Sempre più aziende si stanno rendendo conto che l’aftermarket sta diventando il mercato principale ed è qui che si trova il potenziale di crescita futuro. La creazione di valore sarà, infatti, sempre meno legata alla vendita di prodotti fisici, per spostarsi sulla capacità di offrire servizi annessi che aiutano a bloccare le relazioni a lungo termine e la concorrenza. Poiché la servitizzazione implica una grande focalizzazione sul cliente, le politiche di economie di scala che si usano per ottimizzare i costi di produzione (standardizzazione delle componenti, replicazione, macchine che sostituiscono il lavoro umano, ecc.) “appaiono” in questo contesto difficilmente applicabili. In realtà la tecnologia digitale, e più in generale l’Industria 4.0, non solo abilita il processo di servitizzazione delle imprese, ma consente di ridurre i costi e di migliorare l’efficienza interna. Ad esempio, un maggiore utilizzo dell’intelligenza artificiale oltre a ridurre i costi, permette alle aziende di automatizzare molte attività, fare un uso migliore delle risorse e di trasformare i rapporti tradizionali tra fornitori, produttori e clienti “industrializzando” le relazioni. È il caso delle chatbot cognitive.
Indice degli argomenti
Servitizzazione e smart product
Il rapido sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione ha consentito la trasformazione digitale in cui i prodotti fisici possono essere facilmente digitalizzati e interconnessi.
Nel frattempo, i clienti sempre più attratti dalla prospettiva di pagare per utilizzare piuttosto che pagare per possedere determinati beni, stanno spingendo le Pmi manifatturiere ad aumentare la componente “servizio” dei loro modelli di business.
Tale convergenza di digitalizzazione e servitizzazione ha innescato un paradigma di business basato sull’IoT e guidato dagli smart product, dei sistemi intelligenti che si “autoadattano”, ovvero raccolgono informazioni sugli utenti e sul contesto di utilizzo e le elaborano in modo da adattare il proprio comportamento alle persone che li usano e all’ambiente in cui si trovano.
L’uomo, quindi, imposta delle regole mediante la condivisione di risorse al device che attraverso l’elaborazione continua dei dati che gli vengono forniti in input fa un task e raggiunge un obiettivo.
In questo modo l’oggetto agisce in totale autonomia al posto dell’uomo e l’uomo di fatto ottiene due benefici, uno è il non dover fare il task e l’altro è il raggiungimento di performance più elevate in quanto il device riesce a meglio adattarsi alle condizioni esterne che gli vengono date come input.
Per fare un esempio, prendiamo un tradizionale aspirapolvere con o senza filo e un robot aspirapolvere oggetto smart autonomo. Qui c’è proprio un cambio di paradigma…in uno è l’uomo che deve agire e pulire casa, nell’altro è il prodotto che si adatta, raccoglie informazioni sul perimetro della casa e pulisce in autonomia.
Servitizzazione e chatbot cognitive: i robot del servizio
A tutti noi è sicuramente capitato di sfogliare una pagina web e contestualmente ricevere un messaggio che ci chiedeva se avessimo bisogno di aiuto per trovare qualcosa. Oppure abbiamo aperto una sessione di chat e siamo stati accolti da un sostituto simile a un umano che ci ha posto alcune domande e raccolto informazioni prima di presentarci la persona di riferimento.
Queste esperienze, e molte altre, sono rese possibili dalle chatbot, ovvero da applicazioni software che interagiscono con gli utenti. Questi strumenti vengono utilizzati più comunemente nell’ambito del servizio clienti, assumendo ruoli tradizionalmente svolti da persone fisiche. Spesso suonano quasi umani, ma non del tutto. Il loro discorso a volte è goffo, la cadenza e il timbro della voce non sono sempre appropriati, ma sono diventati straordinariamente popolari negli ultimi anni, in gran parte a seguito dei notevoli progressi nell’apprendimento automatico, e sono oggi sempre più intelligenti, più reattivi e più umani.
Le chatbot sono simili ai cobot, vale a dire ai robot progettati per lavorare insieme alle persone. Sono dei veri e propri assistenti virtuali che interagiscono con i clienti/utenti al fine di automatizzare le richieste semplici o ripetitive, rispondere a domande; li aiutano a navigare nel sito web o nell’app e a risolvere piccoli problemi per trasferire in un secondo momento le chiamate a un operatore.
