I bandi a sportello: la Formula 1 del click è una roulette per l’imprenditore

Una storia di ordinaria follia burocratica: nei finanziamenti a sportello le domande sono registrate in base all’ordine cronologico di presentazione e a fare la differenza spesso sono frazioni di secondo. Alle imprese escluse non è data la possibilità di sottoporre i progetti a valutazione. Le imprese sono quindi in balia di una procedura che è a metà tra la partenza di una gara di Formula 1 e una partita alla roulette. Le riflessioni di Valerio Grassi.

Pubblicato il 11 Mar 2023

cronometro


In questi giorni sono stato testimone dell’ennesimo episodio che dimostra come funzioni male il sistema dei bandi “a sportello”: una situazione grottesca che, per l’imprenditore, assume sempre più i contorni della farsa.

Vi racconto la mia esperienza. La azienda per la quale sono Manager dell’Innovazione ha presentato un progetto di innovazione di processo e ricerca industriale basato su approcci di intelligenza artificiale sul bando “Ricerca e Innova” finanziato dalla Regione Lombardia con fondi europei.

Il meccanismo per accedere al bando è di fatto un “click day”, con la logica che “il primo che arriva meglio alloggia”. Cose di cui si è del resto già parlato su questo giornale.

Mano al cronometro

Un po’ di storia, dunque. Il 25 gennaio 2023 dita puntate sulla tastiera: tutti pronti ad introdurre progetti e documenti burocratici firmati e rifirmati digitalmente. Ben 27 milioni di euro messi a disposizione vengono “cliccati” in meno di 35 minuti.

Il nostro progetto (a cui sono state dedicate tre settimane con quattro persone full-time per svilupparlo) viene ammesso “con riserva” a causa di una protocollazione (generata dal sistema) in ritardo di qualche secondo.

Poi a sorpresa il 22 febbraio Regione Lombardia annulla tutto mediante un procedimento in autotutela per non precisati “problemi alla piattaforma”. Falsa partenza, quindi. Il nuovo “via” dello sportello è fissato all’8 marzo, quando lo sportello viene riaperto.

Ed eccoci di nuovo cronometri e dita sulla tastiera come degli sprinter della digitazione. Le lancette corrono veloci mentre vengono caricati (lentamente) i documenti. Al momento dell’invio il tempo è scaduto: i 27 milioni di euro sono stati “cliccati” di nuovo in meno di 12 minuti. “Les jeux sont faits” e per il nostro progetto da 340.000 euro non c’è più spazio.

Le istituzioni come croupier?

Qual è il senso di tutto questo? Come possono le imprese affidarsi a una procedura che è a metà tra la partenza di una gara di Formula 1 e una partita alla roulette? Dov’è finita la meritocrazia?

Le istituzioni non devono fare il croupier. Le imprese non giocano al casinò ma sviluppano progetti che meritano una valutazione oggettiva da parte di esperti revisori (visto anche il taglio dei finanziamenti in gioco, sono alla fine denaro dei cittadini, in questo caso cittadini europei).

La logica corretta dovrebbe essere che chi merita e rende competitivo il sistema paese è dentro, chi presenta progetti non all’altezza resta fuori. Non si può pensare di verificare i requisiti di ammissibilità soltanto a chi ha cliccato una frazione di secondo prima (magari lavorando un mese per sviluppare un buon progetto). È davvero deprimente.

Sia ben chiaro, i vantaggi del sistema attuale sono chiari: è semplice e veloce da gestire. Ma non garantisce per nulla che davvero questo denaro pubblico sia utilizzato al meglio. La componente aleatoria – perché solo il caso genera una classifica in cui sono frazioni di secondi a determinare i vincitori – non può e non deve essere mai utilizzata per finanziare progetti imprenditoriali (soprattutto di questa portata) con fondi pubblici.

Dietro ogni progetto ci sono settimane di preparazione, schede tecniche, business plan.

Dovrebbe esserci invece la possibilità di raccogliere il più ampio spettro di candidature, scegliendo magari nella pubblicazione del bando quali macrotemi privilegiare per rendere competitivo l’ecosistema imprenditoriale. E poi affidare la review ad esperti di innovazione tecnologica appartenenti ad albi nazionali oppure regionali evitando rigorosamente il conflitto di interesse.

Perché ci devono essere imprese capaci, non imprese fortunate.

E quindi ora non possiamo che aspettare il prossimo giro della pallina (sperando che non esca lo zero…)

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Valerio Grassi
Valerio Grassi

CEO di Atlas Advanced Technologies e Innovation Manager

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