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Transizione 5.0, il consiglio dell’esperto: “Tempi ristretti, prepararsi subito alle nuove regole”

Il Piano Transizione 5.0 offre importanti benefici, ma richiede un’attenta pianificazione per rispettare i tempi e massimizzare i risultati. In particolare le aziende devono operare una chiara definizione dei progetti di innovazione, focalizzati sulla riduzione dei consumi energetici, e rispettare vincoli stringenti sui tempi e le risorse disponibili. È quindi fondamentale prepararsi con attenzione, definendo il perimetro di interesse (struttura produttiva o processo interessato) e misurando accuratamente i consumi ex-ante ed ex-post. La scelta dei soggetti certificatori qualificati è cruciale. L’opinione e i consigli di Paolo Gianoglio, Direttore Innovazione, Sviluppo e Relazioni Associative di ICIM Group

Pubblicato il 22 Mag 2024

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Il Piano Transizione 5.0 utilizza risorse economiche provenienti dal piano RePowerEU che è stato poi integrato nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Il riferimento normativo alla “decisione del Consiglio ECOFIN dell’8 dicembre 2023” e a “quanto disposto in relazione all’Investimento 15 – «Transizione 5.0», della Missione 7 – REPowerEU”, che a molti di noi, profani delle complesse relazioni tra bilancio dello Stato e finanziamenti Europei, può apparire un elemento marginale, determina in realtà diverse conseguenze con riferimento a:

  • precisi obiettivi di efficientamento energetico;
  • vincoli sui tempi (chiusura della rendicontazione di spesa al 31/12/2025);
  • esclusione di investimenti su settori cosiddetti «non DNSH»;
  • limiti precisi sulle risorse disponibili e conseguente necessità di autorizzare le misure ex-ante in funzione della disponibilità residua.

Il nuovo Piano pone una complessità gestionale molto maggiore alla precedente Transizione 4.0, che si è tradotta in un ritardo nella pubblicazione del decreto attuativo Ministero delle Imprese e del Made in Italy che permetterà di definire le modalità operative dell’incentivo.

Ma come prepararsi nel frattempo? Cosa è ragionevole attendersi e cosa possono fare le imprese che ritengono di utilizzare il Piano Transizione 5.0 per finanziare i loro nuovi investimenti? Come vedremo, ci sono alcuni elementi su cui si può già lavorare, in attesa di una più precisa definizione dei dettagli.

Il perimetro del progetto di innovazione: processo o struttura produttiva?

La predisposizione del progetto di innovazione necessario per il conseguimento della riduzione di consumi energetici richiede innanzitutto di definire attentamente il perimetro di interesse.

Come sappiamo, l’incentivo è riconosciuto se l’impresa, effettuando investimenti in beni materiali e immateriali di cui agli allegati A e B annessi alla legge 11 dicembre 2016, n.  232, consegue una riduzione dei consumi energetici della struttura produttiva, cui si riferisce il progetto di innovazione non inferiore al 3 per cento o, in alternativa, una riduzione dei consumi energetici dei processi interessati dall’investimento non inferiore al 5 per cento.

Ma cosa dobbiamo intendere per struttura produttiva e per processo interessato?

Pare confermato che con struttura produttiva si intenderà il sito, costituito anche da più edifici contigui, finalizzato alla produzione di beni e/o servizi, entro il quale sia realizzato un ciclo produttivo e parte di un ciclo produttivo, oppure sia erogato un servizio o una parte di un servizio.

Il processo interessato è invece una fase di lavorazione di un processo produttivo o di un servizio, con relative attività correlate, all’interno del quale sono introdotti i beni oggetto di investimento.

Sulla base di queste definizioni è possibile per l’azienda cominciare a ragionare su quale opzione scegliere (struttura o processo interessato), prestando in particolare attenzione ad alcuni corollari:

  • la struttura produttiva non coincide con il singolo edificio in cui saranno inseriti i beni oggetto del nuovo investimento, ma è anche possibile che dal calcolo dei consumi siano escluse le componenti non destinate al processo produttivo e/o all’erogazione del servizio (es. riscaldamento e illuminazione delle aree destinate ad uffici)
  • Il processo interessato deve includere il/i bene/i oggetto di investimento ma può essere necessario considerare, nella valutazione dei relativi consumi, un perimetro più ampio dei soli beni oggetto di investimento, se questi non coprono l’intero processo. Se per esempio consideriamo una macchina utensile che per funzionare ha necessità di un compressore, ed è parte di una linea automatizzata cha carica i prodotti in input e li scarica successivamente in appositi contenitori o in un’area buffer, il consumo ex ante ed ex post deve includere l’intero processo, includendo compressore + linea di automazione, anche se questi componenti restano i medesimi prima e dopo l’investimento. In altre parole, nel caso di riduzione dei consumi misurata su un singolo processo, i/il macchinari/o oggetto dell’investimento potrebbero riguardare solo una parte del processo interessato, e in tal caso la riduzione dei consumi sarà calcolata con riferimento ai consumi dell’intero processo, e non solo dei beni sostituiti.

