“Siamo consapevoli che l’impresa è il volano di sviluppo per il nostro paese” e poi “confermeremo le misure di Industria 4.0 per il 2019. Stiamo lavorando per articolare meglio le misure, riducendo la burocrazia per l’accesso e favorendo un maggiore utilizzo da parte delle piccole imprese, specie al Sud, che ancora fanno troppa fatica a entrare nei circuiti virtuosi di maggiori investimenti, crescita e ingresso nei mercati esteri”. Le parole dette oggi dal Ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio al Sole 24 Ore confermano ancora una volta la volontà di questo Governo di portare avanti un piano di incentivi a sostegno dell’innovazione industriale che per una volta, non si ponga in marcata discontinuità con l’attuale sistema di incentivi, ma che presti comunque maggiore attenzione alle PMI, all’economia circolare, alla sostenibilità energetica e alla cosiddetta innovazione data-driven.
Per capire però come si sia arrivato a questo punto, è bene ripercorrere le principali tappe: un percorso che ci aiuterà anche a capire che cosa possiamo realisticamente aspettarci per il 2019.
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Il piano impresa 4.0 non sarà smantellato
Considerata la forte discontinuità che questo Governo sta segnando nei confronti del precedente esecutivo su tutti i temi, non era così scontato che, nel campo degli incentivi alle imprese, non si gettasse alle ortiche il piano nazionale Industria 4.0, poi evoluto in Impresa 4.0. Un piano che è fortemente legato al nome dell’ex ministro Carlo Calenda e che ha raccolto un vero e proprio plebiscito di consensi dalle imprese a tutti i livelli.
Le parole rassicuranti del ministro dell’Economia Giovanni Tria prima e del vicepremier Matteo Salvini poi su diversi temi cari alle imprese, tra cui anche il mantenimento gli incentivi all’innovazione 4.0, hanno contribuito a raffreddare le preoccupazioni degli industriali, proprio nel momento in cui il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia si era spinto a minacciare di portare le imprese in piazza. Oggi infine è arrivato anche l’atteso sigillo del ministro Di Maio.
Che cosa prevede il programma del governo
Per capire però che cosa potrebbe succedere nei prossimi mesi, è necessario partire da quello che è scritto nel contratto di Governo e da quello che è successo negli ultimi mesi. Nel contratto di governo siglato a maggio da Lega e Movimento Cinquestelle il capitolo innovazione si regge sui seguenti pilastri: l’istituzione di una Banca per gli Investimenti (ne abbiamo parlato qui), l’impegno a focalizzarsi sull’economia circolare e sulle tecnologie al servizio della salvaguardia dell’ambiente, la sburocratizzazione. A inizio giugno il Ministro Luigi Di Maio già si esprimeva contro il piano 4.0 del suo predecessore, sostenendo che fosse farraginoso e di difficile accesso. Un orientamento confermato poi nell’audizione davanti alle commissioni riunite della Camera, a metà luglio, che va considerata una prima importante e concreta traccia delle intenzioni dell’attuale esecutivo. In quell’occasione il ministro, facendo riferimento al rapporto Istat, ammise che il piano “sta funzionando”, aggiungendo che sarebbero stati confermati “alcuni strumenti, cercando soprattutto di migliorarne l’accesso perché dal mondo dell’impresa ci viene segnalato che ci sono ancora problemi legati alle procedure burocratiche”. Tutti concetti ribaditi nell’intervista di oggi.
Il “nodo” delle PMI
Ma ci sono altri due documenti da tenere bene a mente. Il primo è l’indagine svolta dal Ministero dello Sviluppo Economico in collaborazione con la società di ricerca MET sull’utilizzo degli incentivi, pubblicato a inizio luglio. Dal rapporto emerge che ha abbracciato il paradigma 4.0 quasi la metà delle imprese manifatturiere con oltre 250 dipendenti, mentre lo ha fatto appena il 6% di quelle con meno di 10 dipendenti e il 18% di quelle tra i 10 e i 50 addetti. Dati che per la prima volta mettono in evidenza la ridotta propensione delle micro e piccole imprese a investire nelle nuove tecnologie.
Esiste quindi un “nodo” PMI, anche se non è corretto affermare che gli attuali incentivi siano tagliati a misura delle grandi imprese. Come ha efficacemente spiegato il professor Marco Taisch, “gli incentivi del Piano Industria 4.0 si rivolgono indistintamente a tutte le dimensioni aziendali, piccole imprese comprese. Il problema è che le PMI a differenza delle grandi hanno meno know-how su queste tecnologie. Per questa opera di diffusione sono stati previsti i Competence Center e i Digital Innovation Hub”.
Perché incentivare l’innovazione data-driven?
