Il bilancio complessivo del 2021 della manifattura italiana è positivo, nonostante i rallentamenti alla produzione che si sono registrati negli ultimi mesi dell’anno. I dati diffusi dall’Istat evidenziano, infatti, una crescita della produzione industriale dell’11,8% nel 2021, a fronte di una perdita dell’11,4% nel 2020 (rispetto al 2019 resta da recuperare circa l’1%).
Per quanto riguarda i dati di dicembre 2021, dopo la ripresa della produzione registrata a novembre – quando l’indice destagionalizzato era cresciuto dell’1,9% sul mese precedente – l’indice è tornato nuovamente a scendere, con una flessione dell’1% rispetto al mese precedente.
L’indice destagionalizzato mensile cresce su base congiunturale solo per l’energia (+0,1%), mentre diminuisce per i beni intermedi (-0,5%), i beni di consumo (-1,0%) e i beni strumentali (-2,2%).
Guardando al quarto trimestre, l’indice destagionalizzato della produzione industriale italiana, al netto delle costruzioni, ha mostrato un ulteriore aumento congiunturale (+0,5%), sebbene in decelerazione rispetto ai trimestri precedenti.
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La tempesta perfetta
Nello scenario italiano e mondiale pesa quella che da molti è stata definita “la tempesta perfetta”: il rialzo dei prezzi delle commodity, le difficoltà legate agli approvvigionamenti e al reperimento di mano d’opera specializzata ostacolano infatti l’attività produttiva delle imprese.
Il tutto in un quadro caratterizzato da forti tensioni geopolitiche (come la situazione tra Russia e Ucraina) e dall’incertezza sull’evoluzione della pandemia, con alcuni Paesi (come la Cina) che hanno nuovamente introdotto delle restrizioni per far fronte alla ripresa dei contagi.
Dal lato dei consumatori, invece, sul fronte italiano preoccupa il rialzo dei prezzi e peggiorano le attese sulla situazione economica del Paese.
L’analisi tendenziale
Corretto per gli effetti di calendario, a dicembre 2021 l’indice complessivo aumenta in termini tendenziali (anno su anno) del 4,4% (i giorni lavorativi di calendario sono stati 22, contro i 21 di dicembre 2020).
Gli incrementi più rilevanti hanno riguardato i beni di consumo (cresciuti del 10,4%) e l’energia (+8,9%), mentre aumenti più contenuti si registrano per i beni intermedi (+2,1%) e i beni strumentali (+0,3%).
I settori di attività economica che registrano gli incrementi tendenziali maggiori sono la produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+25,4%), l’industria del legno, della carta e stampa (+18,7%) e la fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (+16,5%).
Contrariamente, si registrano flessioni significative nelle attività estrattive, dove l’indice perde il 13,9%. Perdite significative, ma meno marcate, si registrano anche nella fabbricazione di mezzi di trasporto (-3,7%) e nella metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (-3,4%).
La situazione delle imprese, in Italia e in Europa
Per quanto riguarda l’analisi dell’andamento della produzione industriale italiana nel 2021, si nota come l’indice abbia quasi recuperato le perdite registrate nel 2020 (- 11,4% nel 2020, +11,8% nel 2021).
La crescita annua è diffusa a tutti i principali raggruppamenti di industrie ed è più marcata per i beni intermedi e i beni strumentali. Il livello destagionalizzato dell’indice di dicembre supera del 2,0% il valore di febbraio 2020, mese antecedente l’inizio dell’emergenza sanitaria.
Il Pil italiano, in base alla stima preliminare, ha segnato tra ottobre e dicembre un ulteriore aumento, seppure con un’intensità più contenuta rispetto ai due trimestri precedenti (+0,6%, +2,6% nel terzo trimestre e +2,7% nel secondo), a sintesi di un aumento del valore aggiunto dell’industria e dei servizi.
Dal lato della domanda, la crescita è stata trainata dal contributo positivo della componente nazionale (al lordo delle scorte), a fronte di un apporto negativo di quella estera netta.
Nel 2021, il Pil corretto per gli effetti di calendario ha registrato un aumento del 6,5% rispetto all’anno precedente, decisamente più elevato rispetto alla crescita media dell’area euro (+5,2%).
Nel dettaglio nazionale, la performance italiana nel 2021, è stata di poco inferiore a quella della Francia (+7,0%) e superiore a quella di Spagna (+5,0%) e Germania (+2,8%).
