Dopo 452 giorni di attesa, il 21 febbraio è stato pubblicato il decreto che istituisce l’Albo dei certificatori per il credito d’imposta in ambito di ricerca, sviluppo, innovazione e design, previsto dal decreto-legge 73 del 21 giugno 2022. L’obiettivo è offrire alle imprese la possibilità di ottenere la certificazione dei loro progetti in questi ambiti, garantendo certezza operativa dopo le contestazioni dell’Agenzia delle Entrate sui benefici usufruiti.
Tuttavia, i tempi lunghi con cui si sta rendendo operativo l’Albo e il modo stesso in cui è stato concepito potrebbero vanificare l’utilità dello strumento per le imprese. A spiegarlo è Matteo Iubatti, Amministratore Delegato di Archita Engineering, società che offre servizi di consulenza alle imprese su innovazione e sostenibilità e servizi di finanza agevolata (ma con un approccio tecnico).
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Il nodo dei controlli sui certificatori
Con il decreto direttoriale dello scorso 21 febbraio (di cui abbiamo parlato in questo articolo) sono giunte le prime indicazioni su chi può iscriversi all’Albo dei certificatori, nonché sull’iter di iscrizione e mantenimento dell’iscrizione al registro attraverso una piattaforma dedicata, già attivata.
“Ho proceduto all’iscrizione già il primo giorno in cui era attiva la piattaforma, sia personalmente che come Archita, quindi come società di consulenza. Tra le due registrazioni sono passate poche ore e ho avuto modo di notare, dal numero di protocollo assegnato nelle due fasi, che erano pervenute già molte domande”, spiega Iubatti.
“Avendo avuto modo di vedere l’iter di registrazione, mi ha molto sorpreso che non sia richiesto di allegare alcuna documentazione probante, in termini di qualifiche personali e ambiti di specializzazione, a supporto delle dichiarazioni dei professionisti che effettuano la registrazione”, aggiunge.
Un’impostazione che, spiega Iubatti, non solo toglie un elemento di certezza alle imprese che andranno a rivolgersi a questi professionisti (e anche a quei professionisti che si troveranno a lavorare su valutazioni fatte da un collega), ma rischia anche di ritardare ulteriormente la fruizione del servizio.
“Non è chiaro, ad oggi, come verranno svolti i controlli da parte del Mimit, ma il fatto che non sia prevista, in fase di registrazione, alcuna documentazione probante rischia di ritardare l’iter. Ed è un peccato, soprattutto perché si poteva impostare lo strumento sulla scia di quello che si è fatto per altri albi, come quello degli Innovation Manager, dove viene richiesto, ad esempio, o l’iscrizione all’albo di Unioncamere oppure il possesso della certificazione UNI 11814”, aggiunge.
Ricordiamo che all’Albo possono iscriversi: persone fisiche; imprese che svolgono attività di consulenza aventi ad oggetto progetti di ricerca, sviluppo e innovazione; i centri di competenza ad alta specializzazione; i poli europei dell’innovazione digitale (EDIH e Seal of excellence) selezionati a valle delle call ristrette della Commissione europea; le università statali; le università non statali legalmente riconosciute; gli enti pubblici di ricerca.
“Avere aperto a così tanti soggetti la possibilità di registrarsi all’Albo, senza aver richiesto a priori di fornire una documentazione provante rischia di rendere molto lunghi i tempi di analisi delle domande” spiega Iubatti.
L’incognita delle linee guida
Il secondo punto aperto riguarda le linee guida volte a guidare imprese e certificatori nello stabilire se le attività possano essere agevolabili con il credito d’imposta ricerca e sviluppo, innovazione e design.
La vicenda, ricordiamo, si intreccia infatti con la cosiddetta “sanatoria” che prevede la possibilità per le imprese di valutare se le attività (già svolte o in essere) sono in linea con le interpretazioni del Ministero e decidere quindi se farsele certificare. In caso di difformità, possono ricorrere alla sanatoria (riversamento spontaneo), possibilità che con la Manovra di Bilancio 2024 è stata estesa dal 30/11/2023 al 30/06/2024.
Il ministero avrebbe dovuto emanare questo documento entro lo scorso 31/12/2023 proprio per orientare la valutazione delle attività. Tuttavia, dopo i ritardi legati alla firma del decreto direttoriale che istituisce l’Albo, si è persa fiducia sull’arrivo tempestivo, entro i canonici 30 giorni, di queste indicazioni che sono tanto preziose per le imprese quanto per i certificatori.
“Se i tempi per la pubblicazione delle linee guida si allungheranno, si rischia anche di vanificare l’utilità dello strumento, poiché nel corso degli anni c’è già stata molta ‘giurisprudenza’ sulla disciplina, anche attraverso i chiarimenti da parte dell’Agenzia delle entrate”, spiega Iubatti.
La questione non riguarda, tuttavia, unicamente i tempi, ma anche la sostanza. Proprio in virtù dell’eterogeneità dei soggetti a cui è stato aperto l’Albo, il ruolo delle linee guida diventa ancora più cruciale.
“Nel momento in cui si demanda ancora una volta tutto alla soggettività del singolo che valuta, ovviamente resta ancora opinabile la valutazione perché vi saranno sempre margini per valutazioni divergenti. Diventa quindi importante avere delle linee guida, degli indicatori oggettivi”, spiega Iubatti.
Queste linee guida, si augura l’amministratore delegato di Archita Engineering, dovranno contenere anche dei format con delle precise indicazioni su come costruire le certificazioni, visto che la documentazione dovrà essere firmata digitalmente e trasmessa attraverso la piattaforma dedicata.
Il codice etico per i certificatori
Il terzo punto che solleva Iubatti riguarda la necessità di istituire anche per l’Albo dei certificatori del credito d’imposta per ricerca, sviluppo, innovazione e design un codice etico, deontologico o di professionalità.
“Questa attività di certificazione coinvolgerà altri professionisti dello stesso livello, perché sappiamo benissimo che in questi anni tanti hanno lavorato rilasciando perizie e attestazioni sull’ammissibilità di questi crediti di imposta alle agevolazioni, con tanto di contestazioni successive. Questi professionisti magari si trovano in mano pratiche fatte da altri colleghi che a loro volta, magari, sono loro stessi iscritti a questo Albo di certificatori e può capitare che non siano d’accordo con le valutazioni che sono state fatte da altri”, commenta.
“A mio avviso è quindi importante avere delle linee guida dal punto di vista deontologico per non mettere in difficoltà i professionisti e non mettere in cattiva luce l’operato di un collega”, aggiunge.
Un altro aspetto che dovrebbe quindi essere attenzionato e disciplinato per evitare che l’Albo dei certificatori passi dall’essere uno strumento di chiarezza a una vera e propria giungla.