Con l’utilizzo di questi strumenti l’azienda offre di fatto un servizio 24 ore su 24, 7 giorni su 7, risparmia tempo e denaro offrendo parallelamente comodità e servizi aggiuntivi, elimina le attività che richiedono tempo, aiuta a migliorare l’esperienza dell’utente riducendo i tempi di attesa e fornendo un servizio accurato e personalizzato secondo le sue esigenze.
Servitizzazione e chatbot: basta “comprare” la tecnologia?
Sarebbe bello se bastasse comprare la tecnologia, così come si compra un robot aspirapolvere che poi pulisce da solo. In realtà, avendo avuto la possibilità di seguire da vicino alcuni progetti, posso assicurare che dietro c’è un grandissimo lavoro. Una chatbot deve essere progettata e creata su misura seguendo un percorso ben definito, in modo da delineare quali processi supportare, costruire il linguaggio più appropriato, implementare determinate funzionalità e caratteristiche, definire il flusso di conversazione, il tono di voce e la personalità che dovrà avere ecc.
I vantaggi dell’utilizzo delle chatbot sono molteplici: aumento delle vendite, generazione di lead, semplificazione dell’assistenza clienti e persino l’automazione di varie attività dei processi aziendali.
Uno studio condotto da Business Insider stima che il mercato delle chatbot raggiungerà nel 2024 quota 9,4 miliardi di dollari con un tasso di crescita pari al 30%. L’utilizzo di piattaforme chatbot si sta espandendo coinvolgendo aziende di ogni settore, dal finance al marketing, dalla salute alle telecomunicazioni.
Inoltre, secondo le stime di Gartner, entro il 2021 il 70% delle organizzazioni migliorerà la produttività del personale integrando l’intelligenza artificiale sul posto di lavoro. La società di analisi prevede che entro il 2022 il 70% dei colletti bianchi interagirà quotidianamente con colleghi, clienti e fornitori attraverso le piattaforme di conversazione e che entro il 2025 il 95% delle relazioni con i clienti saranno gestite senza interagire con un essere umano.
Per far funzionare una chatbot e ottimizzare i costi della servitizzazione è fondamentale essere centrati sul cliente. Conoscere il proprio target, il comportamento, le reali esigenze che si trovano ad affrontare quando interagiscono con questi tipi di strumenti è necessario per offrire ai propri utenti una nuova esperienza positiva e coinvolgente durante l’interazione con questa tecnologia. In questo modo le chatbot potranno contribuire a migliorare la customer experience e a fidelizzare il cliente.
B2B e B2C, è necessario mescolare strategie e dinamiche
L’esigenza di far evolvere e migliorare l’esperienza del cliente/utente è una prerogativa sia per le aziende del B2B che del B2C.
Se, infatti, fino a qualche tempo fa era importante solo massimizzare le vendite dei prodotti, oggi al centro delle strategie c’è la creazione delle condizioni ideali per stabilire una relazione proattiva e di lungo termine con il cliente.
La tecnologia delle chatbot si adatta a esigenze diverse per qualsiasi tipologia di organizzazione che abbia l’obiettivo di ridurre la distanza tra azienda e cliente.
Evidente è la loro applicazione per il supporto e l’assistenza al servizio clienti, in realtà possono essere utilizzate in diversi processi aziendali e applicazioni utente. Possono, ad esempio, ricoprire il ruolo di assistenti virtuali degli operatori di produzione, gestire le forniture e assistere nell’evasione e nella consegna degli ordini; e ancora, essere utilizzate all’inizio del processo di acquisto per rispondere alle domande dei potenziali clienti, per monitorare le campagne digitali e perché no utilizzati per vendere… Come “Pennino”, il primo venditore digitale progettato dal collega Federico Cussigh di It’s.:.B2b insieme a Segnoprogetto e Kjosul.
Ci troviamo di fronte a una nuova realtà in cui da un lato i modelli di business stanno diventando sempre più orientati ai servizi, dall’altro la digitalizzazione sta cambiando i metodi di gestione dei servizi attraverso intelligenza artificiale, chatbot, IoT e nuove esperienze dei clienti.
In questo contesto, in cui la gestione del servizio nella sua nuova forma digitale sta acquisendo un’importanza strategica centrale, il servitization manager assume un ruolo fondamentale nell’osservare, con la stessa attenzione con cui si osserva l’innovazione in fabbrica, la possibilità di usare le opportunità delle tecnologie per industrializzare e rendere più efficace ed efficiente il servizio.