Rispetto al quarto trimestre del 2019, la Francia è l’unico dei quattro grandi Paesi dell’area euro ad aver già colmato il differenziale rispetto al periodo pre- pandemia, che risulta ancora negativo per l’Italia (-0,5%) e, con intensità più ampie, per Germania (-1,5%) e Spagna (-4,0%).
Situazione positiva per il commercio
A novembre, sia le esportazioni sia le importazioni di beni hanno mostrato un andamento positivo. Le vendite in valore sono aumentate del 2,7% in termini congiunturali e le importazioni dell’1,7%.
Rispetto a novembre 2020, le esportazioni hanno registrato un incremento del 16,8%, un tasso superiore a quello osservato per Francia e Germania. Al netto dei prodotti energetici, il valore dell’export italiano osservato per il periodo gennaio-ottobre 2021 evidenzia, nel confronto con lo stesso periodo dell’anno precedente, una performance relativamente migliore rispetto a Francia e Germania.
Tra settembre e novembre 2021, la ripresa delle vendite italiane è risultata diffusa tra le principali categorie di beni con l’eccezione dei beni strumentali (-4,2% rispetto al trimestre precedente), caratterizzati dalla forte riduzione delle vendite di autoveicoli.
I dati relativi agli scambi con l’extra Ue di dicembre, pur delineando un rallentamento nell’ultimo mese (-2,1% la variazione congiunturale), confermano una forte crescita del valore delle esportazioni su base annua (+16,3% la variazione del 2021 rispetto al 2020) e un recupero delle vendite verso i mercati extra europei rispetto al 2019 (+4,9%).
I giudizi delle imprese relativi agli ordini esteri, inoltre, in calo rispetto a dicembre, a gennaio sono comunque rimasti positivi.
Nuovo massimo positivo per il settore delle costruzioni
A novembre, il settore delle costruzioni ha registrato il quarto incremento congiunturale consecutivo (+1,0%), raggiungendo un nuovo massimo.
Su base trimestrale, l’indice ha segnato un aumento più robusto (+3,4% tra settembre e novembre). Anche i dati dei permessi di costruire hanno confermato la fase ciclica favorevole.
Nel terzo trimestre 2021, la superficie utile abitabile per il settore residenziale è tornata a crescere, dopo la lieve flessione tra aprile e giugno (+3,6% in termini congiunturali, +2,9%per il numero di abitazioni).
L’incremento è stato più marcato nel settore non residenziale, per il quale la superficie autorizzata è cresciuta del 15,5%, recuperando completamente il calo del trimestre precedente.
Stabile l’occupazione, aumentano soprattutto i contratti a termine
A dicembre, il mercato del lavoro ha evidenziato segnali di stabilizzazione. I tassi di occupazione e inattività sono rimasti sui valori del mese precedente, mentre si è ridotto marginalmente quello di disoccupazione.
Dal lato delle imprese, permangono difficoltà nel reperire lavoratori con competenze adeguate (fenomeno segnalato da 2/3 delle imprese).
La fase di ripresa dell’occupazione che ha caratterizzato il 2021 ha consentito un recupero delle posizioni pre-crisi. A dicembre, il tasso di occupazione è tornato sui livelli di fine 2019 (59,0%) e si è ridotto il tasso di disoccupazione (sceso al 9,0% dal 9,7% di dicembre 2019) in presenza di un aumento di quello di inattività (35,1% da 34,5%).
La ricomposizione tra inattività e disoccupazione, che ha costituito un elemento rilevante degli effetti della crisi sul mercato del lavoro, ha assunto tratti diversi per età e per sesso.
Considerando l’intervallo dicembre 2021-dicembre 2019, la riduzione del tasso di disoccupazione ha registrato
un’intensità più elevata nella fascia di età 25-34 (-1,9%), rispetto a quella 35-49 anni (-0,8%) e oltre 50 anni (-0,1%). La riduzione del tasso di disoccupazione, inoltre, è stata più marcata tra le donne (-1,3%) rispetto agli uomini (-0,4%).
Nello stesso orizzonte temporale, il recupero dell’occupazione si è legato anche a una significativa riduzione della componente indipendente e a un aumento di quella a termine. Quest’ultima, ha determinato nell’ultimo anno circa l’80% dell’incremento complessivo dell’occupazione.
Per i prossimi mesi, le attese per l’occupazione da parte delle imprese segnalano un arretramento, pur mantenendo comunque livelli elevati e in aumento nelle costruzioni.
