“Essere cittadini ai tempi di internet vuole dire essere consapevoli che il digitale è una straordinaria opportunità, non una cosa che ci deve spaventare. Ma nemmeno un mondo che possiamo prendere sottogamba, perché è sofisticato e complesso. Per poterne trarre tutti i potenziali vantaggi servono persone mature, consapevoli, e che abbiano sviluppato una cultura, sia in senso lato che per le tecnologie digitali, che permetta di valorizzare e utilizzare al meglio tutte le straordinarie possibilità che ci vengono offerte”.
Alfonso Fuggetta, amministratore delegato di Cefriel, centro di eccellenza milanese per l’innovazione, definisce così il tema della cittadinanza digitale durante la puntata di Italia 4.0 andata in onda questa settimana su Class Cnbc e ancora disponibile in streaming (potete rivederla qui). Il suo libro: “Cittadini ai tempi di Internet” è stato, infatti, lo spunto per affrontare un dibattito su questi temi che ha coinvolto Roberta Cocco, Assessore alla Trasformazione Digitale del Comune di Milano, Gianluigi Castelli, presidente delle Ferrovie dello Stato, e Luca Attias, Commissario Straordinario per l’attuazione dell’Agenda Digitale.
Un discorso che parte, giocoforza, dai social network, dall’uso che ogni giorno facciamo della tecnologia, attraverso computer e smartphone, ma che diventa strumento, in mano alla pubblica amministrazione, per creare nuovi servizi e migliorare il rapporto con i cittadini attraverso la trasparenza e la semplificazione.
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La maturità digitale e i rischi dei social network
Il tema che prima di ogni cosa ci troviamo di fronte, nella vita di tutti i giorni, è quello della maturità digitale. Grazie anche alla forte diffusione dei social network, infatti, c’è stata una crescita esponenziale delle connessioni tra persone ma questo comporta anche qualche rischio. “Se la rivoluzione digitale ha portato un aspetto positivo – spiega Fuggetta – con la possibilità di creare nuovi contatti, avere più informazioni, partecipare al dibattito, non mancano, però, i problemi. Quello maggiore è il rischio di semplificare, banalizzare le questioni, fino ad arrivare alla radicalizzazione”.
“Internet e le tecnologie digitali sono estremamente potenti – prosegue – e, quindi, possiamo decidere se usarle per creare comunità chiuse, autoreferenziali, oppure gruppi dialoganti. Il vero discorso, però, è quello della maturità, fondamentale per avvicinare uno strumento potente, che deve essere usato in modo responsabile per diventare positivo. Una maturità che serve, ad esempio, per il dialogo che, su internet, si rivolge a tantissime persone e che, se non usato bene, può portare a incomprensioni. Molto più facilmente rispetto a quando chiaccheroamo attorno a un tavolo.
Digitalizzare la pubblica amministrazione: una sfida ancora difficile
Ma se le persone vivono la rivoluzione digitale con entusiasmo, come dimostrano le vendite di smartphone, per quello che riguarda il sistema paese, sopratutto da pare della pubblica amministrazione, notiamo che la situazione cambia, e non poco. Secondo l’indice DESI (Digital Economy and Society Index) della Commissione Europea, infatti, nel 2018 ci troviamo ai posti più bassi in tutti gli indicatori (venticinquesimi su ventotto). Il nostro paese risulta tra i fanalini di coda per digitalizzazione e connettività, ma anche nell’integrazione delle tecnologie, nei servizi pubblici digitali, nell’utilizzo di internet.
“In Italia ci sono problemi per la digitalizzazione che non risolverà certo l’Agenda Digitale – spiega Luca Attias, Commissario Straordinario per l’attuazione dell’Agenda Digitale – ma ci si può, comunque, indirizzare verso una buona strada. Purtroppo ci sono ancora problemi cronici, non solo di tipo digitale, che passano da temi come la burocrazia, per arrivare allo svecchiamento della classe dirigente. Il problema più importante per la digitalizzazione della popolazione è, comunque, quello della penetrazione e, se non si agisce su scuola e università, non andremo da nessuna parte”.
Piattaforme digitali, ecco i progetti del team
La strada, portata avanti dal team per l’Agenda digitale, è stata quindi quella di mettere a punto diverse piattaforme per migliorare l’integrazione tra amministrazione pubblica e cittadini, avvicinando il nostro paese a quella cittadinanza digitale di cui si parla da tempo. Tra le iniziative portate avanti, alcune con maggiore successo, l’anagrafe nazionale della popolazione residente, la carta d’identità elettronica, il progetto Io per la cittadinanza digitale, lo Spid, sistema pubblico di identità digitale, e PagoPa, per i pagamenti digitali.
