Una legge per l’industria a zero emissioni: così l’UE punta alla leadership in materia di innovazione green

A Davos la Presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen ha presentato il Piano industriale europeo per attuare il Green Deal e fare dell’Europa un leader nel campo delle tecnologie pulite attraverso un Fondo europeo per la sovranità, una legge per l’industria a zero emissioni e una sulle materie critiche, per proteggere l’industria europea dalla concorrenza di Stati Uniti e Cina e accelerare sul raggiungimento degli obiettivi del Green Deal.

Pubblicato il 18 Gen 2023

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Un Piano industriale europeo per attuare il Green Deal e fare dell’Europa un leader nel campo delle tecnologie pulite, intervenendo su quadro normativo, finanziamenti, competenze e commercio. Si è incentrato sulle sfide e le opportunità nel contesto della transizione green il discorso pronunciato dalla Presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen nel corso della giornata inaugurale del Forum internazionale di Davos.

Un discorso in cui Von Der Leyen ha sottolineato l’urgenza di accelerare nell’innovazione green creando i presupposti per favorire la transizione sostenibile dell’industria europea, proteggendola dalle pratiche concorrenza sleale di Stati Uniti e Cina, ma evitando di adottare un approccio protezionistico che danneggerebbe l’industria e le imprese europee.

Un Fondo europeo per la sovranità per accelerare l’innovazione in tecnologie green

“Abbiamo una piccola finestra per investire nella tecnologia pulita e nell’innovazione per guadagnare la leadership prima che l’economia dei combustibili fossili diventi obsoleta”, ha ricordato Von Der Leyen.

“È necessario essere competitivi con le offerte e gli incentivi attualmente disponibili al di fuori dell’Unione Europea”, ha aggiunto la Presidente della Commissione.

Da un lato, infatti, l’Unione europea guarda con preoccupazione agli Stati Uniti che attraverso l’Inflation Reduction Act hanno messo a disposizione delle imprese 369 miliardi di dollari a supporto dell’innovazione green. Fondi che l’UE vorrebbe fossero accessibili anche alle proprie produzioni, così come avviene per Messico e Canada (che sono però partner commerciali degli Usa).

Dall’altro, si guarda con preoccupazione anche alla Cina, che ha apertamente incoraggiato le aziende ad alta intensità energetica in Europa e altrove a delocalizzare tutta o parte della loro produzione, promettendo manodopera ed energia a basso costo.

Ecco perché uno dei pilastri del Piano industriale europeo per il Green Deal riguarda proprio i finanziamenti da mettere in campo nel breve e nel medio termine per proteggere e supportare l’innovazione europea nel campo delle tecnologie pulite.

Nel breve termine, spiega Von Der Leyen, si interverrà sul quadro degli aiuti di Stato per velocizzare e semplificare l’accesso ai sussidi, con aiuti mirati per gli impianti di produzione nelle catene di valore strategiche delle tecnologie pulite.

Un intervento quindi per arginare il rischio di delocalizzazione derivante dai sussidi esteri che, tuttavia, la Commissione sa bene che non può essere risolutivo nel medio periodo e che, anzi, rischierebbe di frammentare il mercato unico: la situazione dei singoli Stati membri è infatti ben diversa e se ci sono Paesi con i bilanci in regola (come Germania e Francia), molti altri (tra cui l’Italia) non hanno la stessa capacità di sostenere le proprie imprese.

Per il medio termine l’Europa pensa invece a un Fondo europeo per la sovranità, che verrà delineato nell’ambito della revisione del bilancio finanziario dell’Unione, prevista per quest’anno.

“Si tratterà di una soluzione strutturale per incrementare le risorse disponibili per la ricerca a monte, l’innovazione e i progetti industriali strategici fondamentali per raggiungere lo zero netto. Ma dato che ci vorrà un po’ di tempo, studieremo una soluzione ponte per fornire un sostegno rapido e mirato dove è più necessario”, ha spiegato Von Der Leyen.

Verso il Net-Zero Industry Act e la legge sulla materie prime critiche

Il quadro finanziario è solamente il secondo dei quattro pillar del Piano industriale europeo per il Green Deal delineato dalla Presidente della Commissione a Davos. Il primo riguarda il quadro normativo che regola e incentiva i piani di transizione sostenibile dei settori dell’industria europea (come i piani NextGenerationEU e REPowerEU), necessario per concretizzare il target net-zero per il 2050.

Per questo la Commissione sta già pensando a un Net-Zero Industry Act, sulla scia del Chip Act, che permetterà di scalare rapidamente i progetti innovativi e di creare condizioni favorevoli per i settori cruciali per il raggiungimento dello zero netto in materia di emissioni.

