Dal 1995 al 2021, anno a cui si riferisce l’ultima rilevazione dell’Istat, la produttività totale dei fattori in Italia è rimasta perfettamente inalterata, registrando uno stallo che un Paese che abbia ambizioni di competere sugli scenari internazionali come il nostro non può e non deve accettare. Si tratta di un risultato è frutto di un calo fino al 2009 e di una micro-ripresa da quell’anno in avanti.
Guardando alle due componenti – capitale e lavoro – la crescita zero della produttività totale dei fattori è la risultante di un leggero aumento della produttività del lavoro (+0,4 dal 1995) e di un calo di quella del capitale (-0,7 dal 1995).
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Il rapporto Istat “Misure di produttività”
Il rapporto Istat “Misure di produttività”, pubblicato annualmente, ha l’obiettivo di analizzare i trend di produttività, un indicatore chiave di crescita economica e competitività, anche ai fini della valutazione della performance economica nei confronti internazionali.
Ai fini dell’analisi, l’approccio adottato dall’Istat permette di analizzare le performance di produttività – definita come il rapporto tra il volume dell’output e degli input che concorrono alla sua realizzazione – attraverso la scomposizione della dinamica dell’output nei contributi derivanti dai fattori produttivi primari (lavoro e capitale) e dalla produttività totale dei fattori.
Misure di produttività, i dati del 2021
Nell’edizione di quest’anno, che fa riferimento alle dinamiche registrate nel 2021 e al macro intervallo 1995-2021, si sottolineano alcune principali tendenze: da un lato, dopo essere aumentata durante la pandemia a causa della riduzione delle ore lavorate, la produttività del lavoro (cioè il valore aggiunto per ora lavorata) diminuisce dello 0,7% per effetto di un aumento delle ore lavorate maggiore dell’incremento del valore aggiunto.
Dall’altro, la produttività del capitale (rapporto tra valore aggiunto e input di capitale) cresce del 7,7%, dopo il -10,7% del 2020. Una dinamica che contribuisce alla crescita della produttività totale, aumentata del 2% a fronte di un crollo del 2,7% nel 2020.
Complessivamente, la fotografia che restituisce l’Istat è quindi quella di un Paese dove poco si è mosso, nel corso degli anni, sulla produttività totale e, soprattutto, di un Paese che quando cresce – l’analisi delle serie storiche mostra infatti tendenze altalenanti – lo fa a ritmi molto inferiori rispetto alla media europea.
Produttività del lavoro in lieve calo con l’eliminazione delle restrizioni anti-Covid
Nel 2021 la produttività del lavoro (ovvero il valore aggiunto per ora lavorata) diminuisce dello 0,7%, come risultato di un incremento delle ore lavorate – nel 2020 le ore lavorate erano diminuite sostanzialmente a causa delle restrizioni imposte per fronteggiare la pandemia – più intenso di quello del valore aggiunto (rispettivamente +9,2% e +8,5%).
Un indicatore che ha storicamente rappresentato un punto debole per il nostro Paese: la dinamica negativa della produttività segue, infatti, un lungo periodo di crescita relativamente lenta (0,6%, in media, negli anni 2014-2021), ben inferiore rispetto alla crescita nell’Ue (+1,3% annuo).
Nell’intero periodo 1995-2021 la produttività del lavoro ha registrato una crescita media annua dello 0,4%, derivante da un incremento medio del valore aggiunto pari allo 0,6% e delle ore lavorate pari a 0,1%, mentre nel periodo tra il 2009 e il 2014 la produttività del lavoro è cresciuta dello 0,9%, per effetto di una riduzione delle ore lavorate (-1,3%) più ampia di quella del valore aggiunto (-0,4%).
Nel periodo più recente (2014-2021), la dinamica positiva del valore aggiunto e la stazionarietà delle ore lavorate sono state accompagnate da una dinamica positiva dell’input di capitale: l’incremento medio del valore aggiunto (+0,7%), unitamente alla stazionarietà media delle ore lavorate, hanno determinato una crescita della produttività del lavoro media dello 0,6%.
Analizzando i dati inerenti i diversi settori di attività economica si riscontra che nel 2021 la produttività del lavoro è cresciuta sensibilmente nel settore del Commercio, trasporti, alberghi e pubblici esercizi (+2,5%) e nelle Costruzioni (+1,6%), e in misura meno marcata nell’Industria in senso stretto (+0,5%), dopo tassi di crescita medi annui decisamente maggiori negli anni precedenti.
