È stata formulata la norma che solleva il datore di lavoro dalla possibile responsabilità penale nel caso in cui un proprio lavoratore contraesse il Covid-19. Le Commissioni riunite Finanze e Attività Produttive hanno approvato un emendamento (il 27.08) al Decreto cosiddetto “liquidità”, che dovrà passare al vaglio delle camere.
Qualora venisse approvato in sede di conversione, assumerebbe valore normativo (come esplicitamente richiesto dal mondo delle imprese) ciò che già aveva chiarito l’Inail tramite alcune circolari, ovvero che il rispetto dei protocolli per la sicurezza dei lavoratori garantisce la tutela da parte del datore di lavoro contro il rischio di contagio da Covid-19, sollevandolo dall’eventuale responsabilità penale.
Così recita il nuovo articolo 29-bis, formulato dalle Commissioni: “ai fini della tutela contro il rischio di contagio da COVID-19, i datori di lavoro pubblici e privati adempiono all’obbligo di cui all’articolo 2087 del codice civile mediante l’applicazione delle prescrizioni contenute nel protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro, sottoscritto il 24 aprile 2020 tra il Governo e le parti sociali, e successive modificazioni e integrazioni, e negli altri protocolli e linee guida di cui all’articolo 1, comma 14, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, nonché mediante l’adozione e il mantenimento delle misure ivi previste. Qualora non trovino applicazione le predette prescrizioni rilevano le misure contenute nei protocolli o accordi di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.
Le “misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro” quindi, saranno garantite dall’imprenditore che rispetta le regole fissate dai protocolli di settore. In primis, quello firmato lo scorso 24 aprile da Governo e parti sociali, dedicato alle attività produttive. Ma non solo: l’articolo fa riferimento anche a tutti i protocolli che sono stati e potranno essere adottati dalle Regioni o dalla Conferenza delle Regioni, come quelli contenuti nell’ultimo DPCM, che ha fissato le regole da seguire a partire dallo scorso 18 maggio.
Il chiarimento, ricordiamo, avrà effetto solo nel momento in cui il Decreto liquidità sarà convertito in legge. Nel frattempo, gli imprenditori dovranno accontentarsi delle circolari pubblicate dall’Inail. L’ultima (la n.22 del 20 maggio, che ha avuto il “parere favorevole del Ministro del Lavoro”) ha specificato che “le patologie infettive” come il Covid-19 “contratte in occasione di lavoro sono da sempre inquadrate e trattate come infortunio sul lavoro poiché la causa virulenta viene equiparata alla causa violenta propria dell’infortunio, anche quando i suoi effetti si manifestino dopo un certo tempo”. Il lavoratore che ha contratto il Covid-19 è quindi tutelato dall’Inail, beneficiando dell’indennità per inabilità temporanea assoluta anche nel periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria. Ma dato che, per ammissione dello stesso Istituto, “è difficile o impossibile stabilire il momento contagiante“, per definire una responsabilità penale del datore di lavoro bisognerebbe provarne una condotta quantomeno colposa, identificata nella violazione degli obblighi “che si possono rinvenire nei protocolli e nelle linee guida governativi e regionali”.
Sarà quindi il rispetto accertato dei protocolli di sicurezza ad escludere l’ipotesi di responsabilità penale del datore di lavoro. Lo ha chiarito l’Inail e da oggi dovrebbe prevederlo anche una norma contenuta in una legge: quella di conversione del decreto liquidità, che ora sarà nelle mani del Parlamento.