Per la seconda economia manifatturiera d’Europa, il dato della produttività del lavoro è strategico. Perché smaschera, incrociato con altri numeri, l’andamento dell’economia reale e il tasso di ripresa rispetto all’occupazione. E le conclusioni a cui giunge la Fondazione Ergo nel suo nuovo bollettino statistico, incrociando i rapporti di Istat, Eurostat e Ocse, evidenziano che nel complesso in Italia la produttività non ha fatto grandi passi in avanti. È passato da un indice di 100,3 nel 2004 a 100,4 nel 2016. Una variazione, di fatto, impercettibile.
E le previsioni per il prossimo futuro non sono più rosee. Secondo l’Ocse l’Italia dovrebbe chiudere il 2017 con uno scostamento negativo dello 0,1%, mentre l’Europa cresce dello 0,4% e i Paesi dell’Ocse dello 0,8%. Solo la Grecia fa peggio. Nel 2018, invece, l’Italia dovrebbe ingranare la marcia, avanzando dello 0,3%, sebbene all’interno di un contesto mondiale che per i soli Paesi Ocse contempla una media dell’1,1%.
Di fatto, questi dati sulla produttività si specchiano in quelli sull’occupazione degli ultimi bollettini Istat. La ripresa delle attività ha aumentato il numero di contratti, specie nei segmenti part time e tempo determinati, ma non ha aumentato l’indice di produttività, che resta basso.
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La conferma del nord
Nonostante la stagnazione complessiva del Paese, ci sono regioni in cui la produttività è cresciuta. Fatto 100 il valore del 2010, la Valle d’Aosta ha raggiunto un risultato di 127,8, la Lombardia di 122,3, la provincia autonoma di Bolzano di 121, il Lazio di 117,8. Sono comunque risultati lontani dai campioni europei della produttività, il cui primato spetta a Oslo, con un indice di 220,2. Deboli i risultati del sud Italia, al di sotto della media europea. Campania e Calabria hanno un indice di 86.
Manifattura a macchia di leopardo
Nel complesso tra il 2015 e il 2016 l’economia italiana ha perso una percentuale di produttività dell’1,1%. L’industria tuttavia ha saputo incassare il colpo meglio degli altri settori, come i servizi, che hanno perso l’1,7% o l’agricoltura, con un -2,3%. Dal 2004 al 2014 la manifattura ha recuperato 15 punti percentuali di produttività, attestandosi a un valore di 106,9.
Anche all’interno dello specifico segmento, Fondazione Ergo ha riconosciuto settori più vivaci di altri. In un decennio il farmaceutico ha recuperato 40 punti di produttività, il tessile e il legno più di una ventina. Sono cresciute anche la metallurgia (18 punti), la produzione di macchinari (16 punti), gomma e plastica (15,9 punti). Sono andate bene anche l’industria dei trasporti e quella dei prodotti elettrici. Invece alimentare, bevande, tabacco e chimica hanno incrementato più lentamente la produttività. Mentre mobile e computer in dieci anni hanno perso terreno.
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