I miglioramenti dell’occupazione si associano al proseguimento della fase di ripresa delle vendite al dettaglio che, a dicembre, hanno registrato un ulteriore aumento congiunturale in volume (+0,6%), portando l’incremento medio per il 2021 al 7,2%, con una dinamica particolarmente accentuata delle spese in beni non alimentari (+12,5%, +0,8 per i beni alimentari).
Inflazione mai così alta dal 1996
A gennaio, l’inflazione ha mostrato una ulteriore crescita. Il valore acquisito per l’anno corrente è +3,4% e l’ulteriore balzo registrato a gennaio (+3,9% sul mese precedente) ha portato l’inflazione a toccare livelli che non si registravano dall’aprile 1996.
L’accelerazione è attribuibile agli andamenti dei prezzi delle voci maggiormente volatili, con la crescita sostenuta dei beni alimentari non lavorati (+5,4% a gennaio da +3,6%) e l’intensificazione dell’aumento tendenziale per quelli energetici.
In particolare, si registra un forte aumento per la voce degli energetici regolamentati (+93,5% a gennaio da +41,9%), che incorporano gli effetti delle nuove tariffe di luce e gas. Le altre principali componenti non segnalano modifiche nelle tendenze a eccezione degli alimentari lavorati.
Nei servizi, la variazione tendenziale dei prezzi si è confermata stabile all’1,7% per il terzo mese consecutivo, riflettendo dinamiche eterogenee tra le maggiori voci di spesa. I prezzi dei servizi ricreativi e per la cura della persona hanno proseguito la fase inflativa (+3,5% a gennaio da +2,3% del mese precedente), mentre la dinamica di quelli dei trasporti è decelerata (+1,4% a gennaio da +3,6%).
L’inflazione dei beni industriali non energetici si è mantenuta moderatamente crescente (+0,8%, un decimo di punto in più rispetto a dicembre), mentre i prezzi dei beni durevoli si sono stabilizzati.
L’inflazione di fondo, nell’accezione che esclude gli energetici e gli alimentari freschi, ha registrato lo stesso ritmo di crescita di dicembre (+1,5%) che, per quanto stabile, ha confermato un quadro di ripresa delle pressioni inflazionistiche nel sistema.
A gennaio, il differenziale inflazionistico tra la nostra inflazione complessiva e quella della zona euro è diventato positivo. L’indice armonizzato dei prezzi al consumo IPCA ha segnato, infatti, un aumento tendenziale del 5,3%, due decimi di punto in più rispetto alla media dell’area.
L’andamento dell’inflazione italiana ha risentito delle pressioni dal lato dei costi legati anche ai prezzi crescenti delle materie prime e del recente deprezzamento dell’euro. A novembre i prezzi dei prodotti importati destinati al consumo hanno riportato una variazione tendenziale positiva (+3,2%), con rialzi più ampi nel caso di quelli non durevoli (+3,5%).
Anche i prezzi alla produzione per i beni di consumo hanno proseguito la fase di aumento, registrando un +4,1% in termini tendenziali.
Le aspettative sull’andamento dei prezzi nei prossimi mesi sono al rialzo. Nel breve periodo, nel settore manifatturiero tra gli imprenditori che producono beni destinati al consumo si sono rafforzate le prospettive di aumento dei listini.
Dal lato dei consumatori, le cui attese si estendono a un orizzonte temporale più lontano, sono tornati ad aumentare coloro che si aspettano incrementi dei prezzi.
Diminuisce la fiducia di imprese e consumatori
La frenata della produzione, i problemi di approvvigionamento, il rialzo dei prezzi e l’incertezza sull’evoluzione della pandemia hanno spinto al ribasso anche la fiducia di imprese e consumatori.
Nello specifico, peggiorano le attese sulla situazione economica del Paese, i giudizi degli operatori nei servizi di mercato e, in misura più contenuta, nella manifattura.
Al contrario, le imprese del settore delle costruzioni hanno mantenuto un orientamento favorevole. Questi segnali potrebbero configurare un ulteriore rallentamento dell’attività nei prossimi mesi.
Complessivamente, il calo della fiducia delle imprese registrato a gennaio ha portato l’indice a registrare i valori più bassi degli ultimi nove mesi.
Dal lato delle famiglie, le prospettive per i prossimi mesi appaiono in peggioramento. A gennaio, infatti, si è avuta una diminuzione dell’indice del clima di fiducia dei consumatori diffusa a tutte le componenti e soprattutto ai giudizi per il clima economico e quello futuro.