È abbastanza evidente come una chiara e solida definizione di quale sia il processo interessato, quali siano i suoi elementi di input e output, cosa differenzi il processo in esame dalla fase precedente e da quella successiva e consenta quindi di isolarne idealmente i consumi, quali siano le “attività correlate” che devono essere necessariamente incluse, sono tutti elementi critici (in positivo e in negativo) per una corretta definizione del “Progetto di innovazione” e per la conseguente definizione delle soglie di accesso al beneficio fiscale.

La misurazione dei consumi ex-ante

La norma prevede che il consumo ex-ante sia “calcolata con riferimento ai consumi energetici registrati nell’esercizio precedente a quello di avvio degli investimenti”.

Nella realtà industriale, tuttavia, sono frequenti i casi in cui non sia disponibile la registrazione dei consumi relativi ad un determinato processo. Ci attendiamo quindi che il decreto attuativo consentirà, oltre alla misurazione, anche la stima dei consumi ex-ante, purché effettuata con metodologie tecniche e scientifiche aggiornate allo stato dell’arte e adeguate al contesto.

Anche nel caso di consumi misurati, la documentazione del progetto di innovazione dovrà descrivere come è stata realizzata la misura (specifiche tecniche della strumentazione, punti di misura, schemi della misura per i diversi vettori energetici misurati, tempi del monitoraggio). Se ciò non sarà espressamente previsto per la documentazione da inviare ex-ante a GSE, sarà opportuno mantenere queste evidenze all’interno del dossier di progetto con la logica di costruire un solido “defensive record” in previsione di futuri controlli.

Ove non sia possibile riferirsi a consumi misurati nell’esercizio precedente, i consumi potrebbero essere stimati, purché la stima sia riconducibile a dati desumibili da adeguata documentazione tecnica. A puro titolo di esempio:

  • dati di misure e monitoraggi per tempi inferiori ai 12 mesi, purché rappresentativi delle reali condizioni operative;
  • stime basate a partire da dati di consumo reali, riparametrati per la quota parte che si può attribuire al processo interessato sulla base di elementi oggettivi (es. dati di targa, specifiche tecniche);
  • modellizzazione con ausilio di appositi strumenti software;
  • analisi di mercato e dati di letteratura (riferimenti a BAT, BREF etc.).

Nell’attesa di ulteriori dettagli che ci saranno forniti dal decreto Ministero delle Imprese e del Made in Italy, tutte le imprese possono quindi sicuramente avviare una valutazione che sia la più rigorosa possibile dei loro consumi ex-ante, tenuto conto inoltre che:

  • la base temporale di riferimento sarà sempre pari a 12 mesi, quindi i consumi misurati o stimati dovranno essere riportati a tale riferimento temporale;
  • per consentire l’equivalenza tra le diverse fonti di approvvigionamento energetico, la misura dei consumi sarà espressa in tonnellate equivalenti di petrolio (tep).

La stima dei consumi ex-post

Un piano nato per stimolare investimenti nelle imprese non potrebbe in alcun modo limitare lo sviluppo delle imprese a cui sarà concesso l’incentivo, e per questo motivo la norma prevede che la riduzione dei consumi sia calcolata “al netto delle variazioni dei volumi produttivi e delle condizioni esterne che influiscono sul consumo energetico”.

I consumi ex post dovranno quindi essere normalizzati, per consentire di misurare le differenze (ex-ante ed ex-post) a parità di condizioni, senza vincolare le imprese a mantenere immutati i parametri di produzione.

Per normalizzare i consumi sarà quindi necessario individuare un indicatore di prestazione che sia caratteristico della struttura produttiva o del processo interessato, che dipenderà da una o più variabili operative (numero di pezzi lavorati o prodotti, peso o volume dei materiali lavorati, numero di cicli etc.).

La normalizzazione terrà conto anche delle variate condizioni esterne (es. modifica della tipologia di prodotto, temperatura, stagionalità, fattori di carico etc.). Da valutare quanto il legislatore consentirà di considerare tra le “condizioni esterne” anche la migliorata qualità dell’output, a condizione che tale qualità possa essere parametrata da indicatori quantitativi.

È in ogni caso opportuno che le imprese interessate inizino sia da ora a definire quali indicatori e variabili operative utilizzare per normalizzare i consumi ex-ante ed ex-post.

