Schneider Electric, le prospettive del dopo Covid tra resilienza e nuovi servizi

Resilienza, tecnologie abilitanti, nuovi servizi e modelli di business: sono alcune delle parole chiave del mondo industriale dopo la crisi Covid. L’intervista a Massimo Merli, Vice President del settore Industry di Schneider Electric

Pubblicato il 06 Lug 2020

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I temi della resilienza, emersi con forza durante l’emergenza Covid-19, e l’insegnamento che ci hanno lasciato, l’importanza della digitalizzazione e delle politiche di incentivo per industria 4.0, le nuove tecnologie abilitanti e i modelli di business che sono oggi a disposizione delle aziende. Sono state molte le riflessioni emerse dall’intervista rilasciata a Innovation Post da Massimo Merli, Vice Presidente del settore Industry di Schneider Electric, multinazionale francese, uno dei big player del settore dell’energia e dell’automazione (il video dell’intervista integrale è in fondo all’articolo).

La lezione del Covid-19, resilienza in primo piano

“L’emergenza Covid è stata un’esperienza terribile – ha spiegato Merli – ma anche una grande lezione per il contesto produttivo generale”. Gli effetti della pandemia, infatti, hanno avuto un forte impatto su diverse aree, e per questo motivo hanno anche permesso di mettere a frutto soluzioni innovative.

“Abbiamo imparato che quello che ci raccontavamo negli ultimi anni – ha ricordato Merli – ovvero che la trasformazione digitale non era opzionale se si voleva mantenere la competitività nei mercati esteri, era assolutamente vero. Abbiamo capito che Industria 4.0 non era soltanto uno slogan, ma voleva dire flessibilità, riduzione dei costi, sostenibilità e soprattutto era un elemento fondamentale per la resilienza“.

Nella realtà, quindi, le aziende che sono state in grado di mantenere una produzione durante il periodo Covid sono state quelle che sono riuscite ad adattarsi più velocemente. “Abbiamo toccato con mano quanto fosse importante avere strumenti per il monitoraggio remoto, set up e collaudo da remoto delle macchine, nel momento in cui tutte le frontiere erano bloccate. È chiaro che tutti ci auguriamo che questa situazione possa passare nel più breve tempo possibile, ma credo che abbiamo imparato che le cose possono essere fatte anche in modo diverso, nell’ottica della continuità”.

Una crisi che ha permesso di capire che le soluzioni di industria 4.0 non erano solamente una tecnologia da acquisire per usufruire dei benefici fiscali, ma erano anche strumenti che consentono di adottare un nuovo approccio. “Non devo più pensare che prima acquisisco una tecnologia e poi vedo dove la posso applicare”, spiega Merli. “Bisogna partire dalle specifiche necessità e capire dove la tecnologia può aiutare bene e da subito. In questo contesto sono diventate fondamentali una serie di cose. In prima battuta la relazione che si crea con le aziende che, specie se sono medio-piccole con capacità di investimenti limitate, devono essere aiutate a capire i propri elementi di trasformazione digitale per diventare più efficaci. E poi penso che sia fondamentale creare un network di partner diversificati che possono lavorare insieme nella trasformazione digitale”.

Quel “contatto proibito” tra IT e OT

Schneider Electric, però, nel suo ruolo di top player nel settore dell’automazione rappresenta uno dei testimoni del percorso di convergenza tra il mondo IT, quello dell’Information Technology, e il mondo OT, ovvero delle tecnologie di produzione (Operational Technologies). La multinazionale, in questo caso, ha messo a punto una piattaforma, che si chiama EcoStruxure, che vuole rappresentare proprio questa convergenza.

“Lavoriamo in settori che, dagli edifici alle industrie alle infrastrutture, ai data center, sono quelli più energivori, che consumano mediamente il 70% dell’energia globale. Tutte le ricerche, però, ci dicono che c’è un potenziale enorme di efficienza dal punto di vista della gestione dell’energia in questi settori”.

“Il modo per sviluppare l’efficienza si basa su digitalizzazione e automazione e, quindi, il concetto che abbiamo implementato con EcoStruxure si basa sul fatto di definire la trasformazione su tre layer, che sono, a partire dal livello più basso, i prodotti connessi, il controllo dei processi e infine app, servizi e analytics. Da qui abbiamo provveduto a definire tutta la nostra strategia tecnologica, sia sugli edifici che sulle macchine, che sui data center. EcoStruxure, quindi, è un concetto che abbraccia e integra tutto l’approccio della trasformazione digitale trasversale a una configurazione di questo tipo. Questo vuol dire, ad esempio, gestire l’efficienza degli edifici e avere un flusso trasparente di informazioni attraverso un un’unica soluzione integrata di monitoraggio controllo ed efficientamento di un impianto produttivo, indipendentemente dal fatto che sia una macchina di produzione, un ufficio o un data center”.