Il quadro internazionale
A inizio anno, la fase di ripresa dell’economia mondiale presenta minore dinamismo e un ulteriore aumento dell’inflazione nella maggior parte dei Paesi. Il commercio di merci in volume, a novembre, è cresciuto del 2,0% in termini congiunturali (+1,1% a ottobre, Fonte: Cpb), trainato dagli scambi delle economie avanzate che hanno più che compensato il calo delle esportazioni cinesi.
Il PMI (Purchasing Managers Index) globale sui nuovi ordinativi all’export di gennaio, per la prima volta da undici mesi marginalmente sotto la soglia di espansione, segnala una possibile flessione della domanda internazionale.
Lo scenario mondiale resta inoltre caratterizzato da fattori di rischio al ribasso, quali la persistenza di ostacoli al regolare funzionamento delle catene globali del valore, gli effetti della normalizzazione delle politiche economiche, la crisi energetica europea e le crescenti tensioni geopolitiche.
In Cina, negli ultimi tre mesi dell’anno il Pil è aumentato dell’1,6% in termini congiunturali, (+8,1% il dato per il
2021), frenato dalle chiusure legate alla ripresa dei contagi e dai persistenti problemi del settore immobiliare.
Sebbene i PMI per la manifattura e i servizi di gennaio abbiano segnalato un possibile rallentamento dell’attività economica nei prossimi mesi, il governo ha già annunciato l’implementazione di politiche economiche espansive.
L’economia statunitense ha chiuso il 2021 con una crescita congiunturale del Pil (+1,7%,), in decisa accelerazione rispetto al trimestre precedente (+0,6%). I miglioramenti sono stati trainati dal processo di ricostituzione delle scorte, ma anche dal dinamismo dei consumi privati.
Le variazioni di export e import si sono invece compensate, determinando nel complesso un contributo alla crescita
della domanda estera netta marginalmente negativo. L’aumento complessivo del Pil americano nel 2021 è stato del 5,7%.
La fiducia dei consumatori rilevata dal Conference Board a gennaio è diminuita, a sintesi di un miglioramento delle condizioni correnti e un peggioramento delle aspettative. La ripresa dei contagi di Covid-19, l’accelerazione dell’inflazione e l’imminente processo di normalizzazione della politica monetaria rappresentano i principali rischi al ribasso per il 2022.
La situazione nell’area euro
Nel quarto trimestre, il Pil dell’area euro ha decisamente decelerato (+ 0,3% in termini congiunturali, +2,3% nel trimestre precedente), ma è risalito al livello di fine 2019, con una crescita annua per il 2021 che è stata pari al 5,2%.
Nell’ultimo trimestre, gli andamenti tra i Paesi hanno mostrato una elevata eterogeneità con un ritmo di crescita
particolarmente dinamico in Spagna (+2,0%) e più contenuto in Francia (+0,7%) e Italia (+0,6%), mentre in Germania si è registrata una flessione (-0,7%).
A dicembre, il tasso di disoccupazione euro è ulteriormente diminuito, toccando un minimo storico, pari al 7,0% e le vendite al dettaglio in volume sono calate del 3,0%, verosimilmente frenate dalla risalita dei prezzi.
A gennaio, l’inflazione ha continuato ad accelerare (+5,1% in termini tendenziali), toccando un nuovo massimo, trainata dalla componente energetica ma anche da una maggiore diffusione delle pressioni al rialzo tra le componenti.
Le prospettive economiche dell’area evidenziano alcuni segnali di difficoltà. A gennaio, l’indice composito di fiducia economica della Commissione europea, Economic sentiment indicator (ESI), è sensibilmente diminuito.
A livello nazionale, si è registrato un miglioramento in Germania, a fronte di una flessione in Francia e in Italia, che è anche il Paese con il calo più ampio. Il minor ottimismo è stato diffuso a industria e servizi.
Le quotazioni del Brent, pari a 70,8 dollari al barile nella media del 2021, a gennaio sono salite a 86,5 dollari al barile, spinte anche dalle tensioni geopolitiche tra Russia e Ucraina.
Nello stesso mese, il tasso di cambio dollaro euro (1,18 dollari per euro in media nel 2021) ha registrato un apprezzamento del dollaro (1,13 dollari per euro), coerente con le attese di una imminente normalizzazione della politica monetaria statunitense.