Per guadagnare una posizione di leadership tecnologica ed essere competitivi con gli altri paesi europei l’Italia dovrà aumentare, nei prossimi 3 anni, l’investimento privato in ricerca, sviluppo e innovazione (R&S&I) nel settore ICT di almeno 3,5 miliardi e gli stanziamenti pubblici per attività di R&S in ambito ICT di quasi mezzo miliardo. Serviranno, inoltre, almeno 6.500 ricercatori in più.
Questi gli interventi suggeriti dal primo rapporto sulla ricerca e innovazione ICT in Italia, (disponibile in PDF a fondo articolo), realizzato da Anitec-Assinform (Associazione per l’Information and Communication Technology di Confindustria) con la partecipazione di Apre (Agenzia per la Promozione della Ricerca Europea).
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Investimenti sotto la media europea
Nel 2018 le imprese italiane operanti nel settore ICT hanno investito 2,6 miliardi di euro in ricerca e innovazione. Un dato in crescita (+6,4% sul 2017), ma che vede l’Italia indietro rispetto agli altri paesi europei: gli investimenti fatti rappresentano lo 0,15% del Pil, contro lo 0,21% della Germania e lo 0,22% della media europea.
Nel 2018, all’interno del settore ICT per la prima volta almeno la metà della spesa in R&S&I è stata sostenuta dalle imprese di software e servizi IT (informatica) con una crescita netta del 10% dell’investimento. Sono cresciuti anche, ma meno rispetto al passato, gli investimenti in R&S&I delle aziende di produzione di computer e apparati (+ 4,8%), mentre sono risultati sostanzialmente statici quelli dei servizi di telecomunicazione (+0,3%).
Fondi pubblici in aumento, ma ancora troppo limitati
Aumentati nel 2018 anche i fondi pubblici a favore del settore dell’ICT: il totale è stato di 801,7 milioni di euro, (+26,7% rispetto al 2017), di cui 403 alle imprese del settore ICT (+37,1%) e 398,7 (+17,6%) agli altri settori dell’economia. Un incremento superiore rispetto a quello di Germania, Francia, UE e Stati Uniti.
Gli stanziamenti in R&S&I nel settore ICT nel periodo 2016-2018 ha portato il tasso di crescita medio annuo 2007-2018 della quota destinata al settore ICT al 5,5% (in linea con i requisiti dell’Agenda Digitale Europea), mentre quello ai settori non ICT (imprese utilizzatrici di ICT) è rimasto sostanzialmente stabile, con un tasso medio annuo composto del -0,1%.
Dati che posizionano i finanziamenti pubblici per il settore di R&S&I ICT ancora sotto rispetto la media europea, con un rapporto tra stazionamento pubblico e Pil pari allo 0,045% contro lo 0,054% in Germania. Per colmare questo divario, occorrerebbero 160 milioni di euro in più all’anno.
“Bisogna fare di più e meglio”, ha sottolinato Marco Gay, Presidente di Anitec-Assinform, ribadendo l’importanza di superare la frammentazione di risorse negli investimenti in R&S&I nel settore ICT e coinvolgere tutti gli attori interessati, per evitare di sprecare energie e risorse.
C’è bisogno di un partenariato tra pubblico e privato
“Il dato che deve farci riflettere, ancora di più, è che di questi investimenti l’86% è stato realizzato da aziende private. Corretto, perchè le aziende private devono avere lo stimolo, la pulsione e l’indirizzo di voler fare e di voler cambiare la propria attività, ma lo straordinario supporto che l’investimento pubblico può dare in questa direzione come abilitatore di domanda e stimolatore di offerta è indubbio”, ha aggiunto.
Sull’importanza della partecipazione pubblica agli investimenti in R&S&I nel settore ICT insiste anche il rapporto, che tra le strategie consigliate per i prossimi 3 anni inserisce un sostegno annuo di 400 milioni di euro (incrementali o da riallocazione di spesa ordinaria) da parte del procurement pubblico.
“La partecipazione dello Stato e del Governo in un partenariato stretto determina fiducia e in questo momento la fiducia è quello che può ribaltare quel -15% di investimenti”, ha commentato Gay.
Serve più qualità in Europa
Altro dato che deve far riflettere, secondo Anitec-Assinform, è quello relativo ai risultati della partecipazione italiana al programma europeo di ricerca e innovazione Horizon 2020. Infatti, l’Italia si è posizionata al quarto posto tra i paesi beneficiari delle sovvenzioni europee in ICT, ricevendo un contributo di oltre 544.029.232 euro (circa l’8,5% del budget totale).
Buona è stata anche la partecipazione al programma: 1.747 partecipanti nazionali finanziati, un 25% dei quali sono PMI (dati aggiornati a Marzo 2020). Tuttavia, è stato deludente il tasso di successo dei progetti italiani, al di sotto di 2,5 punti percentuali dalla media europea.
Le politiche da adottare
Il rapporto ha individuato tre aree di aree di intervento sui quali devono concentrarsi le politiche rivolte alla ricerca, sviluppo e innovazione del settore ICT:
- interventi a sostegno dell’offerta, con priorità sull’ampliamento dei finanziamenti diretti e delle agevolazioni fiscali, l’accesso a competenze avanzate nelle tecnologie di frontiera, il potenziamento dei poli di innovazione;
- interventi a sostegno della domanda, dove la priorità assoluta è la riqualificazione della domanda pubblica (con un salto quantitativo e qualitativo nella riallocazione di risorse);
- interventi “di filiera”, dove il nodo da sciogliere riguarda gli interventi trasversali e diffusi di sostegno all’innovazione.
Manfredi: “Costruiamo strategia condivisa”
Sulla necessità di costruire una strategia condivisa coinvolgendo tutti gli attori protagonisti della trasformazione digitale del Paese (il mondo della ricerca, della formazione e l’impresa) ha insistito anche Gaetano Manfredi, Ministro dell’Università e della Ricerca.
Il Ministro ha sottolineato l’importanza dello sviluppo delle competenze per garantire la paetecipazione di tutta la società alla digital transformation, con la formazione di profili specializzati nei settori critici (intelligenza artificiale, cyber security e robotica), ma puntando anche sulle competenze trasversali.
“Non possiamo più permetterci che chiunque operi in produzione e servizi non abbia competenze digitali. Dobbiamo aprire il mondo del sapere ad una maggiore trasversalità, di cui abbiamo assoluto bisogno”, ha dichiarato.
Una sfida che va colta senza indugi e temporeggiamenti, secondo il Ministro, soprattutto perchè la pandemia ha accellerato il processo di trasformazione digitale, aplificando i rischi di disuguaglianze tra i cittadini. C’è bisogno quindi, secondo Manfredi, di lavorare con le scuole e con le imprese per assicurare che tutti i cittadini abbiano almeno competenze digitali di base e per promuovere la partecipazione delle donne all’industria ICT.
Il documento
Ricerca_e_innovazione_2020_LR_V3