Sette buone letture su innovazione e nuove tecnologie da regalare e da leggere

Dalle strategie per un’impresa di successo all’intelligenza artificiale, dall’Open innovation alla transizione ecologica e digitale: sette libri su innovazione e nuove tecnologie da regalare e da regalarsi

Pubblicato il 20 Dic 2021

libro


Nelle settimane del Natale e delle feste di fine anno si fa qualche regalo ad amici, parenti, colleghi e si ha un po’ più di tempo a disposizione per leggere qualche libro.

Per questo ne segnaliamo alcuni che ci sembrano particolarmente interessanti sui temi e le prospettive dell’innovazione e delle nuove tecnologie.

Dalle strategie per un’impresa di successo all’intelligenza artificiale, dall’Open innovation alla transizione ecologica e digitale, ce n’è per tutti i gusti e c’è solo l’imbarazzo della scelta, e quindi non ci resta che augurarvi buone letture e buone feste.

L’intelligenza non è artificiale

L’Artificial intelligence (AI) è nata “molti decenni fa cercando soprattutto di replicare i ragionamenti logici, dal sillogismo di Aristotele in poi, per cercare di riprodurre il nostro modo di ragionare”, sottolinea Rita Cucchiara nel suo ‘L’intelligenza non è artificiale’, stampato e distribuito da Mondadori.

Oggi l’AI è in grado di “formalizzare la logica in maniera egregia, ed è diventata capace di riprodurre un comportamento che parte dalla percezione del mondo e arriva all’apprendimento, al ragionamento, alla capacità di immaginare i dati che non ci sono e addirittura a controllare e a gestire azioni. Azioni in senso lato: sia fisiche, come quelle di un robot o di una macchina, sia più cognitive e virtuali, come i sistemi di raccomandazione che hanno fatto la fortuna di Amazon”.

I modelli di AI possono essere usati per l’analisi predittiva del malfunzionamento dei macchinari, per l’ottimizzazione di tutta la catena di produzione: dall’approvvigionamento delle materie prime, fino all’interfaccia uomo-macchina, alla realizzazione dei prodotti, al loro stoccaggio, alla logistica e alla vendita, soprattutto online. “E la cosa fantastica”, osserva l’esperta di Intelligenza artificiale, “è che in questi mondi così diversi si utilizzano gli stessi modelli computazionali, modelli in divenire che si trasformano ogni giorno ma che uniscono i saperi sotto il grande ombrello dell’informatica avanzata”.

Blockchain & Made in Italy

“Con una metafora fisica possiamo dire che le PMI italiane non sono tanti atomi isolati, la loro articolazione ricorda piuttosto le strutture molecolari o, passando all’astrofisica, quelle dei sistemi solari. Al centro, alcune macro realtà come Luxottica, Leonardo, Ferrero, Fincantieri, che fanno da capifiliera a enti più piccoli, legati a esse da un’integrazione verticale”, rileva Christian Ferri in ‘Blockchain & Made in Italy’, pubblicato da Mondadori.

Un esempio classico di questo scenario è la filiera dell’automobile italiana, a cui fa capo il gruppo FCA (Fiat Chrysler Automobiles), che vanta circa 10mila piccole e medie imprese fornitrici e del mondo dell’indotto. “Questo particolare tessuto imprenditoriale presenta, quindi, una forte attenzione verso l’artigianalità e la qualità del prodotto, ma anche alcuni punti di debolezza non trascurabili”, fa notare Ferri, che nel suo libro, tra sistemi Blockchain e a ‘registro distribuito’, sensori, dati e auto a guida autonoma, si chiede: quali sono i vantaggi per le imprese italiane? E prova a dare diverse risposte, puntando sulle nuove tecnologie, ma non solo su quelle.

Vite aumentate

“Le tecnologie sono straordinari abilitatori che devono essere utilizzati nel modo giusto per risolvere problemi concreti e avere un impatto nella vita quotidiana delle persone, quasi mai rappresentano da sole la soluzione”, fa notare Massimo Canducci nel suo ‘Vite aumentate’, pubblicato da FrancoAngeli, in cui racconta il passaggio in corso dall’IoT (Internet of Things) all’IoE (Internet of Everything), e come vivremo nel futuro grazie alla tecnologia, tra sostenibilità, Smart city, etica delle tecnologie, e molto altro ancora.

Tra i vari ecosistemi tecnologici “che saranno utili per cambiare il mondo e realizzare una vera e propria umanità aumentata”, anticipa Canducci, “possiamo ricordare per esempio l’Intelligenza artificiale, la realtà virtuale, aumentata e mista, le Blockchain, l’Internet of Things, il Data management. Si tratta di tecnologie che saranno ospitate su piattaforme Cloud, saranno rese sicure grazie a complesse politiche di Cyber security, saranno connesse tra loro tramite vari meccanismi di connettività avanzata e a bassa latenza come il 5G”.

Futuro materiale

Tracciabilità di prodotti e alimenti, elettronica stampabile e persino commestibile, semiconduttori e bioplastiche, materiali rari, energia sostenibile sono alcuni dei temi e dei filoni trattati da Luca Beverina in ‘Futuro materiale’, realizzato da Il Mulino.

