Ben due imprese su tre – il 63% per la precisione – sono a bassa digitalizzazione, il 32% a media e il 5% ad alta. Ed è sempre più ampio il divario tra PMI e grandi imprese: le imprese “indifferenti” alla digitalizzazione sono per lo più piccole aziende di settori tradizionali con sede al centro-sud, mentre quelle più sensibili sono aziende medio grandi soprattutto nel settore elettronica, bevande, TLC, alloggio e informatica. Sono i numeri emersi dal Rapporto sulla competitività dei settori produttivi presentato stamattina a Milano dall’Istat.
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Propensione all’innovazione e occupazione
Il rapporto propone cinque profili per descrivere cinque tipologie di imprese rispetto alla loro propensione alla trasformazione digitale: “Indifferenti” (bassa digitalizzazione; il 63% delle imprese), “Sensibili vincolate” (media digitalizzazione, basso capitale; 22%), “Digitali incompiute” (alta digitalizzazione, basso capitale; 2,3%), “Sensibili” (media digitalizzazione, medio-alto capitale; 9,7%), “Digitali compiute” (alta digitalizzazione, alto capitale; 3,0%). Platea di riferimento per un’implementazione della digitalizzazione sono certamente le “Sensibili”, che hanno dichiarato l’ICT importante per la propria competitività nel biennio 2017-2018. Processo che potrebbe essere frenato da livelli di capitale fisico e umano non adeguati nel caso delle “Sensibili vincolate”, mentre più difficile appare un recupero alla digitalizzazione delle “Indifferenti”.
Tra le imprese con almeno 10 dipendenti tra il 2014 e il 2017 si è assistito a un aumento dei posti di lavoro proprio laddove si è assistito a una maggiore propensione alla digitalizzazione.
Nelle “Digitali compiute” e “Digitali incompiute”, un’impresa su due ha aumentato le posizioni lavorative di almeno il 3,5%, un valore superiore alla media complessiva e oltre cinque volte superiore a quello delle “Indifferenti” (0,6%). Le “Indifferenti” e le “Sensibili vincolate”, che insieme spiegano circa la metà del saldo totale di assunzioni e cessazioni nel 2016-2017 (+183.200 addetti su +291.400) hanno ricomposto la forza lavoro a favore delle fasce meno qualificate: rispettivamente -36.900 e -75.400 addetti nella fascia a elevata qualifica, +68.300 e +54.300 addetti in quella a media, +55.700 e +117.200 addetti nelle fasce a bassa qualifica.
L’investimento in ICT è un fattore di “divergenza”: rafforza la dinamica occupazionale delle imprese a performance migliore senza avere effetti sostanziali su quella delle unità meno dinamiche. Al contrario, l’innovazione “forte” (+3,5% per una impresa su due dei servizi, +1,5% nella manifattura), la maggiore dotazione di capitale umano (+3,2%, +4,9% nel manifatturiero) e la produttività (almeno +1,7% di posti di lavoro per una impresa su due) hanno effetti positivi e tendono a far convergere verso l’alto la performance di tutto il sistema.
Impresa 4.0: prime valutazioni nel Rapporto Istat 2018
Ruolo chiave negli investimenti del 2017, secondo il giudizio degli imprenditori, lo ha avuto il superammortamento, almeno per un’impresa su due in tutti i comparti a esclusione di abbigliamento e trasporti. Grande rilevanza la ha avuta anche l’iperammortamento, soprattutto nei settori di apparecchi elettrici, gomma e plastica, metallurgia ed elettronica e macchinari. Autoveicoli e mezzi di trasporto hanno sfruttato maggiormente i benefici del credito di imposta.
Per quest’anno il 45,8% delle imprese dichiara di prevedere investimenti in software, il 31,9% in tecnologie di comunicazione e il 27% in connessione ad alta velocità e sicurezza informatica.
Un esercizio di simulazione con il modello macroeconometrico dell’Istat rileva che le misure di agevolazione produrrebbero una crescita complessiva degli investimenti totali di 0,1 punti percentuali sia nel 2018 sia nel 2019, a seguito di una dinamica più sostenuta degli investimenti in macchinari (+0,1 punti nel 2018 e +0,2 nel 2019) e di quelli in proprietà intellettuale (+0,8 punti nel 2018 e +0,6 nel 2019).
Un secondo esercizio valuta invece l’impatto del credito d’imposta in R&S sugli investimenti in ricerca e sviluppo nel 2015 e sugli addetti impiegati in R&S. A fronte di un impatto incerto in termini di spesa in R&S per impresa, le imprese beneficiarie risultano avere assunto personale addetto alla R&S in misura maggiore sia rispetto alle non beneficiarie (circa +6 addetti), sia rispetto alle eleggibili che non hanno utilizzato l’incentivo (circa +2 addetti). In un terzo esercizio si è calcolato che in caso di investimento in beni strumentali finanziato con capitale di debito e di aliquota contributiva al 23%, per ogni euro risparmiato nella spesa in capitale fisico grazie all’utilizzo dell’iper ammortamento, il ricorso congiunto al credito di imposta in R&S determinerebbe una riduzione del costo del lavoro per l’impresa di 0,68 euro. Questo effetto aumenterebbe a 0,97 euro in caso di azzeramento dell’aliquota contributiva a carico del datore di lavoro.
Milano “dinamica”
È stata aperta dal sindaco Giuseppe Sala la presentazione del Rapporto. “Perché Milano riesce a essere così competitiva? Milano ha una naturale attitudine a crescere e a prendersi dei rischi – ha commentato il primo cittadino. “Si tratta purtroppo di un caso isolato in Italia, ma non per questo non replicabile. L’intero Paese ha in sé le capacità di cambiare, ma è necessaria una visione a lungo termine. L’attitudine al digitale, in questo panorama, riveste un ruolo fondamentale, non come obiettivo finale ma come strumento”.
A questo proposito Giorgio Alleva, presidente Istat dal 2014, ha voluto ricordare come questa fosse la prima volta che la presentazione del Rapporto si svolgeva fuori sede, proprio per “dare omaggio a Milano e alla sua dinamicità”.
Giunto alla sesta edizione, il Rapporto Istat 2018 restituisce un quadro informativo dettagliato sulla struttura, la performance e la dinamica del settore produttivo italiano, con una suddivisione in quattro parti. La prima è dedicata all’analisi macroeconomica delle determinanti della ripresa in Italia; la seconda si concentra sulla congiuntura dei settori produttivi; la terza analizza i profili tecnologici e innovativi delle imprese; la quarta parte fa una prima valutazione sull’utilizzo degli incentivi provenienti dal Piano Nazionale Impresa 4.0 da parte delle imprese.