L’Economia Circolare è un’enorme occasione per integrare la sostenibilità ambientale all’interno della vision aziendale. Diverse spinte possono portare le imprese a muoversi questo nuovo sistema di sviluppo sostenibile, ma un fattore non abbastanza evidenziato riguarda le enormi opportunità di business che l’Economia Circolare offre.
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L’Economia Circolare in a nutshell
Oggi non è possibile fare business senza prescindere da considerazioni di tipo ambientale e/o sociale, oltre che da valutazioni economiche. Come mostrato da un’indagine condotta da GfK Eurisko, infatti, circa un terzo dei consumatori tiene conto della sostenibilità ambientale e sociale come criterio di scelta durante l’acquisto di un nuovo bene. Come se non bastasse, il 62% del panel di imprese intervistate ritiene che tale numero è destinato ad aumentare in futuro (GfK Eurisko, 2015). Nonostante queste indicazioni, la sensazione è che la sostenibilità ambientale e sociale non trovi un adeguato spazio all’interno delle strategie aziendali. Molto spesso al concetto di sostenibilità vengono associati dei costi proibitivi, e la prassi aziendale preferisce assegnare le mansioni relative alla sostenibilità a funzioni lontane dai vertici aziendali (come ad esempio la figura del sustainability manager).
E se muoversi verso scenari sostenibili fosse (anche) vantaggioso dal punto di vista economico? L’Economia Circolare (Figura 1) rappresenta una soluzione a tale impasse, In tale paradigma economico passaggio a scenari sostenibili debba essere dettato anche da motivi di convenienza economica o dalla generazione di opportunità di business, che affincano l’ottenimento di benefici ambientali e sociali.
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A differenza dell’Economia Lineare, dove il flusso di materiali avviene in maniera sequenziale e mette sotto pressione le risorse naturali e conferisce ingenti quantità di risorse in discarica, nell’Economia Circolare il concetto di rifiuto semplicemente non esiste. Abilitando tutta una serie di ricircoli interni (parte superiore della Figura 1), il focus trasla dalla massimizzazione del “flusso” (vendita dei prodotti finiti) alla valorizzazione dello “stock” (mantenimento dei materiali, componenti e prodotti alla loro massima utilità e valore).
All’atto pratico, si realizzano 5 tipi di “ricircoli”:
- Prolungamento della vita utile dei prodotti finiti, attraverso l’erogazione di servizi di assistenza, riparazione e manutenzione;
- Massimizzazione dell’utilizzo e dello sfruttamento della base installata di prodotti finiti, mediante la fornitura di servizi avanzati (sharing, pay per use, ) in grado di spostare il focus dal consumo del prodotto all’utilizzo dello stesso;
- Introduzione di più cicli di utilizzo dei prodotti finiti, attraverso la raccolta a fine utilizzo, l’eventuale ricondizionamento e la redistribuzione verso lo stesso utilizzatore oppure verso altre classi di clienti);
- Promozione di più cicli di utilizzo dei componenti, mediante la raccolta a fine utilizzo del prodotto finito, la sua scomposizione (disassemblaggio) in singoli componenti e il loro riutilizzo come parti di ricambio e/o come “materie prime seconde” (fase di riassemblaggio);
- Promozione di più cicli di utilizzo dei materiali, attraverso tecniche di riciclaggio, ma solamente dopo aver sfruttato i ricircoli più interni.
Transizione inevitabile… od opportunità di Business?
L’Economia Lineare presenta molti limiti, tra i quali:
- Una maggiore esposizione al rischio di aumento del prezzo delle materie prime. Nel nuovo millennio i prezzi di tali risorse sono cresciuti tanto da recuperare tutto il declino del secolo precedente, come mostrato in Figura 2 (Ellen MacArthur Foundation, 2013);
- Un legame direttamente proporzionale tra l’estrazione di materie prime e la crescita economica (Figura 3). Secondo questo legame, una crescita economica presuppone una continua estrazione di risorse, che si scontra però con la scarsità e con il concetto di limitatezza delle stesse;
- Un continuo aumento dei rifiuti generati, dovuto al fatto che l’Economia Lineare non prevede generalmente delle strategie di recupero a fine vita dei prodotti.
Considerando una continua crescita dei tassi di estrazione delle materie prime, provocati da un aumento della popolazione globale e dei consumatori – le stime attuali parlano di 9,8 miliardi nel 2050 ( 2017) – tale modello porta ad una soluzione insostenibile. Servirebbe un quantitativo di risorse pari a 1.6 volte quelle disponibili sull’intera terra per soddisfare la domanda della popolazione globale attuale, come mostrato in Figura 4 (Global Footprint Network, 2016). La situazione peggiora se si considera solamente il contesto europeo. Ad esempio, sarebbero necessarie le risorse di 4.3 volte quelle disponibili in Italia, per soddisfare la domanda annuale dei cittadini italiani.
