“Completare la riforma del sistema camerale è necessario, oggi più di prima, per dare una risposta veloce, efficace ed efficiente alle imprese italiane: per questo motivo, già nei prossimi giorni procederò ai primi commissariamenti”. Lo ha dichiarato oggi il Ministro per lo sviluppo economico Stefano Patuanelli, intervenuto all’Assemblea di Unioncamere. Una riforma sostenuta anche dal presidente di Unioncamere Carlo Sangalli, che ha chiesto al ministro di adoperarsi per la revisione dei contributi camerali, che la riforma ha dimezzato.
Il decreto legislativo 219 del 2016, che all’articolo 3 prevede la “riduzione del numero delle camere di commercio mediante accorpamento, razionalizzazioni delle sedi e del personale”, ha rideterminato le circoscrizioni territoriali al fine di ricondurre il numero complessivo delle camere di commercio entro il limite di 60 (erano 105), nel rispetto di due vincoli: almeno una Camera di commercio per Regione e accorpamento delle Camere di commercio con meno di 75.000 imprese iscritte.
Sulla riforma, duramente contrastata da alcuni enti, e che alla fine ha superato una verifica costituzionale e tutti i necessari passaggi istituzionali (parlamento, governo, conferenza stato regioni e recentemente, appunto, corte costituzionale), è intervenuto alla fine il cosiddetto Decreto Agosto, convertito con legge 126/2020, che ha fissato al 14 ottobre il termine per chiudere i processi di riduzione. Vista l’inerzia di molti enti il Ministro dello sviluppo economico, sostenuto dal presidente di Unioncamere, ha deciso ora d’intervenire d’imperio, commissariando le Camere che non hanno proceduto ad accorpamenti.
Il Ministro ha comunque sottolineato che “Il sistema camerale è necessario affinché le misure che mettiamo in campo arrivino alle imprese che ne sono destinatarie”. E sul Recovery Plan ha aggiunto: “Avrà pochi interventi. Fondamentale sarà incidere sulle fragilità dei nostri sistemi produttivi riducendo in profondità queste fratture e per questo investiremo su innovazione e digitale, sui giovani e sulle competenze con formazione e reskilling dei nostri imprenditori”.
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Le imprese promuovono la riforma
“Fondere due o più Camere di commercio per renderle più robuste è un’azione utile alle imprese” ha detto nel corso dell’assemblea il presidente Sangalli, presentando un un sondaggio effettuato tra il 7 e l’11 settembre da Ipsos su oltre 400 imprese delle 40 province interessate dagli accorpamenti.
Tre imprese su quattro promuovono la riforma; il 92% degli imprenditori a conoscenza dell’accorpamento della propria Camera ritiene che la qualità dei servizi resi sia migliorata o sia rimasta invariata dopo l’accorpamento ed il 28% che la gamma dei servizi sia stata ampliata. Oltre la metà delle imprese riconosce nelle Camere di commercio il soggetto che mette a disposizione delle aziende il maggior numero di servizi: il 54% delle imprese del campione si è rivolto alla propria Camera almeno una volta negli ultimi 12 mesi e il 20% ha utilizzato i servizi offerti anche nel periodo del lockdown.
Sangalli ha anche sottolineato come le camere di commercio con i PID “hanno accompagnato 230.000 imprese nei percorsi di digitalizzazione, che rappresenta una grande opportunità: viene stimato che possa valere da 3 a 7 punti di PIL”.
In calo le imprese di giovani
Il presidente Sangalli ha poi chiesto un “grande progetto-paese” che si sviluppi lungo quattro linee: Europa, giovani, sostenibilità e digitale. Particolarmente accorato l’appello a spendere bene i fondi del “Next Generation EU”, per assicurare l’avvenire delle prossime generazioni e delle imprese. Sono più di mezzo milione le imprese di giovani con meno di 35 anni oggi presenti in Italia. Un numero importante, pari all’8,7% di tutto il sistema produttivo nazionale anche se in calo di 80.000 unità rispetto a 5 anni fa.
“Negli ultimi 10 anni”, ha detto il presidente di Unioncamere “circa 250.000 giovani tra i 15 e i 34 anni hanno deciso di lasciare l’Italia. Una ferita non solo demografica e sociale, ma anche economica. In dieci anni, disoccupazione e calo delle nascite hanno ridotto di due punti percentuali il contributo dei giovani al Pil italiano. Una tendenza che dobbiamo arrestare, puntando su natalità, formazione e possibilità lavorative dei giovani”.
La fotografia scattata da Unioncamere a fine settembre mostra che, nel mettersi in proprio, 6 giovani su 10 hanno puntato su settori tradizionali, come il Commercio, dove si contano 140.000 imprese di under 35 (26,5% del totale), le Costruzioni (63.000, pari al 12%), il Turismo (quasi 58.000, circa l’11%) e l’Agricoltura (55.000, 10,4%). Nella Manifattura operano 29.000 imprese giovanili (il 5,5% del totale), mentre negli Altri Servizi si contano oltre 33.000 imprese (6,3%).
Alla perdita di 80.000 imprese giovanili hanno contribuito soprattutto alcuni dei settori più tradizionali, a partire dal Commercio, che conta 35.000 imprese di under 35 in meno, e dalle Costruzioni (-29.000). Il settore della ristorazione perde quasi 5.000 imprese di under 35, la Manifattura invece 7.000.