Innovazione industriale

Servitizzazione e “jobs to be done”: l’innovazione guidata dalla comprensione del cliente

Un approccio utilizzato per comprendere i fattori causali che guidano il comportamento del cliente, che va al di là del “chi” e del “cosa” per concentrarsi sul “perché”, ovvero sulle motivazioni che spingono le persone ad acquistare un determinato bene o servizio

Pubblicato il 27 Ago 2021

Alessandra Gruppi

Servitization Manager certificato CEPAS-BV

jobs to be done


La servitizzazione è oggi un importante driver strategico dell’innovazione manifatturiera, in quanto permette di trasformare il modello di business dell’impresa, tradizionalmente basato sul prodotto, verso un modello incentrato sul risultato, in cui il corrispettivo per il fornitore è direttamente collegato all’output generato dal cliente. Tuttavia, se la servitizzazione deve essere un vero successo deve iniziare dal cliente. Mettersi nei panni dell’utente/consumatore e chiedersi come i propri prodotti e servizi possono aiutarlo a raggiungere meglio i suoi obiettivi aziendali e/o personali. Questo concetto lo troviamo anche nella teoria del jobs to be done (JTBD) di Clayton Christensen secondo cui il cliente acquista un prodotto o un servizio per risolvere un’esigenza specifica.

jobs to be done
Clayton Christensen

Job è il “lavoro” che una persona compie in una particolare circostanza. Un “lavoro da fare” è la manifestazione di un bisogno o desiderio insoddisfatto. Si tratta, quindi, di un approccio utilizzato per comprendere i fattori causali che guidano il comportamento del cliente, e che va al di là del “chi” e del “cosa” per concentrarsi sul “perché”, ovvero sulle motivazioni che spingono le persone ad acquistare un determinato bene o servizio.

La teoria del “jobs to be done”

jobs to be done
Theodore Levitt

Vi siete mai chiesti cosa stanno veramente cercando di ottenere le persone che acquistano un prodotto? Dal momento che spesso un esempio vale più di molta teoria, utilizziamo la nota affermazione del pioniere dell’innovazione Theodore Levitt: “la gente non vuole comprare un trapano da un quarto di pollice. Vogliono un buco di un quarto di pollice”.

La citazione di Levitt è l’essenza del perché è necessario vendere risultati anziché il prodotto o le sue caratteristiche.

Per logica, se qualcuno acquista un prodotto è perché… lo vuole. Ma in realtà non è proprio così. Per il consumatore non è quello che stai vendendo che è importante: ciò che vuole veramente sono i risultati che il prodotto è in grado di dare.

Riprendendo il caso del trapano, ciò significa che il vero bisogno del cliente non è di possedere un trapano, ma è quello di poter fare un buco nel muro. Il prodotto, in questo caso, è semplicemente un mezzo per fornire la soluzione al cliente.

Questo è anche il primo principio del Lean Thinking: “identificare ciò che vale per il cliente”, porsi dalla sua prospettiva e definire ciò che egli percepisce come valore.

Pertanto, mentre le aziende si preoccupano di migliorare solo le performance del proprio “trapano” che già vendono, la teoria del jobs to be done (letteralmente “i lavori da fare”) si basa sulla comprensione dei motivi per cui le persone acquistano e utilizzano determinati prodotti e servizi. Con le informazioni giuste, le aziende possono ottimizzare i propri processi, migliorare l’esperienza del cliente e, in definitiva, fornire un valore maggiore.

Jobs to be done a supporto della Balanced Scorecard

Lo scorso aprile l’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili ha pubblicato l’aggiornamento sui “Principi Guida per la redazione del Business Plan”.

Il documento dell’ODCED introduce per la prima volta il framework jobs to be done come analisi a supporto dell’efficacia della Balanced Scorecard e della credibilità del Business Plan.

Con il passaggio alla visione del JTBD le aziende si devono concentrare sulla creazione di soluzioni di valore garantendo risultati sostenibili nel tempo, requisito fondamentale per un Business Plan valido e credibile.

Le aziende possono, dunque, adottare il jobs to be done per identificare opportunità di innovazione in relazione allo sviluppo del prodotto, all’eccellenza operativa o al miglioramento della relazione con il cliente.

Questo approccio è particolarmente utile perché:

  • fa emergere i bisogni reali dei target di clienti individuati
  • identifica i competitor dal punto di vista del cliente, soprattutto quelli non evidenti
  • innova prodotti e servizi risolvendo problemi che non hanno ancora una soluzione
  • migliora la customer experience grazie a una maggiore comprensione dei target di riferimento.

Queste informazioni si possono trasformare in scelte strategiche e prefigurare il percorso lungo cui indirizzare l’impresa.

Si potrebbe, dunque, affermare che con l’introduzione del JTBD nei Principi Guida emanati dall’ODCEC si stia assistendo a un graduale avvicinamento al “servitization business model”, che ambisce a trasformare i beni in servizi per meglio rispondere ai customer jobs to be done, o ai gains e pains del Value Proposition Canvas.

Obiettivo: mettere il cliente al centro

Il metodo jobs to be done implica l’allontanamento dalla nozione di “necessità” per concentrarsi sul “lavoro da fare” dell’utente, ovvero su ciò che sta cercando di realizzare.

Se le organizzazioni riescono a intercettare le dimensioni funzionali, sociali ed emotive che spingono i clienti a fare determinate scelte, possono progettare soluzioni migliori capaci di soddisfare le necessità e le aspettative del consumatore.

Quando acquistiamo un quadro, il nostro “compito” potrebbe essere quello di rendere la casa più accogliente. Se acquistiamo dei cioccolatini a San Valentino è perché vogliamo fare un regalo a qualcuno di speciale. In entrambi i casi, prima ancora del prodotto, abbiamo un bisogno specifico da soddisfare.

Quando l’azienda capisce esattamente il processo sottostante la scelta del consumatore, in altre parole quali lavori del cliente possono essere risolti dai propri prodotti, smette di concentrarsi solo sullo sviluppo di nuove funzionalità e inizia a capire quali servizi di valore offrire al cliente.

Il JTBD è un metodo semplice che consente alle aziende e ai team di identificare le vere opportunità dietro il comportamento dei clienti. Questo framework è, infatti, uno dei tools della metodologia Things+, utilizzati proprio per aiutare le aziende a cambiare approccio verso il cliente e stimolare la creazione di nuovi servizi che soddisfino veramente le sue esigenze.

Il fondamento dell’innovazione è la centralità del cliente.

La maggior parte delle aziende tende a rimanere ancorata all’idea che siano le caratteristiche tecniche di un prodotto a fare la differenza, ma questo porta alla stagnazione delle innovazioni.

Tuttavia, se i produttori si concentrano sul “lavoro” che il cliente sta cercando di svolgere, allora le loro prospettive si ampliano.

Catturare le esigenze dei clienti e mappare come si viene a creare la domanda per un prodotto o un servizio è il primo passo importante nella progettazione di un’offerta di valore in grado di rispondere efficacemente alle esigenze insoddisfatte dei clienti attuali e potenziali.

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Alessandra Gruppi
Alessandra Gruppi
Servitization Manager certificato CEPAS-BV

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