La legge sull’industria a zero emissioni andrà di pari passo con la legge sulle materie prime critiche. Un tema cruciale all’autonomia e alla resilienza dell’Unione, come aveva già sottolineato l’analisi delle dipendenze dell’UE realizzata nel contesto della strategia industriale europea: per le terre rare (necessarie per la produzione di tecnologie chiave come la generazione di energia eolica, l’immagazzinamento dell’idrogeno o le batterie), infatti, l’UE dipende per il 98% dalla Cina, mentre per il litio dipende per il 90% da tre Paesi.

Una catena di fornitura troppo stretta per risorse che stanno diventando sempre più strategiche. Ecco perché, parallelamente alla legge sulla materie critiche, la Commissione lavorerà anche alla creazione di un club delle materie prime critiche, collaborando con partner che condividono le stesse idee per rafforzare collettivamente le catene di approvvigionamento e diversificare i fornitori da quelli singoli.

Focus sulle competenze necessarie alla transizione green

Il terzo pilastro del Piano industriale Green Deal sarà lo sviluppo delle competenze necessarie per realizzare la transizione.

“La migliore tecnologia è buona solo quanto i lavoratori qualificati che possono installarla e farla funzionare. Con un’enorme crescita delle nuove tecnologie, avremo bisogno di un’enorme crescita delle competenze e dei lavoratori qualificati in questo settore”, spiega Von Der Leyen.

Un aspetto critico per l’Unione, che sconta sul campo delle competenze una situazione molto diversificata tra i suoi Paesi membri, ma di generale ritardo: solo il 54% degli europei di età compresa tra i 16 e i 74 anni possiede almeno competenze digitali di base e per raggiungere gli obiettivi prefissati si dovrà cercare di arrivare all’80% entro il 2030.

Per questo, l’aspetto delle competenze sarà trasversale a tutte le attività dell’UE, sia in campo normativo che finanziario.

Un commercio aperto ed equo

Il quarto pilastro riguarda proprio lo sforzo internazionale che l’Unione europea dovrà compiere in un contesto internazionale sempre più sfidante.

“Abbiamo bisogno di un programma commerciale ambizioso, anche sfruttando al meglio gli accordi commerciali, ad esempio con il Canada o con il Regno Unito, con cui stiamo cercando di risolvere le nostre difficoltà. Stiamo lavorando per concludere accordi con Messico, Cile, Nuova Zelanda e Australia e per fare progressi con India e Indonesia”, ha sottolineato la Presidente della Commissione.

“Dobbiamo quindi concentrarci sul de-risking piuttosto che sul decoupling. Ciò significa utilizzare tutti i nostri strumenti per affrontare le pratiche sleali, compreso il nuovo regolamento sulle sovvenzioni estere. Non esiteremo ad aprire indagini se riterremo che i nostri appalti o altri mercati siano distorti da tali sussidi”, ha aggiunto.

Piano industriale europeo per il Green Deal, la reazione di Confindustria

Una sfida importantissima perché “Stati Uniti e Cina non stanno cambiando le regole del gioco: stanno cambiando il gioco”, ha sottolineato il Presidente di Confindustria Carlo Bonomi in un’intervista a La Repubblica.

Un contesto in cui l’UE dovrà saper trovare il giusto equilibrio tra la protezione da queste pratiche di concorrenza sleale ed evitare politiche protezionistiche, che danneggerebbero l’industria europea.

Un’industria, ricorda Bonomi, ha retto l’impatto delle crisi che si sono succedute in questi anni proprio grazie all’export e che crollerebbe senza tale componente.

“Non ci dobbiamo focalizzare sui protezionismi americani, ma su come fare l’Industria 5.0 in Europa”, ha spiegato.

Bonomi ha accolto con favore la proposta della Commissione di istituire un Fondo europeo per la sovranità in materia di transizione green, sottolineando tuttavia che questo fondo dovrebbe essere rivolto alla promozione dell’innovazione europea a 360° e non solo alle tecnologie pulite.

Un fondo che, concorda il Presidente di Confindustria, non potrà essere finanziato attraverso il ricorso agli aiuti di Stato, ma attraverso degli Eurobond.

Un fondo analogo dovrà essere creato anche per quanto riguarda le terre rare, proprio per fronteggiare la situazione di dipendenza che Von Der Leyen ha sottolineato nel suo discorso.

“La reale sfida che abbiamo di fronte non è tanto sull’autonomia differenziata quanto invece l’autonomia industriale europea“, ha precisato Bonomi.

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Michelle Crisantemi

Giornalista bilingue laureata presso la Kingston University di Londra. Da sempre appassionata di politica internazionale, ho vissuto, lavorato e studiato in Spagna, Regno Unito e Belgio, dove ho avuto diverse esperienze nella gestione di redazioni multimediali e nella correzione di contenuti per il Web. Nel 2018 ho lavorato come addetta stampa presso il Parlamento europeo, occupandomi di diritti umani e affari esteri. Rientrata in Italia nel 2019, ora scrivo prevalentemente di tecnologia e innovazione.

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