Nuovi processi o ampliamento di processi esistenti

Il progetto di innovazione di un’impresa potrebbe ragionevolmente riguardare nuovi processi o ampliamento di processi esistenti, in logica di integrazione verticale o ampliamento della gamma di prodotti offerti. In questo caso sarebbe impossibile confrontare i consumi con consumi precedenti, misurati o stimati nel corso dell’esercizio precedente.

Gli orientamenti finora espressi dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy sembrano ricondurre tali casi a quanto già previsto per le imprese di nuova costituzione. Quando gli investimenti effettuati da imprese esistenti dovessero comportare una sostanziale modifica del processo/servizio reso, tale da non consentire una corretta normalizzazione della situazione ex-ante rispetto alle condizioni successive all’investimento, gli stessi dovrebbero essere valutato con riferimento ad uno scenario controfattuale.

Lo scenario controfattuale

La definizione di scenario controfattuale e di come dovrà essere articolato rappresenta uno degli elementi di maggiore incertezza e attesa rispetto ai contenuti del prossimo decreto Ministero delle Imprese e del Made in Italy.

In linea teorica, lo scenario controfattuale è uno scenario in cui, in sostituzione del bene oggetto di investimento che potrà godere dell’incentivo, sia considerato un bene diverso che costituisca l’alternativa sotto il profilo tecnico ed economico.

Ma come considerare l’alternativa?

Sotto il profilo tecnico, se presente, la tecnologia meno efficiente rispetto alla tecnologia ex-post, maggiormente diffusa sul mercato.

Sotto il profilo economico, la tecnologia «primo prezzo» maggiormente diffusa che sarebbe ragionevolmente acquistata in assenza di incentivo. Lo scenario controfattuale dovrà pertanto essere costruito caso per caso, ed adeguatamente documentato, utilizzando:

  • dati di letteratura;
  • schede/specifiche tecniche;
  • studi di settore;
  • ricerche di mercato;
  • dati raccolti dai principali players di mercato;
  • dati registrati presso altri siti o processi riconducibili al nuovo processo, avendo dimostrato che rappresentino una plausibile alternativa di mercato.

In questo processo cruciale, ci attendiamo che saranno fondamentali i contributi offerti dagli studi e dalle regolamentazioni pubblicate negli scorsi anni da GSE ed ENEA, nonché le attività di ricerca delle Università e dei Politecnici, gli studi di settore delle associazioni imprenditoriali, i dossier prodotti dalle grandi imprese che producono tecnologie d’avanguardia. Sarebbe interessante individuare in che modo mettere a fattor comune i repertori di documenti già oggi disponibili al fine di rendere più snella – per le imprese e per i loro consulenti – l’individuazione dei dati più utili e consentire al tempo stesso una convergenza del sistema Italia su valutazioni controfattuali basate su valutazioni autorevoli.

I tempi dell’investimento

Come scritto in precedenza, il Piano Transizione 5.0 impone tempi vincolanti, diversi da quelli a cui in questi ultimi anni ci siamo abituati con Transizione 4.0. Il mancato rispetto dei tempi comporterà il mancato accesso all’incentivo, e non è da escludere che in tale situazione si potrebbe perdere anche la possibilità di accedere a Transizione 4.0.

In estrema sintesi, vediamo le differenze:

Transizione 4.0Transizione 5.0
ordineEntro 31/12/25Precedente a consegna
anticipo 20%Necessario solo se consegna successiva a 31/12/25Entro 30 gg. da autorizzazione ex-ante
consegnaEntro 30/6/26Entro 31/12/25
certificazione consumi ex postNon previstaEntro 31/12/25
interconnessioneNecessaria per accesso all’incentivo, ma senza limiti di tempoEntro 31/12/25
Perizia/attestazione 5+2 requisitiNecessaria per accesso all’incentivo, ma senza limiti di tempoEntro 31/12/25

È quindi indispensabile valutare con grande attenzione i tempi dell’investimento, considerando adeguati tempi per eventuali imprevisti e stipulando contratti di fornitura che garantiscano tempi di consegna certi e vincolanti. In assenza di adeguate garanzie, le imprese dovrebbero considerare l’opportunità alternativa di utilizzare il credito d’imposta del piano Transizione 4.0, la cui dead line riguarda esclusivamente la consegna dei beni, ed è comunque fissata al 30 giugno 2026.