Il ben noto accordo di Parigi (COP21), siglato nella fine del 2015, si era posto come obiettivo di contenere l’aumento del temperatura globale al di sotto dei 2°C. Nonostante ciò, un recente rapporto delle Nazioni Unite dimostra come già adesso la temperatura sia aumentata di 1°C rispetto ai livelli pre-industriali, ed impatti climatici estremi (in termini di siccità, alluvioni, etc.) sono sotto gli occhi di tutti. Il panel di esperti che ha redatto il rapporto delle Nazioni Unite conclude dicendo che non è più possibile posporre gli interventi, ma rimangono solo 12 anni per limitare il fenomeno del cambiamento climatico, ripensando i modelli di produzione e consumo per tenere conto del concetto di limite delle risorse.
Queste considerazioni rientrano nell’agenda di policy-makers e legislatori nazionali ed extra-nazionali.
Oltre all’emanazione di appositi provvedimenti legislativi come ad esempio le direttive sul trattamento dei rifiuti RAEE (WEEE Directive 2012/19/UE), l’Unione Europea ha recentemente approvato un ambizioso Pacchetto per l’Economia Circolare, corredato da un Piano d’Azione (“an Ambitious EU Circular Economy Package”), per supportare aziende e consumatori europei nella transizione verso un’economia più resiliente e quindi Circolare, dove le risorse sono utilizzate in maniera sostenibile. Le azioni contenute nel pacchetto contribuiscono a “chiudere il cerchio (Figura 1)” estraendo il massimo valore possibile da risorse, prodotti e rifiuti, e riducendo così le emissioni di Gas Serra. Questa transizione viene finanziariamente supportata dalla Commissione Europea grazie allo stanziamento di 5,5 miliardi di euro per attività di trattamento rifiuti. In aggiunta, 650 milioni di euro sono stati stanziati attraverso i programmi di finanziamento per ricerca ed innovazione Horizon 2020.
Anche i legislatori nazionali si sono messi al riguardo. L’Italia, attraverso il lavoro congiunto dei Ministeri dell’Ambiente (MATTM) e dello Sviluppo Economico (MISE) ha recentemente emanato un documento di inquadramento e posizionamento strategico: “Verso un modello di economia circolare in Italia”.
Nel documento viene fornito un inquadramento generale dell’Economia Circolare, definendo il posizionamento strategico dell’Italia sul tema, in continuità con gli impegni adottati nell’ambito dell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici e dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile. Il documento costituisce un tassello importante per l’attuazione della più ampia Strategia Nazionale per lo sviluppo sostenibile, contribuendo in particolare alla definizione degli obiettivi dell’uso efficiente delle risorse e dei modelli di produzione e consumo sostenibile. Un ulteriore documento, avente per oggetto la definizione di un set di indicatori per la misurazione dell’Economia Circolare è in fase di studio presso i due Ministeri.
Ma ciò che caratterizza l’Economia Circolare è la possibilità di essere vantaggiosa soprattutto dal punto di vista economico, grazie alla possibilità di generare e di sfruttare nuove di opportunità di business. Infatti, un sistema Circolare risulterebbe vantaggioso per tutta la filiera, in quanto:
- I produttori sarebbero meno esposti alla volatilità del prezzo delle materie prime, e beneficerebbero di una riduzione dei costi di approvvigionamento grazie all’utilizzo di materie prime seconde. Inoltre, recuperare i prodotti a fine vita consente la creazione di un legame più stretto con il cliente;
- I consumatori avrebbero accesso a prodotti di qualità, progettati per durare più a lungo ed accessibili a tariffe puntuali ed a costi accessibili. Dal punto di vista della qualità della vita, trarrebbero inoltre giovamento dal minore impatto ambientale complessivo (riduzione dei rifiuti, dell’inquinamento e della pressione sulle risorse naturali);
- L’ambiente nel suo complesso trarrebbe giovamento dalla riduzione dell’estrazione di materie prime, da un minore inquinamento di acqua e aria e da un riduzione nella produzione di rifiuti, oltre che dall’abbattimento delle emissioni di Gas Serra;
- Risvolti positivi si avrebbero anche per l’occupazione, con posti di lavoro creati nell’ambito ricerca e sviluppo ma soprattutto in nuovi settori relativi alla raccolta, recupero, ricondizionamento e riciclo dei prodotti.
Diversi studi hanno quantificato i benefici macroeconomici derivanti da una transizione Circolare: a livello europeo, si stima un risparmio di costo sui materiali fino a 630 miliardi di euro l’anno (23 per cento del costo attuale) nel caso dei beni di consumo durevole, e fino a 700 miliardi di dollari (20% del costo attuale) nel caso di beni tipo food, beverages, textile, packaging (Ellen MacArthur Foundation, 2013). L’Unione Europea ha inoltre prospettato un risparmio annuo pari a 600 milioni di euro, attraverso l’adozione di pratiche di prevenzione e l’implementazione di modelli di eco-design e riutilizzo, pari ad un aumento percentuale del PIL europeo intorno al 3,9%.
