Da lumaca a possibile lepre d’Europa: è questa la straordinaria trasformazione che ha compiuto l’economia italiana negli ultimi 15 anni. A leggerla così è Marco Fortis, docente dell’Università Cattolica, Direttore della Fondazione Edison, intervenuto all’assemblea di Federmacchine.
Un cambiamento virtuoso che è stato possibile grazie soprattutto alle “micro riforme” fatte nell’ultimo decennio, che hanno saputo incentivare gli investimenti delle imprese – come il superammortamento e il piano Industria 4.0 – restituendo vitalità e competitività al sistema manifatturiero, per anni paralizzato dagli effetti delle crisi economiche e da una retorica autolesionista a cui piace descrivere il nostro Paese sempre “sull’orlo del baratro”.
E anche in mezzo all’attuale tempesta – con i prezzi alla produzione e al consumo che corrono e una situazione internazionale caratterizzata da forti tensioni – si guarda all’economia italiana con preoccupazione quando invece, sottolinea il professore, i dati sull’andamento della nostra economia non giustificano una visione così pessimistica.
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L’economia italiana continua a crescere, nonostante le previsioni buie
A dimostrarlo – spiega Fortis – sono i dati relativi sia al 2021 che al primo trimestre del 2022. “Il 2021 è stato un anno di grandissima ripresa, andata ben oltre alla previsioni. Infatti, secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale di gennaio 2021 la nostra economia avrebbe dovuto crescere del 3% e invece abbiamo fatto più del doppio (+6,6%)”, spiega il professore.
Non si è realizzata dunque quella profezia che vedeva la ripresa del 2021 essere frutto di un mini rimbalzo, con l’Italia solito fanalino di coda dietro altri Paesi europei (Francia e Germania per primi) che avevano sofferto una perdita di PIL simile alla nostra.
Anche il primo trimestre del 2022, nonostante uno scenario internazionale complicato, le previsioni fosche di molti analisti – che si aspettavano una perdita di PIL di circa l’1,5% – sono state disattese: secondo i dati Istat, infatti, nel primo trimestre dell’anno si è registrata una crescita del PIL dello 0,1%. Un dato che ha superato le previsioni dello stesso Istituto nazionale di statistica, che per quel trimestre si attendeva una contrazione dello o,2%.
“Dopo soli tre mesi la crescita acquisita dal nostro Paese era del 2,6%”, spiega Fortis. E se è vero che gran parte di questa crescita è ereditata dal 2021, altri Paesi non sono riusciti a raggiungere lo stesso risultato. È il caso degli Stati Uniti, che nello stesso periodo hanno registrato una contrazione dello 0,4% e della Francia, che aveva iniziato positivamente l’anno, per poi rivedere le sue stime di crescita ribassate al -0,2%. Solo la Germania ha registrato un dato migliore di quello italiano (+0,4%), dovuto però a un quarto trimestre del 2021 a dir poco disastroso.
Contrariamente, a spingere la crescita dell’economia italiana nel primo trimestre dell’anno sono stati gli investimenti nell’edilizia e nei macchinari (compresi i mezzi di trasporto): i dati parlano infatti di un aumento degli investimenti degli investimenti in abitazioni del 5,7%, del 5,3% per quanto riguarda l’edilizia non residenziale e del 4,3% per macchinari e mezzi di trasporto.
Anche la produzione industriale, nonostante il calo di maggio (-1,5%) – attribuibile, spiega il professore, “alla performance straordinaria di aprile” – ha continuato a stupire anche i rappresentanti industriali, registrando una crescita del 2,3% nel trimestre marzo-maggio 2022.
“Anche dal confronto tendenziale del periodo gennaio-maggio rispetto allo stesso periodo del 2021 si evidenzia una crescita del 2,3%. Dati che sono inconsueti visto le performance di altri Paesi, che sono cresciuti di meno rispetto all’Italia”, spiega Fortis.
Bene anche l’export, nonostante il crollo delle esportazioni verso Russia e Ucraina e la flessione di quelle verso la Cina: il periodo gennaio-aprile 2022 ha infatti fatto registrare un aumento del 20,7% dell’export a livello mondiale, mentre a maggio il dato dell’export verso i Paesi extra-UE registra una crescita del 26,2%.
Unico dato preoccupante resta quello dei prezzi al consumo, che a giugno hanno registrato un aumento tendenziale (quindi su giugno 2021) dell’8%. Tuttavia, i numeri del turismo e delle vendite al dettaglio (ancora in crescita) evidenziano che gli effetti del rialzo dell’inflazione sono stati in parte mitigati da alcuni interventi del Governo a sostegno di famiglie e imprese.
Da lumaca a lepre: perché l’Italia non è più il paese di 15 anni fa e può ancora stupire
Considerazioni che spingono Fortis a guardare ai prossimi mesi con ottimismo, spiegando che l’economia italiana potrebbe ancora una volta superare le aspettative.