Tra le carte vincenti di EcoStruxure c’è la scalabilità che permette di lavorare in maniera modulare. “Abbiamo diverse implementazioni di EcoStruxure”, continua Merli. “Ad esempio in ambito industriale la nostra offerta può essere for machine, for plant o altro, e questo vuol dire che io posso digitalizzare una macchina, e quindi avere dispositivi connessi al cloud, software che gestiscono l’efficienza della macchina, ma, soprattutto, ho anche la possibilità di connettere in maniera trasparente e immediata la gestione digitale della macchina a quella della linea e, volendo, all’intero edificio. È l’evoluzione del concetto di fabbrica trasparente che avevamo lanciato qualche decennio fa, nel 1997″.

Il ruolo degli incentivi: serve un orizzonte temporale più lungo

Tra i temi trattati anche la “partita” degli incentivi che, con il piano Industria 4.0, era stata un boost per il mercato. Da gennaio c’è il nuovo piano transizione 4.0 basato sui crediti di imposta che, dopo la crisi del Covid, sarà potenziato diventando “Impresa 4.0 Plus“. Un piano che sarà più orientato alle tecnologie di frontiera, Blockchain, intelligenza artificiale, quantum computing, con un meccanismo di premialità sia per chi le adotta che per chi le indirizza a obiettivi come la sostenibilità e il green.

“Io penso che i temi di Impresa 4.0 Plus siano quelli sui quali si deve insistere – sottolinea Merli – ai quali, però, aggiungo l’aspetto della formazione, che resta fondamentale e sul quale non abbiamo fatto abbastanza. Tutti, poi, abbiamo toccato con mano l’importanza di aspetti come le infrastrutture, perché quando abbiamo dovuto esser più connessi ne abbiamo visto i limiti, e quindi serve lavorare su di banda larga e 5G, che è un altro aspetto fondamentale per abilitare la trasformazione digitale”.

L’altro aspetto critico, secondo Merli, riguarda, l’orizzonte temporale. “Un piano strategico deve essere pluriennale – spiega – perché nessuna azienda investirebbe in un piano della durata di un anno, senza altre certezze. Credo però, che queste cose siano state recepite e che forse cambieranno”.

Servitizzazione: Oem vs end user

Un altro tema centrale, secondo Merli, è la cosiddetta servitizzazione, cioè l’orientamento verso modelli di business che, grazie alla connessione remota tra costruttore e utilizzatore del macchinario, offrono la possibilità di migliorare l’efficienza, di fare manutenzione predittiva attraverso servizi digitali. “Sono temi su cui c’è grande attenzione da parte degli OEM, ma ancora poca sensibilità nei clienti finali”, commenta Merli. “Su questo, però, credo che il Covid cambierà qualcosa, anche perché le aziende devono diventare più efficienti”.

Industria 4.0, insomma, potrebbe agevolare la creazione di un nuovo rapporto tra Oem e end user, con un cambio di modello di business che porta il costruttore di macchine a fornire nuovi servizi, a valore aggiunto. “In generale per noi l’attività legata ai service è una delle più strategiche – continua Merli – perché abbiamo una grande base di installato di distribuzione elettrica, dove il mantenimento della continuità di servizio è determinante. E non parliamo solo di industria ma anche di altri settori, come quello ospedaliero, che in periodo di Covid era sotto stress. Qualcuno già si approccia al machine as a service – conclude Merli – ma è chiaro che questo sistema resta in piedi solo nel momento in cui l’Oem riesce a fornire servizi a valore aggiunto e il cliente è disponibile a pagarli”.

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Fabrizio Cerignale

Giornalista professionista, con in tasca un vecchio diploma da perito elettronico. Free lance e mobile journalist per vocazione, collabora da oltre trent’anni con agenzie di stampa e quotidiani, televisioni e siti web, realizzando, articoli, video, reportage fotografici. Giornalista generalista ma con una grande passione per la tecnologia a 360 gradi, da quella quotidiana, che aiuta a vivere meglio, alla robotica all’automazione.

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