“I ‘tatuaggi elettronici’ sono facilmente applicabili, per esempio, sulla superficie di una fragola. Il transistor ricopre la fragola in maniera perfettamente conforme e preserva le medesime caratteristiche elettriche che aveva sul supporto di carta originariamente utilizzato”, la vecchia ‘etichetta’, fa notare l’autore del libro: “dato che tutti i componenti utilizzati durante la stampa del transistor e durante il suo trasferimento sulla superficie della fragola sono perfettamente biocompatibili, la presenza del dispositivo non influenza in nessun modo la commestibilità della fragola. A quanto sembra, non ne influenza neppure il gusto”.

Si tratta di un approccio ancora nella sua fase embrionale ma “dalle grandissime potenzialità. Se infatti l’applicazione più immediata è costituita da una etichettatura intelligente in cui tutte le informazioni sulla tracciabilità di un alimento possono essere direttamente scritte sull’alimento stesso, l’uso in medicina offre possibilità ancora tutte da esplorare”.

Il lavoro che ci salverà

In un mondo aperto e intercorrelato, le imprese più competitive “sono quelle che costruiscono la loro cultura organizzativa sulla libertà; quanto alle ricette, non ne esiste una valida per tutte le organizzazioni e le aziende, perché ogni percorso di innovazione va ‘partecipato’ e calzato secondo le peculiarità di ogni singola realtà”.

È la visione tratteggiata da Marco Bentivogli in ‘Il lavoro che ci salverà’, edizioni San Paolo. Bentivogli rimarca: “le persone rispondono all’ambiente in cui si trovano, alle sue sollecitazioni, agli stimoli. Se metti dei recinti, ottieni delle pecore, e con modalità così sottili che spesso gli interessati non se ne rendono conto”.

Libertà, rispetto, autonomia e responsabilità “cambiano il lavoro e cambiano l’impresa, e mi sembra un approccio molto più efficace rispetto a spendere soldi inutili nei corsi sull’autonomia basati sulla moda dell’empowerment. Chiamare un guru del momento senza cambiare l’organizzazione è inutile e frustrante. In organizzazioni burocratiche con centralizzazione del controllo dall’alto queste cose non funzioneranno mai. A quel punto sono più coerenti i recinti. Le imprese che costruiscono la loro cultura organizzativa sulla libertà hanno maggiore successo”.

Il futuro della Open innovation

Spesso, i processi di innovazione delle aziende “sono chiusi”, fa notare Henry Chesbrough nel suo ‘Il futuro della Open innovation’, pubblicato da Luiss University Press, e cambiare questi processi “significa aprirli”.

Modificare il processo di innovazione in questa direzione è importante perché migliora le prestazioni dell’azienda: le prove sono sempre più numerose. Alcune di queste sono costituite da esperienze di Open innovation di singole imprese. “Un’azienda produttrice di beni di consumo, la General Mills, ha analizzato l’andamento delle vendite in un anno di 60 suoi nuovi prodotti, e ha scoperto che quelli contenenti qualche significativa componente di Open innovation hanno venduto più del doppio di quelli che ne erano privi”, rimarca Chesbrough.

Un colosso e un gruppo mondiale come la Procter & Gamble ha constatato che il ricorso all’Open innovation ha aumentato i suoi ricavi di miliardi di dollari. Un recente studio su 489 progetti di una grande impresa manifatturiera europea ha scoperto che quelli che coinvolgevano significativamente l’Open innovation hanno assicurato all’impresa ritorni maggiori degli altri. L’Open innovation ha inoltre ridotto il tempo che intercorre tra l’ideazione di un prodotto e la sua commercializzazione. Insomma, i vantaggi nell’applicare questi sistemi risultano sempre più vantaggiosi e consistenti.

Digital Business Strategy

La Digital Business Strategy consente di: “predisporre un piano concreto, realistico e allineato al contesto di mercato; valorizzare al meglio le capacità dell’azienda; raggiungere gli obiettivi di business”, spiega Mauro Lupi nel suo libro che s’intitola proprio ‘Digital Business Strategy’, pubblicato da FrancoAngeli.

E rimarca: la vera strategia digitale e vincente per un’impresa è quella che, prima di pensare al ‘che cosa’ (i canali, gli strumenti, i formati, eccetera) parte dai ‘perché’ e dai ‘come’, ossia da quegli interrogativi preliminari che servono a inquadrare il contesto di business nel quale si opera e che guidano l’impostazione e la pianificazione delle iniziative.

L’autore fa notare: “smarchiamo subito un luogo comune, quello per cui il digitale sarebbe essenzialmente un territorio legato alla tecnologia, al software e agli strumenti online, perché non è (solo) questo. È ormai chiaro che il digitale ha un ruolo strategico nel business complessivo in virtù del fatto che tocca la gran parte degli ambiti che fanno funzionare un’azienda. È uno strumento di marketing e di relazione con i clienti, ma è anche un completo canale di vendita. Serve per fare customer service, formazione, recruiting, innovazione. Ha un impatto significativo sugli aspetti finanziari, di organizzazione della logistica, e potrei continuare l’elenco”.

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Stefano Casini

Giornalista specializzato nei settori dell'Economia, delle imprese, delle tecnologie e dell'innovazione. Dopo il master all'IFG, l'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Milano, in oltre 20 anni di attività, nell'ambito del giornalismo e della Comunicazione, ha lavorato per Panorama Economy, Il Mondo, Italia Oggi, TgCom24, Gruppo Mediolanum, Università Iulm. Attualmente collabora con Innovation Post, Corriere Innovazione, Libero, Giornale di Brescia, La Provincia di Como, casa editrice Tecniche Nuove. Contatti: stefano.stefanocasini@gmail.com

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