I soggetti certificatori

Le certificazioni ex-ante ed ex-post riguardanti la riduzione dei consumi energetici dovranno essere rilasciate da soggetti definiti nel prossimo decreto attuativo. Tra questi soggetti sono sicuramente compresi gli Esperti in gestione dell’energia (EGE) certificati UNI CEI 11339 e le Energy Service Company (ESCo) certificate UNI CEI 11352) e ci attendiamo che siano inclusi anche gli organismi di certificazione accreditati negli ambiti energetici (ISO 50001, certificazione EGE ed ESCo, GHG etc.). Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha espresso parere contrario ad estendere la platea ad altre categorie di professionisti (bocciatura emendamento de Bertoldi).

Perizie e attestazioni di rispetto dei requisiti previsti dagli allegati A e B sono rilasciate da:

  • ingegneri o periti industriali iscritti nei rispettivi albi professionali;
  • enti di certificazione accreditati secondo UNI CEI EN ISO/IEC 17021, UNI CEI EN ISO/IEC 17065, UNI CEI EN ISO/IEC 17020.

Le imprese che intendono investire utilizzando il Piano Transizione 5.0 dovranno porre particolare attenzione alla selezione dei soggetti certificatori. In particolare:

  • Individuare da subito i soggetti cui affidare le certificazioni energetiche e le certificazioni relative agli allegati A e B: il progetto è infatti condizionato alla validità dell’investimento ai sensi degli allegati A e B (cosiddetto investimento “trainante”), e non è scontato che EGE o ESCo siano competenti a valutare tale aspetto.
  • Verificare le credenziali dei soggetti a cui assegnare le attestazioni; in particolare per EGE ed ESCo è necessario che le certificazioni che ne qualificano la competenza siano state rilasciate da organismi accreditati e siano in corso di validità (vedi anche Banca Dati Accredia)
  • Verificare che la certificazione dell’EGE sia relativa al settore industriale (non civile)
  • Verificare le effettive competenze dei soggetti incaricati, che dovrebbero dimostrare di possedere pregresse competenze negli ambiti dei processi industriali oggetto dell’investimento. Esperienze nell’efficientamento energetico degli edifici potrebbero non essere adeguate a dimostrare la competenza in questo settore.

Nuove opportunità di investimento

Limitatamente agli investimenti che accedono al Piano Transizione 5.0, l’allegato B (beni immateriali) viene ampliato, prevedendo l’ammissibilità agli incentivi anche per:

  1. i software, i sistemi, le piattaforme o   le   applicazioni   per l’intelligenza degli impianti che garantiscono il   monitoraggio continuo e la visualizzazione dei consumi energetici e dell’energia autoprodotta e autoconsumata, o introducono meccanismi di efficienza energetica, attraverso la raccolta e l’elaborazione dei dati anche provenienti dalla sensoristica IoT di campo (Energy Dashboarding);
  2. i software relativi alla gestione di impresa se acquistati unitamente ai software, ai sistemi o alle piattaforme di cui alla lettera a).

I software di cui alla lettera a) sono uno strumento quasi scontato al fine di garantire un adeguato monitoraggio della situazione ex-post. Avranno quindi anche una rilevante funzione di evidenza oggettiva a fronte di successivi controlli. In prospettiva potrebbero inoltre rappresentare uno strumento di fondamentale supporto per tutte le imprese obbligate alla rendicontazione di sostenibilità (CSRD) o per le imprese chiamate a predisporre studi di LCA sui propri prodotti per accedere a determinati mercati.

I software di cui alla lettera b) sono invece un’importante estensione, dopo che per anni la circolare 4/e del 30 marzo 2017 li aveva esplicitamente esclusi dagli incentivi. Ricordiamo infatti a pagina 94 del documento:

software, sistemi, piattaforme e applicazioni per la gestione e il coordinamento della produzione con elevate caratteristiche di integrazione delle attività di servizio, come la logistica interna ed esterna e la manutenzione (quali ad esempio sistemi di comunicazione intra-fabbrica, bus di campo/fieldbus, sistemi SCADA, sistemi MES, sistemi CMMS, soluzioni innovative con caratteristiche riconducibili ai paradigmi dell’IoT e/o del cloud computing). Si precisa che: solo i moduli di un sistema ERP dedicati alla gestione della produzione, alla logistica (interna ed esterna, i.e. sistemi di SCM) e alla manutenzione sono da ritenersi inclusi in questo allegato

Il “progetto di innovazione” dovrebbe quindi valutare con attenzione questa nuova opportunità. Purtroppo, anche in questo caso il vincolo temporale è sicuramente una variabile critica, tenuto conto dei tempi necessari per l’effettiva implementazione di un ERP. Si tratta tuttavia di una valutazione che dovrebbe essere fatta con riferimento ai singoli casi e che potrebbe rendere più appetibile il Piano Transizione 5.0.

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Paolo Gianoglio
Paolo Gianoglio

Direttore Innovazione, Sviluppo e Relazioni Associative ICIM Group

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