Space Economy, un mercato che in Italia vale 200 milioni di euro

Per la Space Economy italiana il 2022 è stato l’anno del consolidamento, in cui si sono poste le basi per il decollo nei prossimi anni. Secondo i risultati della ricerca dell’Osservatorio Space Economy della School of Management del Politecnico di Milano, nel nostro Paese nel 2022 il mercato dei servizi di Osservazione della Terra ha raggiunto il valore di 200 milioni di euro.

Pubblicato il 09 Feb 2023

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Per la Space Economy italiana il 2022 è stato l’anno del consolidamento, in cui si sono poste le basi per il decollo nei prossimi anni.

Tra il 2021 e il 2027, il bilancio complessivo dell’Europa destinato al settore è di 14,8 miliardi di euro, la somma più alta mai stanziata dall’UE per lo Spazio, in un mercato della Space Economy sempre più in crescita: a livello mondiale si attesta attorno ai 100 miliardi di dollari, guidato dagli Stati Uniti con 62 miliardi di dollari di investimenti e un budget Nasa di 24 miliardi di dollari per il 2022.

Il mercato in Italia

Sono alcuni risultati della ricerca dell’Osservatorio Space Economy della School of Management del Politecnico di Milano, presentata questa mattina al convegno “New Space Economy italiana in rampo di lancio”.

In Italia, nel 2022 il mercato dei servizi di Osservazione della Terra ha raggiunto il valore di 200 milioni di euro. Vi operano 144 imprese del segmento downstream, per lo più PMI distribuite su tutto il territorio nazionale, che offrono soluzioni e servizi di Digital Innovation basati su tecnologie e dati satellitari.

Proprio il settore dell’Osservazione della Terra è il più rappresentato nelle applicazioni satellite-based (prodotti e servizi che utilizzano dati provenienti da satelliti elaborati da tecnologie digitali). Oggi se ne contano 421, la maggioranza delle 1008 censite a livello mondiale, seguite da applicazioni di Navigazione satellitare (384) e di Comunicazione satellitare (203).

Lato nuove imprese, nel 2022 le startup della Space Economy hanno raccolto 8 miliardi di euro a livello globale, un rallentamento dopo l’exploit del biennio precedente (con quasi 14 miliardi di euro raccolti 2021), dovuto all’instabilità geopolitica, la crisi dei mercati finanziari e alla frenata delle operazioni di SPAC (Special Purpose Acquisition Company), che sono state regolate nel febbraio 2022.

“Dal punto di vista tecnologico due i macro-trend stanno rivoluzionando completamente questo mercato”, hanno spiegato Angelo Cavallo e Antonio Ghezzi, rispettivamente Direttore e Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Space Economy. “Il primo è l’avvento di sistemi miniaturizzati combinato alla standardizzazione che ha permesso l’avvio della produzione in serie di alcuni sistemi spaziale, favorendo la diffusione di nano-satelliti di meno di 10 kg, con una notevole riduzione di tempo e risorse necessarie nonché un risparmio del costo della messa in orbita. Il secondo macro-trend è il frazionamento, che permette di soddisfare le esigenze dei nuovi utenti del settore spaziale ed è fondamentale per l’erogazione di alcuni servizi, come gli In-Orbit Services”.

Gli ambiti di applicazione

Il 65% del fatturato complessivo di questo settore è legato a enti pubblici nazionali o sovranazionali, Agenzie Spaziali ed Enti pubblici locali come Regioni, Province e Comuni. Il restante 35% è invece imputabile alla domanda proveniente da Grandi imprese, PMI e Startup che stanno per prime investendo in Osservazione della Terra. I principali ambiti di applicazione riguardano diversi settori: da agricoltura a silvicoltura e pesca, da energia a servizi di pubblica utilità, edilizia e infrastrutture. Da finanza, assicurazioni, comparto legale e ambiente a wildlife.

Le imprese del segmento downstream (IT provider e system integrator) operanti nel settore sono 144, aziende localizzate per il 40% nel Nord Italia, per il 40% al Centro, per il 20% al Sud e nelle isole, che hanno un’offerta eterogenea che spazia dai dati ai servizi, passando per tecnologie abilitanti come piattaforme e infrastrutture. Per il 55% delle aziende i sensori ottici sono la fonte dati principale, mentre il restante 45% si appoggia prevalentemente su tecnologie SAR (Synthetic Aperture Radar). Oltre la metà (56%) dei dati utilizzati provengono da fonti pubbliche europee, il 14% da fonti pubbliche extraeuropee, mentre nel 12% dei casi si ricorre a dati pubblici italiani e solo nell’ 11% dei casi a dati privati di grandi multinazionali.

Investimenti in startup

Il calo nei finanziamenti alle startup del settore, passati in un anno da 14 a 8 miliardi di euro, può essere totalmente spiegato dal crollo delle operazioni di SPAC (Special Purpose Acquisition Company), che hanno subito un’azione regolatoria nel febbraio del 2022 e sono calate anche a seguito dell’instabilità geopolitica e la crisi dei mercati finanziari. Al netto delle operazioni di SPAC, invece, gli investimenti in startup della Space Economy negli ultimi anni risulta organicamente stabile. In termini di filiera, l’upstream (le aziende dell’industria spaziale) tende ad attrarre maggiori investimenti per la necessità di progettare e sviluppare nuova infrastruttura, attestandosi al 60% del totale, mentre il downstream (IT provider e system integrator), il cui focus risiede nello sviluppo di servizi a valore aggiunto all’intersezione tra i dati spaziali e le tecnologie digitali, si attesta a circa 3,2 miliardi di euro (40% del totale).

Le imprese integrate verticalmente raccolgono 4,5 miliardi di euro di finanziamenti (oltre il 50% del totale). L’offerta di servizi a valore aggiunto viene sempre più affiancata dalla progettazione e realizzazione dello stesso satellite. Diverse startup ormai prossime alla fase di scaling come Iceye (round da 120 milioni di euro) e Capella Space (round da 90 milioni di euro) stanno proprio adottando la logica di costruire l’infrastruttura internamente.

Al fine di superare le principali difficoltà di tale scelta, quali grandi investimenti e tempi lunghi, alcune startup hanno iniziato ad articolarsi come piattaforma di Space-as-a-Service sulla più lunga onda dell’Everything-as-a-Service che continua a caratterizzare i più diffusi business digitali. Data l’intensità di capitale storicamente caratterizzante lo Spazio, questa configurazione può rappresentare un vero e proprio game-changer per l’intero comparto. Il paradigma dell’as-a-Service risulta dunque uno dei trend di maggiore interesse da osservare e comprendere nei prossimi anni.

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Daniela Garbillo

Giornalista pubblicista con 30 anni di esperienza di redazione, coordinamento e direzione maturata presso case editrici, gruppi e associazioni in diversi settori, dalle tecnologie innovative alle energie rinnovabili, dall'occhialeria al beauty, all'architettura. All'attivo anche importanti esperienze in comunicazione, organizzazione di eventi e marketing.

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