Creare un sistema organizzativo policentrico in grado di aiutare le medie e piccole imprese a fare il grande balzo nell’innovazione e nella trasformazione digitale. È questo lo scopo della proposta pubblicata sulle pagine di Harward Business Review Italia ed elaborata da alcuni dei più importanti esperti nazionali di innovazione e ricerca.
La proposta – a cura di Marco Bentivogli (Coordinatore Base Italia), Federico Butera (Presidente della Fondazione Irso – Istituto di Ricerca Intervento sui Sistemi Organizzativi), Giorgio De Michelis (VicePresidente Fondazione Irso), Alfonso Fuggetta (CEO di Cefriel, centro di innovazione digitale del Politecnico di Milano), Enrico Pisino (Ceo del Competence Center CIM4.0), Federico Ronchetti (Ricercatore INFN e responsabile operazioni esperimento ALICE al CERN) e Giorgio Ventre, Direttore del Dipartimento di Ingegneria Elettrica e delle Tecnologie dell’Informazione dell’Università di Napoli Federico II – si propone il duplice obiettivo di delineare un chiaro modello di innovazione e ricerca e definire una strategia peri coinvolgere in questo modello tutti gli attori interessati e già attivi sul territorio.
Una necessità in vista delle sfide che il Paese dovrà affrontare nella fase di ripresa post pandemica, alla luce delle risorse messe a disposizione dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e del ritardo in cui versa il Paese sul tema del trasferimento tecnologico (a fronte di una posizione di eccellenza nella ricerca), lo strumento per guidare la trasformazione digitale delle imprese, soprattutto delle PMI.
Indice degli argomenti
Le caratteristiche della rete per la ricerca e l’innovazione
Una rete che andrà a raggruppare gli attori che già operano in questi ambiti e altre realtà che dovrebbero nascere e/o essere indirizzate verso percorsi più delineati, superando l’attuale situazione di ambiguità e inconsistenza. Soggetti che operano nel campo della ricerca, del trasferimento tecnologico o che favoriscono la connessione tra queste due realtà. I profili individuati operanti nell’ambito del trasferimento tecnologico sono:
- I Centri di innovazione e le relative reti, impegnati in attività quali progetti di innovazione per le imprese, formazione post-laurea e post esperienza. Ne è un esempio InnovAction, un network nato per promuovere l’innovazione sul modello del Fraunhofer tedesco e che raggruppa quattro centri per l’innovazione tecnologica (il Cefriel di Milano, la Fondazione Bruno Kessler di Trento, la Fondazione Links di Torino e Campania NewSteel);
- i Competence center, dei partenariati pubblico-privato che erogano attività di orientamento, formazione e supporto (anche finanziario, per conto del Ministero dello Sviluppo Economico) ai progetti di innovazione.
Vi sono poi quelle realtà che già operano o che si andranno a inserire nelle attività di ricerca, ovvero: i Centri di ricerca (che includono università e centri di ricerca privati) che operano nell’ambito della ricerca di base e i Technology Transfer Office (TTO), strutture che hanno il ruolo di aiutare i ricercatori a dare valore ai brevetti derivanti dalla ricerca.
La rete proposta si avvarrà inoltre di soggetti incaricati di promuovere la connessione tra questi due ambiti, come:
- Incubatori e acceleratori, che favoriscono la nascita di nuove imprese e hanno il compito di trasformare la ricerca in innovazioni da presentare sul mercato;
- strutture territoriali, che si occupano di intermediare e di favorire la comunicazione tra imprese e i soggetti che si occupano di fare ricerca;
- i distretti territoriali, che favoriscono l’insediamento sul territorio di realtà imprenditoriali, favorendo l’incontro fisico tra imprese, centri di ricerca e altre realtà innovative.
Soggetti che costituiranno i nodi della rete, ciascuno con la propria autonomia e organizzazione, ma alimentati da valori e culture condivise, capaci di creare processi di innovazione, sviluppo, supporto alle imprese e di condivisione della conoscenza, in grado di propagarsi trasversalmente a tutto l’ecosistema innovativo della rete stessa e generare valore lungo tutta la catena di fornitura.
Un ecosistema in grado di creare connessioni (scientifiche, economiche, politiche, culturali e così via), sia al suo interno (e quindi tra i vari nodi) che con le altre strutture simili presenti in Europa e nel mondo.
Nodi autonomi ma connessi, che si avvalgono di infrastrutture comuni e da una governance delineata, formata da soggetti pubblici e privati che perseguono gli stessi obiettivi, animati dagli stessi valori e dalla stessa cultura. Ogni centro opererà in autonomia all’interno di un set di regole comuni che andranno a delineare le missioni rilevanti per ciascun nodo e le risorse necessarie per realizzare, i criteri di funzionamento dell’ecosistema e le regole che promuovono la collaborazione e lo scambio di know how tra i nodi.
Si dovranno delineare, inoltre, regole per la partecipazione congiunta a progetti europei e internazionali, finanziamenti statali e regionali coerenti e organici con la natura delle diverse istituzioni e regole che valorizzino il capitale umano. Compito della governance sarà anche quello di intervenire per risolvere eventuali conflitti che sorgeranno.
Che cosa manca per realizzarla
Una collaborazione tra soggetti pubblici e privati necessaria anche per trovare i fondi necessari ai singoli ricercatori, ai centri e agli altri soggetti che si occupano di ricerca, da erogare attraverso bandi.
Per le imprese è invece necessario promuovere e potenziare quegli strumenti in grado di incentivare gli investimenti, come il credito d’imposta, che deve essere rivisto attraverso azioni volte al suo potenziamento (aumentando, ad esempio, la quota di cofinanziamento e rendendolo cumulabile con altre forme di finanziamento) e ad eliminare i vincoli che ne frenano il ricorso da parte delle imprese (come i vincoli introdotti dal Manuale di Frascati).
Oltre alle risorse c’è bisogno, sottolineano gli autori, di superare l’attuale situazione di ambiguità e andare a identificare le strutture e i soggetti che si occupano di innovazione nel nostro Paese, andando a premiare le realtà più competitive.
Si dovranno ridefinire inoltre i modelli di business, andando a rivedere le normative e i regolamenti sia per i singoli soggetti che formeranno i nodi della rete, sia per favorire l’integrazione all’interno dell’ecosistema.
A questo proposito, si dovrà intervenire sui Competence Center, andando a modificare sia i servizi offerti alle aziende, sia il meccanismo di finanziamento. Nella proposta presentata, i Competence Center diventeranno piattaforme che erogano sevizi alle imprese, come servizi di formazione, di trasferimento tecnologico, di affitto di strumenti e luoghi votati alla produzione (linee, impianti, macchinari) e per la collaborazione (spazi di co-working), nonché luoghi di confronto per i soci e per il pubblico (eventi, discussioni e workshop).
Soltanto una parte delle risorse necessarie (per una quota che non dovrà superare il 30%) giungerà da fondi pubblici, mentre le restanti risorse verranno raccolto attraverso una quota annuale per i soci, il pagamento dei servizi offerti e da progetti europei.
Attraverso tutti questi interventi, concludono gli autori, si potrà davvero aiutare le imprese a fare il grande balzo nell’innovazione e nella trasformazione digitale.