Si avvicina – si parla di fine febbraio – la data in cui l’Unione Europea lancerà la call per la costituzione della rete degli European Digital Innovation Hub, o Poli per l’innovazione digitale.
A questo appuntamento l’Italia rischia di presentarsi impreparata e frammentata. Per questa ragione stamattina il Governo – presenti i ministri Stefano Patuanelli (Sviluppo Economico), Paola Pisano (Innovazione) e Gaetano Manfredi (Università e Ricerca), ha incontrato i rappresentanti delle 45 proposte progettuali che, a metà dicembre, erano state dichiarate idonee a presentare la propria candidatura al bando europeo.
Nel corso dell’incontro il Governo ha caldamente invitato questi soggetti a fare un ulteriore sforzo di sinergia e aggregazione e a rafforzare le proprie proposte progettuali.
Quello della costituzione degli Edih è “un passaggio fondamentale nel processo di digitalizzazione del Paese, in particolar modo per le piccole e medie imprese e gli enti locali, per favorire la creazione di punti di contatto e supporto specializzati nelle nuove tecnologie necessarie per una trasformazione dei processi produttivi e dei servizi al cittadino”, sottolinea in una nota il Ministero dello Sviluppo Economico.
Il nodo delle candidature
Il numero dei Poli che saranno finanziati dalla UE è compreso tra 12 e 23 aggregazioni. L’idea dell’UE è di avere a disposizione un mix di proposte con una prevalenza di quelle con caratterizzazione regionale. E già qui spicca il fatto che, delle 45 proposte selezionate dal Ministero dello Sviluppo Economico, una ventina hanno valenza nazionale e solo il 60% un focus regionale.
A fronte delle proposte ben strutturate provenienti dagli altri Paesi Europei (qui per esempio la scelta della Francia, che il 3 dicembre ha individuato le sue 17 proposte definitive), il Governo sta quindi provando a convincere i rappresentanti di questi futuri candidati a “portare proposte forti in Europa”, rispettando quella forte focalizzazione sui territori (ricordiamo infatti che le aggregazioni potevano essere di caratura nazionale o regionale), oltre che sui tre temi su cui dovrà focalizzarsi l’attività di questi Poli: Cyber Security, Intelligenza Artificiale e High Performance Computing. Anche perché le candidature che non dovessero risultare sufficientemente strutturate saranno bocciate. I Ministri hanno infatti “sottolineato e auspicato che i 45 poli di trasferimento tecnologico che hanno superato la preselezione nazionale avviino un processo finalizzato a favorire l’integrazione tra progetti affini, con l’obiettivo di rafforzare la presenza italiana nella rete degli European Digital Innovation Hubs”.
Non è ancora del tutto chiaro a quanto ammontino le risorse in gioco. Secondo un calcolo fatto al momento del decreto di agosto, quando si stimava che le risorse complessive per questa missione fossero 900 milioni, ai poli italiani sarebbero spettati complessivamente poco più di 90 milioni di euro in 7 anni, cifra che lo Stato avrebbe poi dovuto raddoppiare. La cifra da dividere tra le aggregazioni vincitrici sarebbe quindi pari a circa 180-190 milioni di euro. Una bozza più recente parla di 80,5 milioni, sempre da raddoppiare per un totale di 161 milioni, che sono 7 milioni per 23 centri (un milione l’anno).
Difficile sapere se il suggerimento del Governo sia arrivato a destinazione e se sarà effettivamente seguito. Di sicuro sono molti i futuri Poli che hanno preparato proposte ben strutturate e che non ritengono percorribili ulteriori aggregazioni. Per loro la squadra è fatta e la partita si giocherà così.