Su questo fenomeno ha provato poi a far luce, qualche settimana dopo, la relazione del Garante delle Micro e Piccole Medie Imprese Stefano Firpo, che si è preso anche la responsabilità di suggerire delle linee di azione per favorire lo sviluppo di questo tipo di imprese. Secondo Firpo occorre stimolare l’adozione di nuove tecnologie, aumentare il sostegno alle start-up, promuovere ecosistemi di innovazione collaborativa (Competence Center in testa), favorire lo sviluppo delle competenze tramite il supporto alle attività di formazione, migliorare l’accesso alle risorse finanziarie, promuovere l’economia circolare e l’internazionalizzazione. Intervenendo sullo specifico tema delle maggiorazioni degli ammortamenti, Firpo, dopo aver appoggiato la battaglia confindustriale per una revisione dei coefficienti di ammortamento, propone di “modificare l’iper ammortamento, attualmente a sostegno prevalentemente degli investimenti in macchinari, prevedendo una premialità per l’innovazione data‐driven dei processi produttivi in chiave 4.0, con rinnovata attenzione alle tematiche della sicurezza sul lavoro, dell’ergonomia e dell’automazione collaborativa”. Un ragionamento che muove dalla convinzione che i dati siano il “nuovo driver di sviluppo accompagnato da una crescente dematerializzazione dei fattori produttivi con la necessità di definire un quadro regolatorio sulla proprietà e/o scambio e utilizzo dei dati al fine di assicurare piena interoperabilità e sicurezza”.
Risorse e priorità
Se avete avuto la pazienza di leggere questo articolo fino a questo punto, avrete in mano tutti gli elementi per capire perché si parla tanto di PMI, innovazione data-driven ed economia circolare con riferimento alla prossima edizione della stagione degli incentivi. Ma questo non significa che saprete cosa ci sarà nella legge di bilancio. La ragione è duplice: in primo luogo le politiche a favore delle imprese dovranno fare i conti con le risorse che il Ministro Tria riuscirà a racimolare, che non saranno enormi. Per gli incentivi a impresa 4.0 lo scorso anno sono stati messi già sul piatto quasi 10 miliardi di euro in più (di cui 7,8 per super e iperammortamento). Si stima che il rinnovo del solo iperammortamento costi 1,1 miliardi all’anno.
La seconda considerazione, figlia della prima, è che le priorità di spesa del Governo sono altre – flat tax, pace fiscale, superamento della Fornero e reddito di cittadinanza – e se ci sarà da decidere dove investire i (pochi) soldi a disposizione, la direzione sarà su questi temi. Insomma, gli incentivi alle imprese sono tornati nell’agenda politica, ma non sono certo una bandiera né per M5S né per la Lega.
Il toto-incentivi
Che fine faranno quindi gli incentivi esistenti? Divertiamoci in un esercizio di previsione, passandoli in rassegna uno per uno. Non fermatevi al semaforo visuale!
Superammortamento. Difficile che questa misura, che già il precedente governo vedeva al capolinea, sia confermata. Da vedere se invece sarà affrontato, come richiesto da Confindustria e suggerito da Firpo, il tema dei coefficienti di ammortamento. Una liberalizzazione dei piani di ammortamento o una revisione dei coefficienti comunque difficilmente entrerà nella legge di bilancio.
Iperammortamento. La probabilità di rinnovo è alta, visto che l’iperammortamento è la misura simbolo degli incentivi per Industria 4.0. Ma è poco probabile che questa misura resti così come l’abbiamo conosciuta in questi anni. “Sburocratizzare e semplificare la misura”, per dirla con le parole del vicepremier Di Maio, potrebbe per esempio significare l’addio al sistema delle perizie attualmente obbligatorie per gli investimenti sopra i 500 mila euro. Meno probabile, ma comunque non da escludere, una revisione degli allegati con i beni agevolati e le condizioni di accesso con focus appunto su economia circolare e innovazione data-driven. In questo caso l’auspicio è che si presti maggiore attenzione anche alla componente software.
Nuova Sabatini. E’ una delle misure più “antiche” e utilizzate, ma anche una delle più burocratizzate. È fatta a misura di banche e agenzie di leasing ed è probabile che, finiti i fondi residui, non sia rifinanziata. Non piace molto nemmeno a Firpo.
Credito d’imposta per la Ricerca e Sviluppo. È in vigore fino al 2020. Potrebbe essere modificato consentendo alle start-up o anche alle micro imprese di godere dell’incentivo sull’intero ammontare delle spese e non solo sulla quota incrementale.
Credito d’imposta per la formazione. È l’ultimo arrivato tra gli incentivi, in pieno vigore solo dalla tardiva pubblicazione del decreto attuativo di giugno. L’introduzione è sperimentale, ma è sicuramente troppo presto per capire se e come stia funzionando. Una proroga è probabile, ma non è da escludere anche una modifica radicale, per esempio una trasformazione dell’incentivo sotto forma di voucher.
Altri incentivi. Non va infine affatto esclusa la possibilità che venga introdotta qualche altra agevolazione specificamente pensata per le PMI, pescando tra le diverse proposte del Garante. Il modello potrebbe essere ancora quello dei voucher sia per le spese in tecnologia che per quelle in formazione. Per le start-up innovative infine potrebbero arrivare proprio quei “programmi di finanziamento mirati a sostenere lo sviluppo dell’avvio di imprese innovative ad elevato contenuto di conoscenza in ambito universitario” auspicati da Firpo. Da ultimo, Di Maio ha promesso che sarà rifinanziato il fondo di garanzia – strumento fondamentale per l’accesso al credito delle imprese – “a patto e condizione che sia maggiormente a misura di Pmi”.
Competence Center. Dopo una lunghissima gestazione, le risorse ci sono e il progetto non dovrebbe essere in discussione. Entro l’anno dovrebbe concludersi la procedura di valutazione die progetti e l’aggiudicazione delle risorse. Il 2019 dovrebbe quindi essere l’anno dell’effettivo avvio dell’attività degli 8 progetti.