Verso un’innovazione più aperta e collaborativa: come stanno cambiando le proposte dei fornitori di tecnologie abilitanti

Viviamo un periodo di profonda trasformazione delle dinamiche di mercato: le imprese manifatturiere hanno iniziato a maturare esperienza, ma soprattutto consapevolezza di quello di cui realmente hanno bisogno. E finalmente la proposta dei fornitori di tecnologie abilitanti – in particolare dell’Automazione e del Digitale – è oggi significativamente più orientata a rispondere a delle effettive esigenze del mercato.

Pubblicato il 20 Apr 2023

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Ad Hannover, lì dove 12 anni fa è nata l’Industria 4.0, si iniziano a delineare più chiaramente le tracce del futuro dell’innovazione al servizio del settore manifatturiero, dopo la tempesta perfetta che, tra pandemia, protezionismi, guerra e crisi delle catene di fornitura, è arrivata persino a mettere in crisi il modello dell’iper-globalizzazione.

La prima notizia è che la nuova strada, almeno in Tedesco, non si chiama Industria 5.0. Nei messaggi in fiera erano completamente assenti i riferimenti alla cosiddetta quinta rivoluzione industriale che da qualche tempo sta invece conquistando la comunicazione di alcuni big player e suscitando l’interesse delle imprese manifatturiere. Eppure le aziende che dettano i trend sono le stesse, dal momento che in Italia non abbiamo purtroppo aziende nella top 10 dell’automazione.

Qual è la differenza tra Italia e Germania, allora? Semplicemente un diverso approccio al mercato: lì è ancora forte il richiamo al paradigma dell’Industria 4.0, che evidentemente ancora deve finire di dispiegare il proprio potenziale, persino per le imprese manifatturiere tedesche. Al 4.0 erano dedicati gran parte dei palchi, delle conferenze e delle iniziative. Da noi invece si è sentito evidentemente il bisogno di messaggi nuovi, in grado di incorporare le istanze della transizione green con quelle della trasformazione digitale. E un po’ di complicità ce l’hanno anche i rappresentanti della politica e delle istituzioni: da noi il presidente di Confindustria e il ministro delle imprese e del made in Italy parlano di 5.0, da loro no.

Ma torniamo a parlare di quello che si è visto in fiera, perché, come spesso accade, la sostanza dietro la “nomenclautura” non è poi così diversa. Nell’uso della parola Industria 5.0, come sappiamo, si concentrano tre concetti: la sostenibilità, la resilienza, l’umanocentrismo. E tutte queste tre direttrici erano chiaramente presenti – in questo preciso ordine – nelle proposte tecnologiche in mostra. Ma non erano le sole.

Focus sulle esigenze del mercato: dalla logica push a quella pull

A colpire maggiormente, infatti, è quanto la proposta dei fornitori di tecnologie abilitanti – in particolare dell’Automazione e del Digitale – sia oggi significativamente più orientata a rispondere a delle effettive esigenze del mercato. Se infatti fino almeno al 2017 abbiamo visto un’innovazione “spinta” dal lato dell’offerta (logica push), oggi la sensazione netta è che sia la domanda a determinarne le direttrici (logica pull).

È un po’ – mi si perdoni il paragone storicamente improprio – la stessa cosa che successe nei primi anni Duemila, quando i fornitori di soluzioni di interconnessione per il campo erano nel pieno delle battaglie tra i diversi protocolli e alla fine un colosso dell’Automotive spiazzò tutti pretendendo di avere un unico cavo dalla fabbrica agli uffici direzionali e dicendo anche che qual cavo doveva essere Ethernet. Mutatis mutandis oggi sta succedendo qualcosa di simile: stiamo uscendo da una “sbornia” di offerta tecnologica mirabilante per entrare in una fase in cui i fornitori di tecnologie iniziano a ragionare molto di più su proposte concrete che incontrino le richieste del mercato.

Facciamo però nomi e cognomi. Negli ultimi dodici anni abbiamo visto salire alla ribalta una serie di proposte completamente assenti prima dal panorama industriale: IoT, realtà aumentata, intelligenza artificiale, edge computing, comunicazione wireless, linguaggi dell’informatica al posto di ladder e testo strutturato, firewall, robot collaborativi, additive manufacturing, per citarne alcune. Sono certamente tutte tecnologie che offrono enormi benefici alle industrie, ma che le aziende non avevano nemmeno immaginato di poter utilizzare nei processi manifatturieri e che hanno fatto anche fatica a comprendere. Innovazioni, insomma, piovute dal genio dei fornitori che hanno suggerito alle imprese nuovi modi per essere più competitive, efficienti e produttive.

Le nuove priorità

Oggi lo scenario è diverso. La pandemia e tutto quello che ne è seguito – in particolare il fenomeno della chip scarcity – hanno costretto gli uffici di R&S dei fornitori di tecnologie abilitanti a concentrarsi sul redesign dei loro prodotti. Dall’altro lato le imprese manifatturiere hanno iniziato a maturare esperienza, ma soprattutto consapevolezza di quello di cui realmente hanno bisogno. Le esigenze non sono cambiate, ma è decisamente diversa la priorità. Se fino al 2019 avevamo un focus sulla ricerca di prestazioni, sulla riduzione dei costi, sull’ottimizzazione del magazzino, sul time to market, oggi queste esigenze sono in secondo piano rispetto ad altre più urgenti.