Ma cosa bisogna fare? Tre Leve Circolari
L’Economia Circolare rappresenta innanzitutto un’opportunità di business, oltre che uno scenario futuro inevitabile. In un’Economia Circolare, i rifiuti devono diventare risorse i prodotti devono venire progettati fin da subito per poter percorrere i ricircoli di Figura 1 e il focus delle transazioni economiche deve traslare dalla vendita di prodotti fisici all’accesso al servizio che essi offrono, rimpiazzando il conetto di “possesso” con l’utilizzo e la condivisione (Figura 5).
Di conseguenza, le aziende che desiderano riprogettare la propria offerta in chiave “Circolare” devono agire prevalentemente su tre leve gestionali e manageriali (Bressanelli et al., 2018; Ellen MacArthur Foundation, 2013):
- Innanzitutto è necessario riprogettare il design dei prodotti, originariamente non progettati per essere continuamente rigenerati attraverso i ricircoli di Figura 1. All’atto pratico, esistono diverse strategie che possono essere intraprese, dalla scelta dei materiali (favorendo criteri di acquisto basati sulla qualità e durabilità, invece che sul minor costo d’acquisto, scongiurando quindi il fenomeno dell’obsolescenza pianificata) all’utilizzo di distinte base modulari (in grado di favorire le operazioni di riparazione, manutenzione e disassemblaggio). Anche la standardizzazione delle parti e dei componenti, favorendo la loro sostituzione in caso di guasto, gioca un ruolo rilevante. In generale, è necessario che il focus della fase di design trasli dall’ottimizzazione delle singole fasi di produzione “Lineari” all’ottimizzazione dei diversi ricircoli “Circolari”.
- In secondo luogo, è necessario ripensare il modello di business attraverso il quale i prodotti vengono offerti ai clienti, includendo il concetto di servitizzazione: passando dalla mera vendita del prodotto fisico all’offerta di una soluzione integrata prodotto-servizio, il ruolo del cliente passa da consumatore a utilizzatore, mentre la proprietà del prodotto rimane in carico al venditore/produttore. Di conseguenza le imprese, non più incentivate a massimizzare il numero di unità vendute (che si trasformerebbero in rifiuto), sono naturalmente incentivate a progettare prodotti il cui scopo è durare il più a lungo possibile ed essere recuperati a fine utilizzo, al fine di avviare cicli di rigenerazione in maniera continuativa. All’atto pratico, il ripensamento dei modelli di business può avvenire attraverso la fornitura di servizi avanzati come il leasing, lo sharing, o il pay-per-result.
- Infine, l’intera supply chain deve essere riprogettata, attraverso l’implementazione di una logistica di ritorno (reverse logistics) efficace ed efficiente, in grado di raccogliere i prodotti a fine vita, recuperarne il valore e reintrodurli nel mercato.
L’approccio metodologico è riportato in Figura 6.
Conclusioni
Nonostante le numerose iniziative legislative che spingono sempre più verso un passaggio da Economia Lineare ad Economia Circolare, L’Economia Circolare rappresenta soprattutto un’opportunità di business per il settore competitivo italiano. Gli enormi benefici macro- e micro-economici connessi ad una transizione Circolare sono però “sbloccabili” solamente seguendo un approccio metodologico congiunto di
- Riprogettazione del design dei prodotti
- Ripensamento dei modelli di business
- Riconfigurazione delle filiere logistiche
In tutto questo, le moderne tecnologie digitali, messe in risalto dalla quarta rivoluzione industriale (Industry 4.0), possono abilitare la transizione[1]. Anche il ruolo dell’utilizzatore finale è rilevante in questa transizione: l’utente deve essere opportunamente “responsabilizzato” ed “educato” verso scelte di acquisto e di accesso consapevole.
Il Laboratorio RISE (www.rise.it), insieme ad IQ Consulting (www.iqconsulting.it) sta sviluppando tools e metodologie a supporto dei manager interessati ad intraprendere una trasformazione Circolare del proprio business.
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References
Accenture (2014), Circular Advantage, innovative business models and technologies to create value in a world without limits to growth
Bressanelli G, Adrodegari F, Perona M, Saccani N. (2018) “Exploring How Usage-Focused Business Models Enable Circular Economy through Digital Technologies.” Sustainability; Vol. 10 pp 639. Doi: 10.3390/su10030639
Ellen MacArthur Foundation (2013), Towards the Circular Economy – Economic and business rationale for an accelerated transition. Report 1
GfK Eurisko (2015), Consumatori e sostenibilità: stato dell’arte e tendenze evolutive, http://www.socialfootprint.it/wp-content/uploads/2015/05/GfK-Eurisko-Aprile-2015.pdf
Global Footprint Network – National Footprint Accounts, 2016
ONU (2017) World Population Prospects
[1] https://www.industry4business.it/esperti-e-analisti/digitale-e-sostenibilita-come-le-tecnologie-4-0-abilitano-leconomia-circolare/