“Noi vogliamo portare a termine e diffondere, in maniera capillare le piattaforme abilitanti – sottolinea Attias – a partire da Pagopa e Npr, che sono quelle che hanno più successo, ma anche di portare in un alveo più corretto quelle che avevano qualche problema, come lo Spid, il sistema Pubblico di identità digitale. Se tutte le piattaforme funzioneranno allora la vita dei cittadini in rapporto alla pubblica amministrazione sarà la stessa che abbiamo con ogni altro tipo di esperienza sociale. Se vogliamo prenotare un ristorante, le vacanze, o acquistare qualcosa usiamo smartphone e computer. Perché non fare questo anche con la pubblica amministrazione? Perché mancano piattaforme abilitanti. Per questo abbiamo messo a punto la piattaforma IO per la cittadinanza digitale, che risponde proprio a questa esigenza”.
Il Commissario non serve più ma “il digitale non è di destra o di sinistra”
Nella legge di conversione del Decreto semplificazioni è stata sancita la “fine” della struttura commissariale per la digitalizzazione. Parlando delle possibili ripercussioni di una riforma della governance che potrebbe portare anche a un interessamento diretto del governo, con un Ministero dal 2020, Attias ha detto: “Quando non ci sarà più bisogno di una discontinuità tra un governo e l’altro e si capirà che il digitale non è ne di destra né di sinistra, ma è un asset fondamentale per il paese, allora avremo in larga parte risolto il problema”.
“Noi siamo nell’ottica che, a breve, del Commissario non ci sarà più bisogno – conclude – e già il fatto stesso che, anche se è cambiato il governo, io sia qui grazie a una scelta del mio processore, Piacentini, basata sulle competenze, e non dettata dalla politica, è un buon segno. Così come la continuità del team per l’attuazione dell’Agenda Digitale, indipendentemente dal colore politico. Secondo me continuare ad andare verso questa direzione diventa fondamentale”.
A Milano nasce il “fascicolo del cittadino”
Tra i territori che hanno puntato di più sull’innovazione c’è la Lombardia, con Milano che, da luglio, è passato sulla piattaforma Anpr: il servizio di anagrafe nazionale della popolazione residente permette, infatti, alle amministrazioni di dialogare tra loro, con una fonte unica e certa per i dati, e ai cittadini di ottenere vantaggi come la richiesta di certificati anagrafici in tutti gli oltre 166 mila comuni che hanno già aderito. A questo si aggiunge anche un nuovo servizio messo a punto dal Comune di Milano, il fascicolo del cittadino.
“Ogni cittadino milanese, in un’area protetta e sicura, con un accesso attraverso Spid o autentificazione – spiega Roberta Cocco Assessore alla trasformazione tecnologica del Comune di Milano – trova i suoi documenti, i certificati, le tasse, quello che ha pagato. Sembra una procedura semplice ma dietro c’è un lavoro complesso di interoperabilità, di accesso a dati da diverse fonti che possano, poi elaborare certificati. A questo, però, vogliamo aggiungere anche nuovi servizi e, assieme al team di Attias vorremmo essere anche sperimentatori dell’App IO, che speriamo di lanciare insieme tra qualche settimana”.
Nell’era post-digitale manca la circolazione delle idee
A dare un nuovo spunto di riflessione Gianluigi Castelli presidente Ferrovie dello Stato, che ha sottolineato come, in questa fase, sia necessaria una sempre maggiore circolazione delle idee. “A me piace parlare di era post digitale – spiega – perché le cose ci sono, le sappiamo utilizzare, e allora dobbiamo usarle. Per crescere, infatti, oltre a puntare sulle competenze, dobbiamo stimolare la libera circolazione delle idee. Nelle grandi aziende, e nella pubblica amministrazione questa è vincolata da due fattori: da una parte l’organizzazione, nella quale sempre più spesso le persone si identificano in modo quasi tribale, vincolando le idee, dall’altra la gerarchia che spesso porta le persone ad auto limitare la propria creatività”.
E se per il settore privato i manager devono fare un grande sforzo per costruire delle comunità creative al servizio dell’azienda, perché la pubblica amministrazione resta ancora troppo vincolata. “Quello che riscontriamo come limiti nelle aziende strutturate – spiega – lo troviamo anche nella pubblica amministrazione. Ma se se le aziende possono giocare su criteri meritocratici nel comparto pubblico, amministrativo, questo è più difficile. E quindi i difetti e i limiti delle grandi aziende li ritroviamo nella pubblica amministrazione, con in più tutti i limiti del quadro normativo e regolatorio”.
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