Tendenza opposta si registra nei settori degli Altri servizi (-10,1%), dell’Istruzione, sanità e assistenza sociale (-7,5%), delle Attività finanziarie e assicurative (-5,5%), e nei Servizi di informazione e comunicazione (-3,5%). Un calo significativo ha sperimentato anche la produttività del lavoro in Agricoltura (-4,1%).
Nell’arco del periodo 1995-2021, i settori di attività economica che hanno registrato i tassi di crescita medi annui più elevati della produttività del lavoro sono stati i Servizi d’informazione e comunicazione (+2,0%), le Attività finanziarie e assicurative (+1,3%) e l’Agricoltura (+1,1%).
Variazioni negative hanno caratterizzato il settore delle Attività professionali (-1,6%), quello dell’Istruzione, sanità e servizi sociali (-1,5%) e il settore delle Costruzioni (-0,9%). Il comparto dell’Industria in senso stretto ha segnato un incremento medio annuo dello 0,9%.
Resta il divario di produttività tra Italia e resto d’Europa
I risultati mostrano, complessivamente, la persistenza di un ampio differenziale negativo nella dinamica della produttività del lavoro dell’Italia rispetto alle altre economie europee.
Nel periodo 1995-2021, la crescita media annua della produttività del lavoro in Italia (+0,4%) è stata decisamente inferiore a quella registrata nel resto d’Europa (+1,5% nell’Ue 27).
Decisamente migliori i dati relativi alla Francia (dove la produttività del lavoro è cresciuta in media dell’1,2%) e alla Germania (1,3%), mentre per la Spagna il tasso di crescita (+0,4%) è più basso della media europea e analogo a quello dell’Italia.
Il divario rispetto alle altre economie europee è risultato particolarmente ampio in termini di evoluzione del valore aggiunto, a fronte di variazioni molto limitate in termini di ore lavorate.
In Italia, nel periodo 1995-2021, la crescita media annua è stata dello 0,6%, molto inferiore alla media della Ue27 (+1,7%) e delle performance dei vicini francesi (+1%), tedeschi e spagnoli (+0,9% in entrambi i casi).
Produttività del capitale, torna a salire dopo il crollo del 2020, ma non si è ancora recuperato quanto perso
Positivo il dato sulla produttività del capitale, misurata come rapporto tra valore aggiunto e iniezioni di capitale, che aumenta del 7,7% rispetto al 2020.
Tuttavia, va sottolineato che questa crescita segue un crollo significativo della produttività del capitale avvenuto nel 2020, che ha portato questo indicatore a registrare una contrazione del 10,7%.
Pertanto, il valore registrato nel 2021, seppur positivo, non permette di tornare alla situazione precedente la pandemia. Una situazione che, guardando al lungo periodo, è stata caratterizzata da dinamiche negative o di sostanziale stallo.
La produttività del capitale nel nostro Paese ha infatti segnato valori negativi dal 1995 al 2009 per poi attestarsi allo zero dal 2009 al 2014. Ed è proprio a partire dal 2014 che si riesce a smuoversi da questa immobilità: tra il 2014 e il 2021, infatti, la produttività del capitale è aumentata dello 0,2%.
In questi anni, nello specifico, si osserva una crescita moderata dell’input di capitale (+0,4% in media d’anno), con un incremento molto più sostenuto del capitale ICT (+3,3%) e di quello immateriale non-ICT (2,8%).
Una crescita che, in un Paese caratterizzato per decenni dall’immobilità negli investimenti delle imprese, testimonia l’impatto positivo degli strumenti a supporto degli imprenditori, come il Piano Transizione 4.0.
Torna a crescere la produttività totale dei fattori
In risalita anche la produttività totale dei fattori (PTF), che riflette l’efficienza complessiva con cui gli input primari, lavoro e capitale, sono utilizzati nel processo di produzione.
La crescita della produttività del lavoro indica un livello più elevato di output per ogni ora lavorata. Tale risultato può essere ottenuto utilizzando più capitale per ora lavorata (aumentando quindi l’intensità del capitale), oppure migliorando l’efficienza complessiva con cui lavoro e capitale sono impiegati, vale a dire aumentando la PTF.
Nel 2021, dopo il calo registrato nel 2020 (-1,2%), la produttività totale dei fattori ha registrato una crescita del 2%, trainata da una variazione positiva sia del valore aggiunto (+8,5%), sia dell’impiego complessivo di capitale e lavoro (+6,5%).