Qualche esempio vale più di tanti concetti. La necessità di offrire risposte a consumatori più esigenti in fatto di sostenibilità ha spostato il focus dall’efficienza energetica in funzione di puro risparmio di costi alla manifattura circolare.

Ancora, l’interruzione delle catene di fornitura ha demolito il mito della logistica “just-in-time”, favorendo la ricerca di partner affidabili e di magazzini con buffer in grado di sopperire ad eventuali problemi di fornitura.

Lo scenario geopolitico, poi, sta cambiando la proiezione internazionale delle imprese, oggi sicuramente più attente ai mercati domestici e a quelli dei paesi “amici” che non alla Cina – e questo sia dal lato della fornitura che da quello dei mercati di sbocco.

Ultimo, ma solo in ordine di esposizione, è il tema dell’approccio al mercato: sta infatti cambiando anche il modo di relazionarsi con i fornitori. Se prima il rapporto cliente-fornitore era prettamente commerciale, oggi la filiera diventa più collaborativa: c’è meno autoreferenzialità e maggiore propensione alla collaborazione sia tra i fornitori sia tra gli utilizzatori.

L’innovazione aperta

Infine c’è il tema dell’apertura, da leggere in due sensi: da un lato si registra una maggiore collaborazione tra le aziende all’interno di consorzi che promuovono piattaforme standardizzate, per rispondere proprio alle istanze di chi vuole poggiare i propri percorsi di innovazione su soluzioni interoperabili.

L’altro aspetto sono invece le iniziative individuali dei fornitori che stanno progressivamente abbandonando proposte che, dietro le insegne dell’integrazione e con la promessa di performance superiori, hanno celato per anni la spinta su sistemi chiusi e proprietari.

Se si tratta di un’istanza a cui hanno iniziato a rispondere logicamente prima i player che non avevano posizioni dominanti sul mercato, oggi la novità è che anche i big stanno abbracciando questo paradigma. Per fare solo due esempi, citiamo Bosch Rexroth, che ha trasformato la propria proposta CtrlX Automation in un vero sistema operativo aperto ad hardware di terze parti, che è stato scelto da Wago per i propri sistemi di controllo; e Siemens, che con il lancio di Xcelerator e della sua declinazione per l’industria manifatturiera Industrial Operations X, di cui fa parte il primo virtual PLC della storia, sta avanzando una proposta aperta agli hardware di terze parti.

L’hardware, insomma, sembra perdere definitivamente il suo ruolo di fattore di differenziazione nella proposta tecnologica, cedendo il posto al software e ai servizi.

Un futuro all’insegna della semplicità

Le dinamiche che abbiamo provato a sintetizzare finora mostrano abbastanza chiaramente che siamo entrati in una nuova era caratterizzata da un approccio più pragmatico, aperto e collaborativo, in cui anche ruoli storicamente definiti (per esempio la catena fornitore – integratore – costruttore di macchine – azienda manifatturiera – consumatore) sono rimessi in discussione.

L’innovazione collaborativa all’interno di ecosistemi basati su standard riconosciuti sembra essere un pilastro di questa nuova stagione.

L’altro grande tema è quello dell’evoluzione delle interfacce. Che si tratti della programmazione degli applicativi, della fruizione delle informazioni, dell’integrazione di nuove funzioni o della modifica dei layout di produzione, oggi le imprese manifatturiere stanno finalmente trovando delle risposte concrete da parte dei fornitori di tecnologie, attenti a offrire innovazioni semplici da integrare e utilizzare.

In questa direzione rema l’integrazione tra il dominio IT e quello OT, con la possibilità di impiegare del mondo informatico accanto a quelli tradizionali dell’automazione. Il che, come ulteriore beneficio, porta anche la possibilità di parlare più semplicemente alle nuove generazioni degli operatori e rendere la manifattura una destinazione più appetibile per i lavoratori.

Un aspetto, questo, che si inserisce nel più ampio tema della carenza di competenze (e più spesso proprio di personale): sempre meno operatori sono chiamati a fare più cose. Di qui la proposta di soluzioni auto-organizzanti e soprattutto intuitive: un altro esempio di come il mito della fabbrica autonoma da proposta nata per abbattere i costi e aumentare la produttività si trasformi in un’esigenza volta a strutturare il know how aziendale all’interno di sistemi responsive.

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Franco Canna
Franco Canna

Fondatore e direttore responsabile di Innovation Post. Grande appassionato di tecnologia, laureato in Economia, collabora dal 2001 con diverse testate B2B nel settore industriale scrivendo di automazione, elettronica, strumentazione, meccanica, ma anche economia e food & beverage, oltre che con organizzatori di eventi, fiere e aziende.

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