rapidamente e chiede soluzioni personalizzate.
Ogni azienda italiana ha di fronte a sé la possibilità di cambiare e migliorare i propri processi: a seconda del grado di maturità tecnologica che possiede, può essere indirizzata a una o più agevolazioni. Molte figure aziendali (si pensi al manager R&S, al direttore tecnico, al plant manager, all’operation manager; all’imprenditore stesso, nel caso di una Pmi) possono diventare il motore positivo del cambiamento. A cura dei consulenti esterni, come Ayming, il compito di supportare le aziende nelle attività e negli investimenti che possono usufruire delle agevolazioni, valutando l’impatto in termini di saving e di vantaggio competitivo.
* Francesca Filippi è Sales Manager Innovation performance di Ayming