“Sebbene contenga alcuni interventi positivi, commentiamo una manovra che è nel complesso insufficiente rispetto alle esigenze del Paese e rischia di non incidere in modo efficace sulla situazione di sostanziale stagnazione dell’economia”. È fortemente negativo il parere che Marcella Panucci, Direttore generale di Confindustria, ha espresso davanti alle alle commissioni Bilancio di Camera e Senato in occasione della sua audizione sulla Legge di Bilancio. “La Manovra – ha detto – non traccia un disegno di politica economica capace di invertire la tendenza negativa delle aspettative degli imprenditori e dei potenziali investitori, nazionali ed esteri. Anzi, in alcuni casi, produce un effetto opposto”.
Un problema di aspettative e fiducia che riguarda anche i consumatori. “La domanda interna è l’anello debole dell’economia italiana. In particolare, i consumi delle famiglie sono fiacchi da oltre un anno. Su di essi pesa l’aumento della propensione al risparmio, fenomeno sottolineato da tempo e attribuibile alla scarsa fiducia sulle prospettive future”.
Indice degli argomenti
Approccio che scoraggia gli investimenti
L’impostazione della manovra – spiega Panucci – “conferma la tendenza ad alimentare un sistema d’imposizione che scoraggia gli investimenti perché accresce i costi delle imprese, riducendone i margini, e rischia di frenare i consumi, perché si trasferiranno sul prezzo dei beni, agendo in modo analogo a un aumento dell’IVA, che è ciò che si intendeva evitare”.
Sebbene ci siano alcune importanti misure di sostegno alle imprese – Industria 4.0, incentivi ristrutturazioni ed efficienza energetica, credito d’imposta Sud – e la disattivazione delle clausole di salvaguardia, “manca una visione di politica economica coerente con gli obiettivi auspicati dal mondo produttivo”.
Plastic tax “inutile e dannosa”
La plastic tax, dice Panucci, “non comporta benefici ambientali, penalizza i prodotti e non i comportamenti e rappresenta unicamente una leva per rastrellare risorse. Danneggia pesantemente un intero settore produttivo, che è il secondo in Europa, con effetti negativi anche per chimica e comparti utilizzatori di imballaggi”.
Il danno è duplice, sottolinea il direttore di Confidustria: per le imprese, che già oggi pagano il contributo ambientale Conai per raccolta e riciclo di imballaggi in plastica, e per i consumatori, sui quali andrebbe a gravare un aumento medio del 10% del prezzo di prodotti di larghissimo consumo, contribuendo a indebolire la domanda interna con un impatto sulla spesa delle famiglie stimabile in 109 euro annui.
Valutazione simile per la sugar tax, che potrebbe produrre una riduzione del 10-15% dei fatturati delle imprese del settore, in assenza di evidenze circa i benefici per la salute.
Anche la tassa sulle auto aziendali è fortemente criticata: “è una contraddizione prevedere l’avvio di un percorso di riduzione del cuneo fiscale a vantaggio dei lavoratori e il contestuale innalzamento della tassazione sulle auto aziendali, che rappresenta una vera e propria stangata per circa 2 milioni di lavoratori, oltre a incidere su un settore economico, quello dell’automotive, già penalizzato su altri fronti”.
Il piano Industria 4.0
Positivo il rifinanziamento della Nuova Sabatini, ma “è essenziale il rafforzamento della struttura operativa del MiSe che gestisce la Nuova Sabatini, al fine di assicurare tempi ragionevoli nella gestione delle pratiche, che negli ultimi due anni si sono ampliati notevolmente”.
In merito all’intenzione del Governo di procedere a una revisione del Piano Industria 4.0, “ribadiamo la necessità di garantire alle imprese un orizzonte temporale pluriennale per la programmazione degli investimenti e un rafforzamento sui temi della sostenibilità, mantenendo lo stesso livello di risorse finanziarie e di incisività in termini di modernizzazione del sistema produttivo, anche sul versante occupazionale”.
Come intervenire
Confindustria propone quindi di modificare sostanzialmente la Legge di Bilancio seguendo un nuovo approccio “che riduca i divari tra persone, territori e imprese, incrementando le occasioni di occupazione qualificata e favorendo gli investimenti in infrastrutture e innovazione, e che riattivi l’ascensore sociale, puntando sulla formazione, sull’innovazione e sulla nostra creatività, intesa come intelligenza e capacità di reazione”.
Il piano si fonda su tre pilastri: infrastrutture, giovani e innovazione.
“Le infrastrutture, oltre a essere un potente fattore di coesione sociale, attivano posti di lavoro, incidono sulla qualità della nostra vita e sono la precondizione per una vera azione di rilancio dell’economia”, spiega Panucci. Un’efficace politica infrastrutturale, oltre ad affrontare l’annoso problema delle risorse, deve garantire adeguata selezione degli interventi ed efficienza dei tempi con cui viene messa in atto.
Per l’inclusione dei giovani nel mondo del lavoro bisognerebbe “azionare leve su più fronti, nel pubblico come nel privato. In quest’ultimo contesto, andrebbero ampliati gli attuali incentivi all’inserimento lavorativo dei giovani, in termini di sgravi contributivi sia sulle assunzioni a tempo indeterminato che sull’apprendistato”. E poi c’è il tema della formazione, con la necessità di superare il mismatch tra domanda e offerta di lavoro e che passa per “il rafforzamento degli ITS, che avrebbero bisogno di un finanziamento adeguato su base pluriennale, e per il rilancio dei percorsi di alternanza scuola-lavoro, penalizzati invece negli ultimi anni”.
Non ultima l’innovazione. Confindustria chiede “il rafforzamento del Piano 4.0 e il suo ampliamento alla sostenibilità, per supportare anche gli investimenti sull’economia circolare e sull’efficienza energetica, mobilitando risorse pubbliche e private e puntando su una tassazione premiale e una finanza a sostegno della crescita e dell’export delle imprese”.
Inoltre, considerata la composizione del nostro tessuto produttivo, “andrebbero immaginate forme di premialità per le imprese che avviano progetti di trasformazione tecnologica insieme ad altri soggetti industriali o enti di ricerca. Ciò per favorire le sinergie tecnico-produttive lungo le catene di fornitura e contribuire all’innalzamento della competitività dell’industria italiana e della sua sostenibilità ambientale. In sintesi, occorre puntare sulla complementarietà virtuosa tra gli investimenti materiali e immateriali per l’innovazione, l’internazionalizzazione e il rafforzamento delle filiere produttive”.