Le stime internazionali vedono infatti il nostro Paese crescere su valori intermedi rispetto ai Paesi del G20 per il 2022 , ma posizionarsi decisamente meglio rispetto a Stati Uniti, Giappone, Francia e Germania, con quest’ultima che è duramente colpita dalla crisi del gas e dell’automotive.
E, ancora una volta, l’Italia potrebbe superare queste previsioni. “Lo stesso Ministro Franco ha più volte ribadito che si aspetta per il secondo trimestre una crescita di almeno lo 0,5%, che sarebbe straordinaria di questi tempi tenendo conto che gli altri Paesi stanno andando molto male”, spiega il professore.
Se così fosse, la crescita acquisita nel 2022 salirebbe al 2,7%, oltre quanto stimato dal Governo stesso nel Def (documento di economia e finanza). La situazione potrebbe invece complicarsi nel 2023 quando, secondo le previsioni dell’Economist, gli effetti del caro energia e dell’inflazione porteranno a un rallentamento dei consumi delle famiglie (che pesano per il 60% sul lato della domanda) e quindi a un forte rallentamento della crescita nell’Eurozona.
In particolare, la crisi energetica peserà anche sulla Francia (oltre che sulla Germania) nonostante la disponibilità di energia proveniente dal nucleare. Nucleare che, tuttavia, “proviene da centrali vecchie, la cui manutenzione è stata ritardata visto le difficoltà di questi mesi, ma che presto dovrà necessariamente essere fatta, accentuando così le difficoltà per famiglie e imprese”, spiega Fortis. Anche la Spagna, seppur in miglioramento, non si è ancora ripresa dalla crisi provocata dalla pandemia.
Nel primo trimestre l’Italia ha invece già recuperato i livelli pre-pandemia e se si verificherà la crescita dello 0,5% attesa per il secondo trimestre (i dati saranno rilasciati il 29 luglio), l’Italia potrebbe quindi ampliare il suo gap con i vicini europei e trasformarsi “dalla lumaca alla lepre d’Europa”. Un risultato frutto di mini-riforme che hanno trasformato il nostro settore produttivo, restituendogli vitalità, competitività e robustezza.
“Mai era successo, se non nel primo dopoguerra, che l’Italia avesse un ciclo di investimenti tecnici, in macchinari e mezzi di trasporto, di questa portata, nettamente superiori a quelli registrati dalla Germania quando ancora sembrava inaffondabile”, spiega Fortis.
Un risultato raggiunto anche grazie alla natura delle imprese italiane, più piccole rispetto a quelle dei “cugini” europei e quindi in grado di affrontare le situazioni avverse con una rapidità ed elasticità maggiore rispetto alle grandi aziende tedesche o francesi. Ma la crescita, sottolinea Fortis, è anche una conseguenza dell’innato ottimismo dei nostri imprenditori, che hanno affrontato i processi di rinnovamento necessari a superare la crisi con grande entusiasmo.
L’Italia non è la Grecia: la “brutta favola” che continuiamo a farci raccontare
La prova data dal sistema industriale italiano negli ultimi due anni conclude quindi una storia che va avanti dal 2008 e che vede il nostro Paese paralizzato da un sistema poco competitivo e da un debito pubblico alto, che ci ha portato ad essere associati alle performance della Grecia.
E sono gli italiani per primi che, sostiene Fortis, devono comprendere che “l’Italia non è più quella di 15 anni fa” e cambiare la narrazione con cui si presenta il nostro Paese all’estero.
“Siccome ci piace dipingerci sempre sull’orlo del baratro, è quello che stiamo facendo anche adesso, mentre in altri Paesi, come la Francia, questi discorsi non vengono mai fatti”, commenta.
Una profezia che si auto-avvera e che porta il nostro Paese ad essere penalizzato dalle agenzie di rating in virtù unicamente della descrizione che noi stessi diamo dell’Italia e dello stato di salute della nostra economia.
“A partire dal discorso che facciamo sul debito pubblico, che continua ad aumentare non perché lo Stato spende effettivamente di più, ma perché salgono gli interessi. E gli interessi salgono perché ogni volta che c’è un rialzo dello spread stiamo sempre a parlarne”.
“Guardiamo alla Francia – continua Fortis – che ha 1.200 miliardi di debito pubblico in mano straniera, quasi il doppio dell’Italia, che ne ha 700 miliardi. In una situazione di crisi, è ben più pericoloso il dato francese di quello italiano, ma le agenzie di rating raramente fanno questo tipo di valutazioni che richiedono analisi complicate”.
Una brutta favola che continuiamo a raccontare e a raccontarci, quando invece dovremmo essere i primi portavoce della nuova immagine del nostro Paese e del messaggio che la sola dimensione del debito pubblico di un Paese non può più indicare la sostenibilità del debito stesso.